Ponte sullo Stretto, Enzo Siviero: “sarà la Potsdamer Platz dell’Italia, i no sono patologici”

Ponte sullo Stretto, intervista al professor Enzo Siviero: tra i massimi esperti al mondo di ponti, rilancia l’entusiasmo e l’orgoglio dell’eccellenza d’Italia

StrettoWeb

Enzo Siviero non ha bisogno di presentazioni: il rettore di eCampus è uno dei massimi esperti di ponti a livello internazionale. Ingegnere e architetto di Vigodarzere (Padova), Siviero ha dedicato i suoi 79 anni di vita alla progettazione e allo studio dei ponti, che lo hanno appassionato sin da bambino. Ha insegnato a lungo nella facoltà di architettura dell’Università di Venezia, è una delle più brillanti e autorevoli menti della scienza dell’Italia e ovviamente è da sempre un fervente sostenitore del Ponte sullo Stretto.

Oggi siamo onorati di intervistarlo proprio sul Ponte, e gli chiediamo subito cos’ha pensato quando ha sentito l’amministratore delegato della Società Stretto di Messina, Pietro Ciucci, annunciare lo slittamento di qualche mese dell’approvazione del progetto esecutivo.

Quello che ha detto Ciucci – risponde il prof. Sivieronon solo è la verità, ma l’inoppugnabile realtà. Stiamo parlando di due, tre, massimo sei mesi in più quando in Italia le opere si prolungano a volte di anni o addirittura di decenni. Qui siamo di fronte ad una complessità straordinaria per un’opera straordinaria, con gli oppositori che se le inventano tutte per mettere i bastoni tra le ruote e instillare dubbi. Che ci sia uno slittamento di qualche mese non significa nulla sulla realizzabilità dell’opera, anzi significa che si vuole rispondere approfonditamente a tutte le questioni e le eventuali obiezioni poste dai tecnici. È tempestivo ed era quello che in generale il cittadino comune non ideologizzato si aspettava”.

Nessuna sorpresa, quindi, e nessun rallentamento?

Affatto, non è un rallentamento e non è una sorpresa, è semplicemente prendere atto della realtà. Un conto è quello che il legislatore a priori mette in campo, altra cosa è poi cosa succede in campo (sempre sotto la guida del legislatore). Non dimentichiamoci che lo sforzo principale è stato quello di trovare la via giuridica di riesumare un contratto che in via formale era morto, salvo per i contenziosi che lo tenevano in piedi. Quello è stato il passaggio più importante. Ed è stato un successo straordinario della politica, che in 18 mesi ha davvero bruciato le tappe. La corsa delle date a cui abbiamo assistito negli ultimi mesi era dovuta proprio alla volontà di accelerare al massimo, con la consapevolezza che quelle date non erano perentorie. Ma serviva a mettere in moto una macchina enorme per qualità e quantità, al più presto possibile. Non ci dimentichiamo che siamo partiti da zero: i governi che hanno preceduto questo esecutivo per 11 anni avevano azzerato tutto, e invece adesso in 18 mesi è stata rimessa in piedi la Stretto di Messina, è stata approvata la legge in Gazzetta Ufficiale, è stato aggiornato il progetto definitivo di 13 anni fa e adesso si sta lavorando rapidamente all’esecutivo. Ma in Italia siamo bizantini per vocazione e azzeccagarbugli per prassi, quindi ci sono tanti scogli burocratici da superare. In ogni caso quanto fatto fin qui è stata una grande operazione, e ci sono tutti i presupposti per continuare al meglio”.

Nelle sue parole c’è un grande coinvolgimento, pur non avendo mai avuto e non avendo alcun incarico legato al Ponte.

Sono coinvolto emotivamente, pur non formalmente, alla realizzazione di quest’opera straordinaria per cui mi sono sempre battuto”.

Eppure ci sono tanti oppositori che sostengono le ragioni del ‘No’.

Bisogna ascoltare anche quelle, ma in gran parte sono voci fastidiose perché sono strumentali. Ma la pazienza è la virtù dei forti”.

Noi su StrettoWeb li abbiamo chiamati cavernicoli; lei cosa intende con strumentali?

