Un anno fa, la speranza che Giulia Tramontano e il suo piccolo Thiago potessero essere vivi si spense rapidamente. Non fu uno di quei delitti dove ci vollero settimane, se non mesi, per risolverlo. Come una folata di vento che spegne, prepotente, la fiamma del cerino, così si è conclusa la breve vita di Giulia. Quella di Thiago, invece, non ha avuto neanche il tempo di iniziare
La furia omicida su Google
Ad un anno dalla morte di Giulia, avvenuta il 27 maggio 2023, gli interrogativi restano tanti: e non sul perché la ragazza sia morta, anzi, stata ammazzata. Trattasi di un chiaro caso di femminicidio dove l’ex barman Alessandro Impagnatiello, compagno della 29enne e padre del bambino che portava in grembo, ha agito prima cercando di ucciderla lentamente con ammoniaca, poi con veleno per topi, fino ad arrivare ad accoltellarla con 37 fendenti e a nascondere il corpo martoriato ed esanime nell’intercapedine di un box auto. Il tutto, aiutandosi con veloci ricerche su Google.
Una furia omicida di fronte alla quale, purtroppo, restiamo esterrefatti ma “non più di tanto”. Mentre Impagnatiello, proprio oggi, è in Aula per l’interrogatorio, il delitto resta quanto “il più distante possibile”. Giulia potevo essere io, poteva essere una mia amica, una mia sorella, poteva essere una vostra parente, vostra figlia.
Invece, Giulia, è solo un’altra 29enne uccisa dal fidanzato ma che resta “sui giornali”. Sì, siamo sgomenti di fronte alla morte di questa giovane donna, ancor più perché incinta, ancor più perché “tradita” da quel compagno con cui aveva un progetto di vita che, negli ultimi mesi antecedenti al suo omicidio, sono crollati come castelli di carta.
Giulia sono io, io non sono Giulia
Giulia Tramontano è una di noi ma “al di fuori di noi”: la sentiamo vicina perché la sua storia ha corso e corre sulle testa giornalistiche, online, passa in TV con quel pancione in bella a vista a mare e ci si stringe il cuore. Ma mentre il cuore si si stringe, magari esce anche qualche lacrima, noi siamo sul divano che facciamo zapping col telecomando. O peggio, ci troviamo a scrollare col pollice “incancrenito” sui social. Perché ok, poverina Giulia, ma vediamo che dicono su TikTok.
Perché il dolore, ancora, non ci ha toccati davvero. Nel 2024, ancora, siamo convinti e convinte che a noi non capiterà. Ma tutte siamo Giulia. Che sia Tramontano, Cecchettin, Maria Chindamo o Fabiana Luzzi, noi possiamo essere loro. E questa dolore anestetizzato che ci sta permeando non va bene, non ci fa percepire il reale pericolo a cui noi, dalle figlie alle nonne, stiamo andando incontro.
La vita stretta tra i denti
Il 27 maggio di un anno fa Giulia Tramontano diceva brutalmente addio alla vita. Noi, per Giulia e per tutte le altre, dobbiamo invece accogliere quella vita e difenderla. Morderla con i denti a chi tenta di strapparla e portarcela via. Dobbiamo tenercela stretta, senza far vincere la voce prevaricatrice che ci dice che, a noi, non potrebbe mai succedere.
Le 37 coltellate di Giulia non si possono cancellare, ma pensiamole “figurativamente”: quelle 37 volte in cui la lama ha trapassato il corpo della 29enne, sono le stesse che colpiscono noi, quando stiamo zitte, quando non denunciamo, quando accettiamo passivamente, quando ce ne freghiamo.
Che il mondo non sia più disposto ad accettare le coltellate di un pazzo che non ha saputo fare i conti con “il diventare uomo” e prendersi le sue responsabilità. Riposa in pace Giulia, insieme al piccolo Thiago: noi, qui, proviamo a resistere anche per te.