Lo ha definito un grande rimpianto. Ed effettivamente lo è. Il Sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, negli ultimi giorni ha tirato nuovamente fuori la storia dell’interesse della famiglia Moratti nei confronti della Reggina. Un interesse che c’era. Che era reale e concreto. Ma che, forse, è arrivato nel momento sbagliato. Con una squadra arrabbiata e pronta a non scendere in campo, con la messa in mora. I tempi erano ristrettissimi, ma poi arrivò Gallo, che bruciò tutti sul tempo. E tanti saluti a Moratti. La storia da lì cambio. Purtroppo, vedendo come è finita, in peggio. E oggi, pensando ad allora, non può che essere un rimpianto. Al di là delle capacità economiche della famiglia, anche per la credibilità di un nome, anzi di un cognome, che nel calcio è storia. E probabilmente, oggi, non vivremmo una piazza divisa e incazzata. Ma tant’è.
Sicuramente, le dichiarazioni del Sindaco hanno riacceso il dibattito, anche alla luce della situazione attuale, con l’interesse smascherato dal Sindaco di eventuali nuovi imprenditori e la “resistenza” di Ballarino. E così ne abbiamo approfittato per tornare ad approfondire la questione. Come è andata nel dettaglio tutta la vicenda Moratti? E’ stata raccontata pubblicamente negli anni, ma la redazione di StrettoWeb ha provato ad andare ancora più a fondo – con fonti direttamente coinvolte – scoprendo nuovi retroscena mai raccontati. Che sveliamo qui di seguito.
La premessa e i primi incontri
Innanzitutto, prima di partire con il racconto, va fatta una premessa. Enorme, ma importante e doverosa. In tutta la storia, Moratti padre – Massimo, ex Presidente dell’Inter – non entra mai. Lo scoprirà dopo. Ad occuparsi di tutto in prima persona è solo ed esclusivamente il figlio, Angelomario, che solo in un secondo momento avrebbe confidato tutto al padre, così da “accelerare” eventualmente nel gennaio successivo, 2019. Siamo, lo avrete capito, a novembre 2018. La situazione societaria della Reggina è delicata. La famiglia Praticò si rende conto che è meglio fare un passo indietro e si mette alla ricerca di investitori a cui cedere, con una manifestazione d’interesse. Risponde Moratti figlio, che però non si palesa subito. Tramite contatti in comune con esponenti del club, chiede di parlarne in via perlustrativa. E così avvengono i primi incontri a Milano. Fino a quel momento, i vertici della società non sanno nulla. Si vuole capire prima che tipo di interesse c’è, se è solo un sondaggio oppure si vuole affondare il colpo. A conoscenza viene messo però il Sindaco Falcomatà, che dal canto suo prova a recitare la sua parte, cercando di spendersi bene e preparandosi a un’eventuale visita in città di Moratti.
A Reggio Calabria la situazione è delicata
La “spedizione” milanese si conclude bene. I primi incontri sembrano positivi e c’è pure fiducia. A Reggio Calabria, però, la situazione resta delicata, anche se non tutti lo percepiscono. In capo alla società forse sottovalutano la “protesta” dei calciatori, che da silenziosa diventa rumorosa e concreta. Con le prime minacce, quelle di non scendere in campo contro la Vibonese. Servono i soldi per pagare gli stipendi, c’è la pressione dell’AIC e lo spettro della messa in mora. In tutto questo caos, Angelomario Moratti decidere di scendere in Calabria, direttamente a Reggio, per palesarsi di fronte ai Praticò. Arriva, insieme a persone a lui vicine, per parlare “concretamente” per la prima volta. L’incontro avviene a Palazzo San Giorgio: ci sono Praticò padre e figlio, il Sindaco Falcomatà, Moratti figlio e le sue persone di fiducia.
La visita in città e alle strutture
La fiducia cresce, su questo fronte. Ma a qualche chilometro, allo stadio, la protesta della squadra – che si allena con il morale a terra – non si placa. Moratti però fa una richiesta: vuole visitare il Granillo, dove però c’è la squadra arrabbiata. La visita si fa lo stesso, nessuno se ne accorge, tutto fila liscio e la fiducia aumenta. Ma sempre e solo su quel fronte. Moratti non dice no, ma vuole giustamente prendere tempo per fare le cose per bene. Deve ancora dirlo al padre. Vorrebbe accelerare, come detto su, magari con l’anno nuovo. C’è però il solito problema: la squadra non vuole scendere in campo e se non scende in campo sono guai. A gennaio, in pratica, non si arriva.