È patologico quello che succede contro il Ponte: in Italia tutto è concesso in negativo, la politica ha uno sbandamento generale, più che proporre le cose si oppone alle altre. Il fatto che lo faccia uno, non va bene all’altro e allora bisogna fare in modo che l’altro non lo faccia. È un problema tipicamente italiano, l’ho già visto più volte nel mio Veneto già 30 e 40 anni fa. Si chiama opposizione, già dal nome significa che per principio si deve opporre. Io ricordo un progetto importante di una strada, una tangenziale di 8-10 chilometri che risolveva tanti problemi, progetto bocciato da minoranze rumorose, che poi mi hanno detto che quel progetto andava benissimo ma volevano bocciarlo per mandare a casa il Sindaco. Queste cose hanno un peso enorme per il Paese: alla politica non importa realmente tanto dell’interesse comune e della bontà dell’opera, gli interessa acquisire voti e consenso. È l’incapacità tipicamente italiana di fare squadra: i nostri operatori economici e le nostre imprese vanno in giro per il mondo da sole, mentre francesi e tedeschi vanno in giro con le Ambasciate alle spalle. Le nostre imprese hanno sempre sottobanco i coltelli pronti per farsi fuori l’un l’altro anche quando fanno accordi tra loro. Noi siamo figli dei Comuni, Ducati e Granducati che si facevano la guerra. Dante ci aveva visto giusto quando diceva ‘Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello’, dopo 800 anni ci risiamo ampiamente. Non voglio essere negativo, io sono un ottimista da sempre, parlavo bene del Ponte quando tutti erano assolutamente convinti che non ci sarebbe stata alcuna possibilità, stranamente ci voleva un leghista per rimetterlo in moto e anche questo ha il suo significato. Se il Ponte anziché rilanciarlo Salvini lo avesse fatto un Ministro di sinistra, queste opposizioni non ci sarebbero state. In passato Prodi, Rutelli, D’Alema, erano favorevoli, poi sono diventati tutti contrari perché lo portò avanti Berlusconi. Oggi il Pd si è schierato contro nonostante ci siano tanti esponenti di sinistra favorevoli al Ponte, ma oggi il No Ponte è diventato uno slogan politico. Un errore colossale, perché il Ponte non è né di destra né di sinistra, il Ponte è del Mediterraneo intero, non solo degli italiani. È di cristiani, islamici ed ebraici, figuriamoci se si divide tra destra e sinistra…”.

Torniamo ai tempi per l’inizio dei cantieri. Come pensa evolverà adesso la situazione?

Francamente non vedo alcuna novità. Tutto l’impianto della cantierizzazione esige una tempistica e un coordinamento di assoluta straordinarietà, ci arriveremo nei prossimi mesi, se d’estate o d’autunno cambia poco, ormai ci siamo, a livello legislativo è tutto fatto, la politica quello che doveva fare l’ha fatto. Ora siamo agli step burocratici e tecnici. Piuttosto, bisogna iniziare a parlare di cosa significa questa grande opera, già soltanto in termini di cantierizzazione. Ricordo, perché l’ho vissuto personalmente, che quando hanno iniziato i lavori della Potsdamer Platz di Berlino, che nel 1990 dopo la caduta del muro ha rivoluzionato la Capitale rappresentando il simbolo di una nuova era per la Germania. C’erano decine di cantieri, migliaia di autobetoniere, si lavorava addirittura per gli abbassamenti delle falde, gli scavi in sicurezza a 20 metri di profondità, tutto è stato coordinato perché c’era una regia dall’alto gestita dal borgomastro (da noi è il sindaco), ed è filato tutto liscio. Hanno fatto tutto in meno di due anni su un progetto straordinario di Renzo Piano. Hanno sincronizzato tutte le operazioni. Noi adesso con il Ponte potremmo superare i tedeschi per organizzazione, è un’opera altrettanto straordinaria con lo stesso significativo rivoluzionario per il nostro Paese”.

Quali sono gli elementi a cui si presta maggior attenzione in queste fasi progettuali?

Gli step prettamente tecnici sono stati già ampiamente superati già dal progetto preliminare, e poi blindati dal definitivo. Decine di grandi ponti in tutto il mondo sono realizzati con il cosiddetto ‘Messina Type’, cioè sull’innovazione progettuale del progetto del Ponte sullo Stretto, che è davvero straordinario sotto il profilo ingegneristico. Adesso siamo agli step burocratici e alle procedure di sicurezza, quindi l’attenzione all’ambiente, ai lavoratori. Ricordiamoci che noi camminiamo con una gestione della sicurezza che in Italia è tra le più avanzate al mondo, e questo è importante. Ovviamente comporta un certo rallentamento delle opere. Né i cinesi né i turchi o i russi si pongono questo problema, hanno una gestione diversa. La democrazia ha anche questi vantaggi: la sicurezza dei lavoratori per noi è determinante. Ho visto cantieri in Cina con impalcature di bambù, protezioni zero. Noi abbiamo un sistema molto più avanzato. La sicurezza è soprattutto un problema preventivo e questo va tenuto in conto”.

