Mai pezzo fu più semplice quando le parole nascono da dentro e vogliono fuoriuscire come un fiume che ha rotto gli argini. E no, non sono parole che nascono dal cuore ma dalla schiena: un concetto strano, vero, ma non esiste altro punto da cui potrebbero uscire se ti ritrovi seduta per 9 ore di fila su un pullman che, dalla Calabria, mi sta portando a Siena. E, di sicuro, non sono parole di apprezzamento e gioia per la seduta con lo schienale reclinabile bloccato quando ti spari una notte immobile su un fazzoletto di spazio.
Ovviamente, come fortuna vuole, non sono l’unica a viaggiare: e, nel giro di qualche fermata in luoghi reconditi e sperduti della Basilicata, ti ritrovi un altro disgraziato come te di fianco. Ovviamente, come da prassi, lui si addormenterà in 0,30 secondi dopo aver tolto le scarpe, mentre tu sarai lì a patire la puzza di piedi e a ballare il “gioca jouer” sperando di trovare una posizione comoda.
E prendi un altro mezzo, direte voi. Ma i mezzi non passano. Ho avuto la sfortunata fortuna di nascere nell’Alto Jonio Cosentino e, per quanto bella sia la mia terra, io non ho un aeroporto vicino. Il treno più praticabile parte da Sibari ma costa un occhio della testa con annessi 3-4 cambi. Se volessi viaggiare con Italo dovrei andare fino a Paola per salirne su uno o a Frascineto che mi porterebbe prima a Paola con un autobus, per poi prendere il treno.
Siamo stanche, io e la mia schiena: e preghiamo per un diretto o, almeno, un’alternativa più comoda come tutti meriterebbero, nel 2024. È ora che l’ammodernamento delle infrastrutture sul versante ionico non resti solo un’idea astratta e sbandierata dai politici di turno, ma diventi realtà, e anche il più presto possibile. E ora, dopo questo fiume di lamentele, cercherò di riposarmi… ma prima una bella puntura altrimenti resto bloccata!