Mozione a Salvini respinta: “figuraccia”. Opposizioni sul piede di guerra

La Camera respinge la mozione a Salvini, le Opposizioni si arrabbiano ed è tutti contro tutti: le ultime

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E’ stata respinta la mozione di sfiducia nei confronti del vicepremier e ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, finito nel mirino delle opposizioni per i rapporti di collaborazione con Russia. La Camera ha deciso, con 211 no, 129 sì e 3 astenuti. E oggi si decide invece sul Ministro Santanché. Al termine delle dichiarazioni di voto, è cominciata nell’Aula della Camera la chiama dei deputati per votare la mozione di sfiducia presentata dal M5S e firmata da tutte le opposizioni (ad eccezione di Italia Viva), contro la Santanché, non presente in Aula.

Tornando a Salvini, quest’ultimo ha commentato la respinta della mozione di sfiducia. “Grazie. Ennesima figuraccia della sinistra, andiamo avanti col nostro lavoro”, ha scritto Salvini sui social.  Commenti non solo da lui, ma anche da altri personaggi dell’area del centrodestra. “Ringraziamo l’opposizione per aver rafforzato con questo voto il Governo e la maggioranza che lo sostiene. In molti in Italia avevano il dubbio che non fossero attrezzati per uno scontro con il centrodestra, per togliere ogni dubbio ci hanno fatto il primo assist e domani arriverà il resto”, sono state le parole del vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia, a proposito della bocciatura della mozione di sfiducia.

Blindare i due ministri senza dare altro spazio alle “tesi abbastanza infondate” delle opposizioni. Le parole del capogruppo di FdI Tommaso Foti spiegano la mossa con cui la maggioranza ha deciso di invertire l’ordine dei lavori della Camera per arrivare subito nella serata di ieri alla votazione sulla mozione di sfiducia a Matteo Salvini e poi, in mattinata, a quella su Daniela Santanchè. La situazione più spinosa, anche per Giorgia Meloni, riguarda il Ministro del Turismo. Fra i deputati della maggioranza, nessuno ha dubbi che per la seconda volta verrà respinta la sfiducia, come il 26 luglio al Senato, quando votarono a favore solo M5s, Pd e Avs. Questa volta anche Azione ne chiede le dimissioni, alla luce di quanto emerso sulle società Visibilia, Bioera e Ki Group. Non Italia Viva.

L’atmosfera di gelo intorno alla ministra di FdI è resa dalla discussione generale sulla mozione: Aula semideserta, ai banchi del governo a tratti solo la ministra dell’Università Anna Maria Bernini. La sottosegretaria per i Rapporti con il Parlamento, Matilde Siracusano, esorta a non “usare a intermittenza” la separazione dei poteri, perché si “rischia di attribuire alla magistratura la funzione di comporre e scomporre i governi”. Per giorni il centrodestra ha valutato l’ipotesi di far slittare il voto, sfruttando la congestione di provvedimenti alla Camera. A metà giornata si decide l’accelerazione. “Siamo in attesa di sviluppi”, si lascia sfuggire un esponente di peso di FdI. Filtra timore per le notizie che potrebbero arrivare dal Palazzo di giustizia di Milano. Nei prossimi giorni è attesa la chiusura dell’inchiesta su Visibilia per false comunicazioni sociali, e poi la Procura – a meno che Santanchè non chieda di farsi interrogare e dimostri il contrario – scaduti i venti giorni canonici, si avvia alla richiesta di rinvio a giudizio. Se dovrà affrontare un processo, “la ministra farà le sue riflessioni”, il refrain nel centrodestra.

“Siamo garantisti, dopodiché – chiarisce il vicesegretario leghista Andrea Crippa – Meloni, che è premier e leader di FdI deciderà di fronte a un rinvio a giudizio”. Diverso è il caso di Salvini, sotto accusa da parte delle opposizioni per l’accordo fra Lega e Russia Unita. In vista della votazione conclusa in serata, la maggioranza ha precettato i deputati: nessuna assenza consentita per missione, qualche banco comunque resta vuoto, in Aula si rivedono l’azzurra Marta Fascina e Antonio Angelucci della Lega. Diversi ministri (Roberto Calderoli, Giancarlo Giorgetti, Luca Ciriani, Gilberto Pichetto e Eugenia Roccella), seguono le dichiarazioni di voto. Non il diretto interessato, che dopo aver risposto al question time nel pomeriggio lascia Montecitorio per “una riunione sulle concessioni autostradali”.

