di Antonio Idone – Dopo aver letto alcuni articoli riportati da diverse testate, che fanno riferimento e riportano stralci di affermazioni o di relazioni del prof. ing. Antonino Risitano, in qualche caso strumentalizzandone i contenuti, affido a questo mio scritto alcune considerazioni che ritengo utili al confronto e dibattito in corso sulla fattibilità e realizzabilità del collegamento stabile tra la Sicilia ed il Continente.
Innanzi tutto, dopo cinquant’anni, voglio salutare l’ing. Risitano che negli anni 75/76 ho incontrato al Politecnico di Torino, io studente lui assistente ordinario, del maestro prof. Giovannozzi, della materia Calcolo e Progetto di Macchine. Anch’io come Risitano non sono iscritto né ai favorevoli alla realizzazione del Ponte né ai contrari, né tantomeno agli ideologizzati che comprenderei tra i NO Ponte.
A legger bene i titoli degli articoli o i contenuti degli stessi mi pare che i giornalisti stravolgono le affermazioni dell’ingegnere laddove affermano, vedi a mo’ di esempio Pablo Petrasso in un articolo pubblicato su lacnews24.it dell’8 maggio 2024 “Il super tecnico Antonino Risitano sottolinea l’impossibilità di realizzare la struttura a una campata“; affermazione non vera perché l’ing. Risitano, in alcuni passaggi della sua relazione pubblicata sul sito tgmessina.it afferma testualmente: ” Il ponte ad una sola campata della lunghezza di 3300 m si può realizzare ma, se venisse realizzato, non potrebbe essere utilizzato per gli scopi per cui un ponte ha ragione di essere costruito” ed ancora: Il ponte ad una sola campata sullo stretto di Messina è fattibile ma non utilizzabile“.
Ed allora, quanto alla fattibilità soltanto il progetto esecutivo potrà certificarla e perciò varrebbe la pena, a mio parere, che la società Stretto di Messina SpA utilizzi al meglio i 120 giorni di proroga che ha chiesto per fornire al Ministero dell’Ambiente le risposte alle osservazioni, ordinando a Eurolink di mettere mano al progetto esecutivo.
Così facendo il contraente generale taglia la testa al toro, mette a tacere coloro che, e Risitano non fa certamente parte di essi, esprimono pareri o valutazioni senza avere la competenza che il progetto di un’opera maestosa, che da decenni è stata oggetto di studio e ricerca, richiede.
Solo con la redazione del progetto esecutivo, da avviare senza ulteriori indugi, potrà essere fornita la prova che il Ponte sullo Stretto di Messina è un’infrastruttura che può essere realizzata ed utilizzata, che si possono rispettare i tempi di inizio dei lavori più volte ribaditi dal ministro Salvini; tentennando e non mettendo mano al progetto esecutivo ci sarebbe da pensare o che la società ritiene di non dare risposte esaustive ai quesiti posti dal Ministero dell’Ambiente e perciò non otterrebbe la prescritta Via o, peggio ancora, considera il progetto esecutivo un’avventura, un’operazione a rischio che in caso di fallimento pregiudicherebbe, probabilmente, il pagamento delle ingenti penali contrattuali.
In buona sostanza i progettisti una volta per tutte o saranno in grado di redigere un progetto esecutivo del manufatto che rispetti tutte le norme tecniche vigenti e che regolamentano la materia, oppure si arrenderanno prendendo atto della impossibilità tecnica e tecnologica di progettare non solo il ponte ma tutta la tecnologia necessaria per realizzare l’opera.
L’ing. Risitano vive a Ganzirri ed io sulla sponda dirimpettaia, a Cannitello, dove sono nato e da più di sessant’anni sento parlare del Ponte sullo Stretto e fino a qualche decennio fa, con cadenza quasi quinquennale, i giornali locali riportavano, con enfasi, iniziative dei governi del tempo che rilanciavano l’idea della realizzazione del Ponte.