Le persone della dirigenza vicine alla squadra, le uniche che percepiscono il polso arrabbiato del gruppo, lo fanno capire alla proprietà, che però sottovaluta. O, perlomeno, pensa di poter risolvere la situazione. Serve qualche centinaio di migliaia di euro, che il club aveva maturato grazie ai contributi della Lega per l’utilizzo dei giovani. Ma la Lega non li eroga “a piacimento”. Lo fa a fine stagione. La liquidità serve subito, per far pagare gli stipendi e far scendere in campo la squadra, “allungando” la trattativa fino a gennaio.
Arriva la messa in mora, ma Moratti non sa nulla della situazione delicata
In tutto ciò, Moratti non sa di questa situazione. A lui viene raccontato solo il lato “bello” della vicenda: la città, due strutture importanti, la piazza, la tifoseria calda, i progetti possibili. Se ne ritorna a Milano consapevole di quanto ha ascoltato e percepito, con l’obiettivo di riaggiornarsi. Nel frattempo però la partita con la Vibonese si avvicina, la situazione non cambia, la tensione aumenta e non si riesce a venirne a capo. Il fronte societario pensa di poter dialogare con la Lega per trovare una soluzione, l’area tecnica prova a “temporeggiare” con la squadra. L’occasione è ghiotta, quasi ci si sfrega le mani: la società e la dirigenza sanno dell’interesse, che è più di un sondaggio, ma non può dirlo ai calciatori, in quel momento però imbufaliti e per nulla intenzionati a fare un passo indietro, giustamente. In quel caso, magari, sarebbe stato utile l’intervento di qualche persona credibile, al di fuori dalla società – anche il Sindaco, ad esempio – per “mediare” con la squadra, convincendola a un ultimo sforzo prima di una possibile svolta. Insomma, chi di dovere le prova tutte, ma invano.
Così arriva la mazzata. Quella che praticamente, per tutti, è la pietra tombale sulla fine della Reggina: il comunicato dell’AIC (Associazione Italiana Calciatori) che annuncia la messa in mora della squadra nei confronti della società. Manca qualche giorno al match con la Vibonese e viene convocata la stampa: il gruppo squadra terrà una conferenza per ufficializzare alla città che non scenderà in campo contro la Vibonese. Il tutto mentre la proprietà è a Roma. Mimmo, il Presidente, è in Federazione; Giuseppe, il figlio, incontra invece un investitore che aveva manifestato interesse: Luca Gallo. Moratti è “congelato”, in stand by.
Gallo brucia tutti sul tempo
Quel pomeriggio accade l’impensabile. I calciatori, pronti a parlare, vengono letteralmente “bloccati”. Devono essere fatti temporeggiare, perché stavano arrivando i soldi. Luca Gallo, è storia nota, aveva assicurato il pagamento immediato delle spettanze arretrate, quelle che avrebbero permesso alla squadra di scendere in campo. Detto, fatto. Passa qualche ora. Bonifico effettuato. I calciatori quella conferenza non la faranno più. Gallo aveva pagato, con ripromessa di closing a gennaio. Situazione risolta, ma Moratti era stato beffato.
La smentita, con una precisazione
Tempo dopo la notizia viene fuori, raccontata in tv e poi confermata dal Sindaco stesso. Angelomario Moratti si affretta però a smentire, precisando un passaggio: “Riguardo alle voci che sono state riportate nel corso degli ultimi giorni relativamente ad un interesse da parte di mio padre, Massimo Moratti, di valutare l’acquisto della società Reggina 1914 occorre precisare che non si tratta di notizie vere. Massimo Moratti non ha mai valutato l’acquisto della Reggina, né ha mai incontrato il Sindaco di Reggio Calabria come neppure alcun dirigente della passata Società. Sono stati effettivamente svolti una serie di incontri esplorativi, per una forma di naturale cortesia da parte mia, successivamente ai quali si è valutato di non procedere con la formalizzazione di alcuna offerta per l’acquisto della Società come neppure ad un rilancio all’offerta avanzata dal Presidente Gallo”.
Angelomario specifica, fa il nome del padre Massimo. Da qui l’incipit di cui sopra. Il padre, effettivamente, non entra mai nella trattativa. Non lo sapeva. L’interesse era del figlio, che poi avrebbe messo al corrente Massimo, che da poco aveva lasciato l’Inter. Lo scatto di Gallò bruciò però tutto e tutti. Bruciò, probabilmente, anche il futuro della Reggina. E oggi Reggio Calabria si lecca le ferite di una possibile occasione mancata.