Le Opposizioni si arrabbiano: tutti contro tutti

Non poteva mancare l’ira delle Opposizioni, sul piede di guerra. “Non so valutare”, ha detto Giuseppe Conte, se le mozioni di sfiducia nei confronti dei ministri Santanchè e Salvini “abbiano come effetto quello di compattare il governo, certo sarebbe un compattamento in ‘peius’, su una base di lesione della dignità delle istituzioni e dell’onore e del rispetto che si deve alle istituzioni. Se il compattamento avviene per una solidarietà di partito o di coalizione, per mascherare comportamenti che, al di là delle responsabilità penali, sono assolutamente gravi sul piano della responsabilità politica ed etica, io dico che il governo non sta facendo un buon servizio all’Italia anche in un contesto internazionale”, ha rimarcato l’ex presidente del Consiglio. “Se il compattamento arriva su questo terreno – ha proseguito – noi non possiamo che deprecare e stigmatizzare fortemente l’operato del governo”.

Il tutto contro tutti si percepisce dalle parole di Renzi, che nel votare la sfiducia a a Salvini attacca il M5S: “votiamo sì alla sfiducia a Salvini perché contesta il posizionamento politico di Salvini sulla Russia”, scriveva Matteo Renzi, leader di Italia Viva, sui social. “Ci scappa da ridere a pensare che questa mozione sia firmata anche dal Movimento Cinque Stelle – che era ospite dei congressi del partito di Putin esattamente come la Lega – e da Giuseppe Conte, che ha fatto entrare i soldati russi in Italia senza alcuna logica. Ma noi facciamo politica e dunque l’ipocrisia grillina non ci interessa. Votiamo sì alla sfiducia basata sulla politica”.

“Votiamo no alla sfiducia a Santanché perché basata sulle indagini giudiziarie che la riguardano. E noi non chiediamo le dimissioni per un avviso di garanzia o per un rinvio a giudizio. Il garantismo è tale se si applica a tutti, soprattutto agli avversari. Facile fare i garantisti con gli amici: la vera sfida è essere garantisti con gli avversari”, ha proseguito Renzi.

“Daniela Santanché ministra ha fallito e noi la contestiamo sul piano politico. Ma noi non usiamo le indagini per attaccarla. A differenza di quello che ha sempre fatto la stessa Santanché che ha chiesto in carriera le dimissioni di 18 ministri, tra cui tutti i nostri amici. Noi siamo profondamente diversi dalla Santanchè e da chi vive con la doppia morale. O da chi si professa custode autonominato di uno stato etico. Votiamo no alla sfiducia basata sul giustizialismo”, ha concluso.

“Su Salvini e Santanché non si tratta di garantismo, ma di argomenti politici. Non possiamo avere un viceministro che ha un accordo in essere con Putin e una Ministra del Turismo che imbarazza il Paese. E su questo bisogna essere chiari”, ha scritto sui social Carlo Calenda, leader di Azione. “Sono tre giorni che vediamo Salvini arrampicarsi sugli specchi cercando di spiegare che l’accordo con Putin non è attuale ma contemporaneamente non riuscendo ad esibire una conferma della disdetta. A cosa serve la mozione di sfiducia? A questo, e a dimostrare che l’Italia non passa sotto silenzio lo sconcio di un Vice Presidente del Consiglio formalmente alleato con un dittatore sanguinario”, ha affermato ancora.

“È molto grave”, per Angelo Bonelli (Avs). “Se l’è data a gambe?”, la battuta di Davide Faraone (Iv). Il leader leghista, secondo Giuseppe Conte, ha la “grande responsabilità politica di aver sottoscritto un accordo con il partito principale russo, di aver lasciato che si rinnovasse nonostante l’aggressione russa, e di non averlo mai ripudiato”. La Lega rivendica le parole con cui, alla vigilia di questo voto, Salvini ha “fatto chiarezza”. Riccardo Molinari rimarca due aspetti del patto stretto nel 2017 con il partito di Vladimir Putin: “Si svolgeva nel partenariato fra Stati e non era legalmente vincolante: se non c’è più cooperazione e interazione fra i Paesi, viene meno anche l’accordo”. Per gli alleati va bene così: FdI, Lega e Nm puntano invece sul “disallineamento” nel centrosinistra. Il Pd prende atto che alla vigilia “la Lega ha sconfessato l’accordo, ma manca un atto formale e senza quello il rapporto non ha avuto fine”, sottolinea Lia Quartapelle, sostenendo che “Meloni è stata la prima a sollevare problemi sui rapporti fra Russia e Lega, tanto che non ci sono leghisti nei ministeri di Esteri, Difesa e Affari europei”.

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