Figli “fannulloni” a nostra immagine e somiglianza: un vizio tutto italiano

L'ennesimo post su Facebook per criticare i giovani fannulloni: ma lo capite che, se sono così, è soprattutto colpa vostra?

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Quanto segue non è una dissertazione sui temi caldi del momento, quali dossieraggio, legge 194, guerre che distruggono il mondo e cancellano popolazioni. Non si parlerà, nemmeno, della crisi climatica, della veggente di Trevignano o del PNRR. Quanto segue è, più che altro, un appello, un grido d’aiuto, una preghiera che vi faccio in ginocchio e a mani giunte: basta prendervela con i nostri giovani.

Una cavolata, direte voi, ma dietro questa semplice rimostranza si nasconde molto di più, una certezza intrinseca e profonda, che richiede di scavare nell’Io interiore per arrivare alla radice del problema: il quale, più o meno sii potrebbe riassumere con un freudiano “ci avete rotto, non ne possiamo più”.

Non che io sia giovane, anzi: mostro tutti i miei 32 anni nella postura da Gollum, nella cervicale dolorante e nei capelli bianchi (pochi, per fortuna) che cerco di nascondere con una tinta “dai riflessi naturali” che mi costa quanto un rene. Piccolezze comunque, se messe a confronto con il fardello che devono portarsi sulle spalle i nuovi adolescenti.

La Gen Z è nata stanca

Hanno tutti la sigaretta elettronica, e va bene. Sono firmati da capo a piedi, e va bene pure questo. I ragazzi portano tagli omologati e di dubbio gusto, mentre le ragazze si agghindano di simpatici artigli della lunghezza di 5cm o più con colori poco visibili come il blu elettrico o il verde zampirone. Ma neanche questo importa.

Dietro gli sguardi da duri –  e incigliati, per le signorine della Gen Z – si nasconde il peso del “sembrare strafottenti per sopravvivere alle ingiurie del mondo”. Eh sì, è vero che hanno l’iPhone nuovi ogni 6 mesi (a proposito, a che simbolo alfa-numerico siamo arrivati?) ma non possiamo mica prendercela con loro se sono “nati stanchi”.

La famiglia disfunzionale

Parliamo di frotte di ragazzini che sono cresciuti in famiglie più o meno disfunzionali, i cui genitori sono affetti dalle più disparate forme ansiogene-depressive, che hanno dovuto affacciarsi – per forza – al mondo dello smart working, della donna “che non deve chiedere mai” e dell’uomo “che deve chiedere in ginocchio e pure per piacere”, che si districano tra una pandemia e una guerra, con lo Xanax sul comodino, l’Internazionale per fare i fighi e il cellullare in carica a scrollare su Facebook.

Perché, diciamolo chiaramente, i più grandi non usano altro social che non sia “faccialibro”. E sono gli stessi leoni da tastiera che, tra “un condividi se Gesù é con te” ed una frase passivo-aggressiva rivolta alla cugina che gli ha fatto lo sgarro perché si è presa il corredo della nonna morta che non le spettava, sono lì che scrivono in un italiano a piacere quanto “i ragazzi di oggi siano fannulloni, vagabondi, nullafacenti” e così, via dicendo.

Gen Z, il copia e incolla dei vizi dei genitori

E allora la ramanzina, come la intendo io, diventa imprescindibile: caro tizio che passi la sera giocando in segreto su Candy Crush, ma quando to lo fai un sacchetto di fatti tuoi? Perché, se la tizia che esce la sera con le amiche ti crea un disagio così grande da pubblicarlo, allora vuol dire che il dosaggio dello Xanax lo devi aumentare.

Se i nuovi adolescenti sono “indifferenti alla vita” è anche colpa tua: di come li hai educati, di come li hai viziati e di come, quando hanno un po’ più di libertà, li critichi. Coloro che stai biasimando sono un tuo prodotto: ricevono carezze dalle mani dell’amore “comprato”,  vivono di tutto e subito, campano a ritmo di viva la libertà d’espressione e del “non ti preoccupare a mamma, che la Smart te la compro io”.

Siete gli stessi che, ormai, gli avete inculcato l’idea di “pane e università”, costringendo anche chi ha aspirazioni diverse a laurearsi in qualche facoltà dal nome complicato. E poi, mentre saltano da una sessione all’altra e si divertono come abbiamo fatto tutti, vi ritrovate a scrivere “ma la voglia di lavorare di questi piccoli Buddha che stiamo crescendo, chi gliela deve far venire?”. Ah, beata incoerenza!

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