Quali sono eventuali criticità legate all’ambiente?

Più che di criticità parlerei di opportunità. In termini di inquinamento, il Ponte è un’opera green, ecologica e innovativa: consente di abbattere le emissioni di anidride carbonica e l’inquinamento ambientale e marino provocati dal traghettamento e dall’eccessivo uso di aerei a cui si siciliani sono costretti per l’assenza dell’alta velocità ferroviaria, che con il Ponte arriverà anche in Sicilia. Ma dal punto di vista più strettamente territoriale, la costruzione del Ponte è una grande occasione – unica e irripetibile – per mettere in sicurezza Calabria e Sicilia. Quando si fa un ponte, una ferrovia, un’autostrada, la prima preoccupazione è regimare le acque, poi che non ci siano rischi di frane, che si possano fare in futuro interventi di manutenzione. Significa dare concretezza a tutte quelle cose che abbiamo maturato da decenni per la prevenzione e la sicurezza del suolo e che fino ad oggi, senza Ponte sullo Stretto, non sono mai state fatte. E probabilmente non si farebbero mai”.

La politica come si sta comportando a suo avviso?

Il Governo in 18 mesi ha fatto tantissimo. Senza le pressioni del Ministro Salvini per fare in fretta, i tempi si sarebbero molto prolungati. I paletti ci volevano, molto stringenti, perché stringendo si poteva consentire qualche piccolo slittamento. Se invece allarghi le maglie dall’inizio, poi trovi smagliature successive. Un anno e mezzo fa non c’era niente, era solo un’indicazione in un foglio di carta che era il programma elettorale del centrodestra, in cui si rivendicava la volontà di fare il Ponte. E in questo primo anno e mezzo tutto il possibile è stato fatto, e forse anche di più. Penso sia un miracolo essere riusciti ad arrivare dove siamo arrivati, partendo non da zero ma da meno zero perché avevamo un problema da contenzioso in piedi e che andava risolto. Molti scommettevano contro la riuscita, e invece… Ancora oggi c’è chi dice che bisognava fare la gara, e invece è stato un miracolo. Sicuramente andremo a compimento del Ponte, avanti tutta e senza tentennamenti, come diceva Dante, rispetto a chi dice No bisogna usare l’atteggiamento ‘non ti curar di loro ma guarda e passa’. Continuano a parlare di vento, sisma, maree che non esistono, allontanamento delle due coste, e insomma dai, basta, che vogliamo dire? Io sul Ponte non vorrei nemmeno più tornare, è tutto ok. Parliamo di uso turistico delle torri, parliamo di percorsi turistici, le torri abitate, i ristoranti in quota, le torri panoramiche. Ho visitato i ponti più importanti del mondo, ne ho viste decine di queste situazioni. Parliamo di opere complementari, di viadotti, gallerie: si usi un’architettura moderna e coerente con il Ponte”.

Può essere il punto di svolta per la decisiva crescita del Sud?

Il Ponte è fondamentale per tutto il Paese. Questa è la grande opera dell’Italia. Nello Stretto istituirà di fatto una grande metropoli di oltre 500 mila abitanti, nascerà una delle città principali d’Italia con tanto di metropolitana ferroviaria già prevista nel progetto e finanziata. La Città dello Stretto sarà una Dubai colta che affonda le radici nella Magna Grecia, nella nostra cultura Mediterranea che ci ha portato ad essere ciò che siamo. Se non fosse così continueremo sempre a lamentarci. Esiste un Sud che ha voglia di fare e che ha sofferto nel tempo un’emigrazione delle risorse umane: il Sud ha perso molte intelligenze che sono guarda caso albergate al Nord. Io che sono del Veneto le posso assicurare che i primari della nostra sanità sono in gran parte siciliani, calabresi, pugliesi, e qualcuno anche dalla Lucania. Il Ponte è la più grande occasione per dimostrare che si può passare dalla teoria alla pratica: abbiamo esperienze, maestranze e un general contractor che è un competitor mondiale straordinario come Webuild. Sono soggetti che hanno la capacità di gestire miliardi di euro o di dollari di cantieri e sono abituati a farlo: non voglio fare apologie ma è indiscutibile che Webuild è leader nella costruzione delle grandissime opere in tutto il mondo. Dobbiamo avere orgoglio ed entusiasmo: il grande sogno è sempre più vicino alla realtà”.

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