Una storia commovente, da brividi. Una di quelle che lasciano senza fiato. Una di quelle in cui l’amore per una squadra di calcio è così forte da riuscire a trasmettere tanto anche dopo. Sì, dopo. Dopo la morte. Perché purtroppo Marco Vercilli è andato via troppo presto, ma ora la sua presenza allo stadio “Ceravolo” di Catanzaro è più viva che mai, grazie a un drappo che sventola in ogni partita e che porta anche bene. La storia è stata scritta e pubblicata sul web da Fabio Vercilli e la riproponiamo integralmente.
“Chissà in quanti avranno notato la piccola effigie che sventola quest’anno al Ceravolo, durante le partite casalinghe dei giallorossi. Chi ci avrà fatto caso si sarà chiesto chi è la persona raffigurata. Questa è la storia di quel drappo bianco, giallo e rosso.
Viviamo lontani da Catanzaro ormai da 5 lustri. L’università, il lavoro… storia comune a tanti catanzaresi. Seguiamo la squadra a distanza: tanta Gazzetta dello Sport e qualche sito specializzato sulla serie C. Nel 2022 l’ennesima promozione sfumata. Un film già visto, che delusione. Non ci crediamo più. Di diverso avviso sono mister Vivarini e la squadra. Il campionato 2022/2023 parte bene per le Aquile, e giornata dopo giornata i risultati accrescono l’entusiasmo intorno ai giocatori. Marco segue le partite da casa, in tv. L’emozione è la stessa, il Ceravolo lo ricorda bene, è stampato nelle nostre teste fin da quando eravamo ragazzini.
Con le vittorie contro Crotone e Pescara, dirette rivali per la promozione automatica in serie B, anche i media nazionali si accorgono che a Catanzaro sta succedendo qualcosa. Il resto è storia. Saliamo in serie cadetta già d’inverno, a marzo. Record di punti, di vittorie, di gol fatti. Chiudiamo la galoppata trionfale vincendo anche la supercoppa di serie C.
Cavolo, siamo in serie B. Quanto avremmo voluto essere a Catanzaro a festeggiare… ma non potevamo. Be’, ci diciamo, ora potremo andare a seguire le trasferte della squadra al Nord, anche una al mese sarebbe bello. Rivedere qualche amico! Quando inizia il campionato? 19 agosto. E noi che facciamo? Giochiamo a Cremona. Perfetto! Dai che è vicino, si va sicuro. Milano è vicina a Cremona, ma ad agosto in Pianura Padana fa caldo. Nel 2023, ancora di più. Oltre all’invasione delle zanzare e all’umidità soffocante. Marco è stanco. Già non sta bene. Combatte da 5 anni, ma coltiviamo la speranza che possa farcela. Un liposarcoma con recidiva. È stanco per il caldo, ci diciamo con mamma. Ma, per la prima volta da anni, non è voluto tornare in Calabria per l’estate. Non se la sente, così dice. E, alla fine, nemmeno il 19 agosto se la sente di andare a Cremona. Troppo caldo. Lo vedo che sta male. Allora ci gustiamo lo zero a zero che regala il primo punticino in serie B alle Aquile a casa, in tv, comodamente circondati dall’aria condizionata.
Arriva settembre, e Marco continua a non stare bene. Altri esami, altri ricoveri. Un giorno ci convocano in ospedale. Time out, ci dicono. La malattia sta per vincere. Non sappiamo quanto tempo resta ancora. Ma non è tanto.
Marco resiste ancora un altro mese. Quella mattina, il sole fa capolino tra le nubi dopo giorni grigi e freddi. Lo illumina. Combatte con tutte le sue forze fino all’ultimo respiro, sveglio e lucido. Poi si lascia andare, stremato da 5 anni di malattia, circondato da tutta la famiglia. È finita. Lo salutiamo in una chiesa gremita di ragazzi mentre anche il cielo piange disperatamente. Tanto.
Il Catanzaro, dopo un buon avvio di campionato, si è fermato. Marco muore e le Aquile perdono tre partite di fila. Lo spettro delle due fallimentari stagioni in serie B del 2004-2006 si affaccia nella mia mente.
E dopo tre sconfitte consecutive ci aspetta il derby contro il Cosenza, in casa, di nuovo in serie B dopo 33 anni. L’unico derby di Calabria. In città c’è tensione. Anche noi trepidiamo e speriamo in una piccola soddisfazione che ci faccia dimenticare, per qualche ora, il nostro grande dolore.
Un amico disegna un ritratto di Marco. Qualcun altro decide di riportarlo su un pezzo di stoffa. Lo portiamo allo stadio per il derby, dicono. Un mese dopo la sua partenza per quel luogo lontano che nessuno di noi ha mai visto.
La sfida del Ceravolo finisce con un trionfo giallorosso. Marco osserva l’apoteosi catanzarese e la sconfitta dei lupetti da quello stendardo sventolato in curva dai suoi amici. È felice anche lui, in quel luogo lontano che nessuno di noi ha mai visto. Un suo amico ha scritto questo post su Facebook, dopo quella vittoria: “Fratellino fratellino mio, sei riuscito anche in questo a farmi fare uno strappo alle regole. Io, un post, antisocial per eccellenza. È quasi un mese che te ne sei andato, in un maledetto sabato, prima del calcio di inizio di un Catanzaro-Lecco. Quella chiamata che mi dava la notizia che ti eri spento, ha spento anche me. Hai spento tutti, anche i nostri giallorossi. Sono arrivate ben 3 sconfitte ma poi il destino ha fatto capitare la partita delle partite Catanzaro-Cosenza e sempre di sabato mi arriva la notizia… “Guarda in curva, ci sarà un stendardo dedicato a Marco” li ho capito che stu derby lo avremmo sbundato… goditelo anche tu da lassù”.
Da quel giorno, tra le mura amiche del Ceravolo il Catanzaro non perde più nemmeno una gara se c’è lo stendardo di Marco che sventola alto. Una domenica, l’amico che ha in carico l’effige ha un imprevisto e, per non fare tardi e non perdere l’inizio della gara casalinga delle Aquile, decide di non passare da casa a prendere il drappo. Quel giorno, in casa, perdiamo.
Allora Marco è un vero talismano, ci diciamo. Dobbiamo portarlo davvero sempre. Così si fa. E il Catanzaro torna a essere imbattuto in casa. Finché c’è Marco a vegliare sui giallorossi.
E se ve lo state chiedendo, la risposta è si. A Cosenza, per il derby di ritorno, Marco era lì in trasferta al San Vito. Portato dai suoi amici. E abbiamo vinto. Due a zero. Iemmello e Biasci. Come all’andata.
Sabato 25 maggio 2024, a Cremona, il drappo di Marco sarà allo stadio. Perché quella partita dovevamo vederla insieme, e la vedremo insieme.
Ora conoscete un’altra storia da raccontare ai vostri figli. Una storia che ci insegna che la voglia di vivere e la forza di volontà lasciano il segno anche dopo, quando non siamo altro che un granello di sabbia sospinto dal vento che scende dalla Sila”.