Lo scirocco colpisce l’ing. Risitano in viso mentre noi dirimpettai calabresi veniamo investiti alle spalle ma direi che, indipendentemente dalle velocità del vento, dalle raffiche che lo caratterizzano e dai periodi delle sciroccate, lasciamo che siano i progettisti a stabilire e dimostrare con gli appropriati calcoli che il Ponte possa sopportare e resiste anche alle sollecitazioni del famigerato vento Sahariano che, per la verità non è meno indolore, per il Ponte, di una tramontana con vento “fresco” come lo definiscono i pescatori, proveniente dai quadranti settentrionali.
Quanto poi alla “vita infinita” del Ponte credo che l’affermazione andrebbe rimodulata; immagino per un attimo che se è vero che l’universo avrà una fine o meglio, una morte termica, nessuna opera potrà avere una durata infinita e sopravvivere allo stesso Universo. È corretto perciò ricondurre l’espressione “vita infinita” ad una “vita utile” di un’opera così complessa, che deve durare, a mio parere almeno un paio di secoli, e soddisfare i requisiti prestazionali richiesti, garantendo la sicurezza degli utenti, per tutta la sua vita utile.
Il Ponte a tre campate ed il suo spostamento a Sud della città di Messina credo che sarebbe di buon auspicio per gli espropriandi di Ganzirri/Punta Faro e Cannitello/Pezzo, spostando però gli espropri da nord a sud e penalizzando altri proprietari; se non ricordo male e mi affido alla mia memoria storica, una delle commissioni mondiali che ha studiato, in passato, la fattibilità del Ponte ha escluso che si possano porre intralci (pile di sostegno delle campate) nello Stretto, date le correnti impetuose, con velocità di spostamento delle acque che, in particolari momenti di ogni giornata, grazie alla concomitanza di numerose componenti, può arrivare fino ad un massimo di 20 km/h. Si tratta dei valori più elevati che si registrano al mondo e che imporrebbero la preclusione del traffico marittimo perché, con buone probabilità, lo ha stabilito la commissione che ha studiato il fenomeno, si potrebbe verificare un impatto, disastroso, di una nave con una delle pile poste in mare.
Ritorno per un attimo all’argomento espropri che tutti, salvo gli interessati, trascurano o sottovalutano, mentre alcuni amministratori locali fanno finta di avere a cuore le sorti degli espropriandi senza però fare nulla per venire loro incontro e spiego perché! Il novanta per cento di opere pubbliche che si realizzano presuppongono attività espropriative per acquisire le aree necessarie per la realizzazione dei progetti e perciò attività propedeutica alla costruzione del Ponte e l’acquisizione delle aree attraverso le procedure espropriative previste.
Termine orribilis l’esproprio che brutalmente significa la sottrazione di un bene con la conseguente privazione del godimento. E se per un terreno l’afflizione può essere contenuta il tormento per l’esproprio di una casa diventa supplizio e strazio.
Chi lo subisce non può consolarsi ricevendo un risarcimento, seppur ritenuto equo e siccome l’indennizzo non si determina in maniera matematica ma attraverso una stima supportata da valutazioni non solo oggettive ma anche soggettive, l’intervento degli amministratori pubblici può far si che, stanti le procedure che il Testo Unico sugli espropri prevede, l’espropriante agisca con la consapevolezza che non saranno qualche decina di milioni di euro in più da destinare agli espropri a mettere in crisi la realizzabilità dell’opera. Occorre far si che la gente possa, tranquillamente e senza pressioni, trovare la migliore sistemazione, alternativa a quella cui deve rinunciare.
La Stretto di Messina SpA ha reiterato il vincolo preordinato all’esproprio, si badi bene e basta leggere l’avviso pubblicato, per quelle aree che non erano state inserite nel vincolo poste nel 2011. Orbene, dopo il 2013, quando la società Stretto di Messina SpA è stata posta in liquidazione, nessuno degli amministratori dell’epoca o di quelli attuali, che fanno finta di tirarsi i capelli, ha preteso che il vincolo posto fosse dichiarato decaduto; al contrario, nonostante il vincolo, in alcuni casi, sia a Villa San Giovanni che a Messina, sono stati rilasciati permessi di costruire che non avrebbero potuto essere concessi. Oggi i beneficiari del predetto permesso di costruire subiscono l’esproprio a cagione dell’azione scellerata degli uffici urbanistici dei predetti Comuni.
Dilungarsi con altre argomentazioni non mi pare utile e perciò provo a condividere con l’ing. Risitano alcune conclusioni:
- lasciamo ai progettisti la dimostrazione, con la redazione del progetto esecutivo, che il ponte a campata unica è realizzabile (entrambi lo sosteniamo) e che sia utilizzabile come infrastruttura viaria e ferroviaria che collega la Sicilia al Continente (entrambi oggi nutriamo dubbi);
- che la società Ponte sullo Stretto non traccheggi ulteriormente e faccia metter mano al progetto esecutivo perché i territori, le popolazioni che li abitano e sopratutto i soggetti che verranno penalizzati con gli espropri hanno il sacrosanto diritto di sapere se dovranno ancora e per quanto sottostare ai vincoli imposti sulle aree e sugli immobili di loro proprietà oppure, se il progetto esecutivo non è fattibile, per le difficoltà che la maestosità dell’opera comporta, si ponga una pietra tombale sul progetto definitivo, si sciolga la società concessionaria e si contengano le penali che il General Contactor rivendicherà e che, queste si, ricadranno e graveranno sulla collettività;
- aspettiamo che venga redatto il progetto esecutivo, sempre che esistano i presupposti tecnici, per sapere quale sarà la vita utile del manufatto e con essa la stima dei costi-benefici;
- auguriamoci che entro l’anno in corso, e non oltre, si abbia la risposta definitiva, della società Ponte sullo Stretto SpA, con un progetto esecutivo redatto ed approvato oppure si dica che il Ponte a campata unica, così come previsto da sempre, non è progettabile. Si acquieteranno definitivamente, quale che sia la risposta, i temerari e gli spavaldi che, oggi, sostengono tesi che non sono supportate da nozioni tecnico scientifiche o da prove inconfutabili.
- Un auspicio finale: chi scrive si augura che, pur con le notevoli e rilevanti difficoltà che non possono essere sottaciute, il progetto esecutivo stabilisca che il manufatto è fattibile e utilizzabile perché se così sarà vorrà dire che si realizzerà un risultato insperato e un prodigio che consentirà a questo lembo di terra di vivere nel benessere; dei milioni di turisti che vengono ogni anno in Italia, altrettanti milioni verranno, sia nella fase di costruzione che per tutta la sua “vita utile”, ad ammirare il Ponte, opera di ingegneria unica al mondo. Credo che ognuno riesca ad immaginare il movimento che si creerà ed i conseguenti benefici economici.
In buona sostanza finirà, nelle nostre zone la disoccupazione o la sottooccupazione, i nostri figli e le generazioni che verranno non avranno più bisogno di trasferirsi al nord o di emigrare e le condizioni climatico ambientali di cui la natura ci ha dotato e un’opera di ingegneria unica al mondo renderanno il nostro territorio attraente, accogliente, fiorente e prospero.
Il Ponte, a mio parere, è l’unica risorsa possibile da offrire alle generazioni future che grazie alla sua realizzazione non dovranno più vivere in un territorio che oggi viene oppresso e condizionato dalla criminalità organizzata che prospera laddove c’è miseria e povertà e si dissolve, estinguendosi, quando la collettività non è vittima del bisogno ed è libera di pensare, decidere ed agire.
Ingegnere mi auguro di incontrarLa, a progetto esecutivo redatto.
ing. Antonio Idone