Reggina, la strategia di Falcomatà per il benservito alla Fenice e l’arrivo di una nuova proprietà

Reggina, Falcomatà impegnato quotidianamente in prima persona per rilanciare il club amaranto dopo il disastro de La Fenice Amaranto. Dietro dichiarazioni ambigue c'è la strategia del primo cittadino per rimediare agli errori del passato

StrettoWeb

E’ un vero e proprio show quotidiano: il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, è assoluto protagonista della vicenda Reggina e ha preso in mano le redini della situazione. Il primo cittadino ha assunto il pallino del gioco entrando a gamba tesa, nei mesi scorsi, sull’andamento de La Fenice Amaranto a cui la sua stessa Amministrazione aveva concesso la licenza lo scorso settembre con la controversa decisione del fedele Brunetti che ha preferito il borioso imprenditore catanese al gruppo guidato dal multimiliardario Stefano Bandecchi sostenuto al 50% da imprenditori appassionati reggini.

La Reggina non può vivacchiare in serie D” ha detto Falcomatà, aprendo lo scontro con Ballarino. Che ha risposto rivendicando con orgoglio che “siamo al quarto posto in classifica“. In serie D. Il punto più basso della storia ultracentenaria del calcio a Reggio Calabria. E allora Falcomatà ha proseguito, ancora, contro la Fenice. Ha persino chiesto l’aiuto di Lillo Foti, per individuare nuove figure che possano rilanciare il calcio a Reggio in modo serio, per evitare che i “dieci anni di serie D” auspicati da Brunetti come “alternativa dignitosa” ai tristi epiloghi precedenti (Gallo e Saladini) si concretizzino davvero.

Falcomatà ha pubblicamente annunciato il coinvolgimento di Foti due volte; lo stesso storico Presidente amaranto ha confermato in un’intervista a Gianluca Di Marzio. Che la Fenice se la stia facendo sotto è confermato dalla pubblicazione di notizie ad orologeria su vecchie vicende giudiziarie del Presidente, che ovviamente neanche è sfiorato da questo chiacchiericcio e invece ha potuto misurare l’enorme apprezzamento popolare che le reazioni a quegli articoli hanno dimostrato. Un eventuale ritorno di Lillo Foti nel calcio e nella Reggina ha quelle note romantiche che risveglierebbero l’attenzione nazionale per una realtà che soltanto per questo riconquisterebbe le simpatie di tutti gli appassionati, come già accaduto negli scorsi anni per il Monza di Berlusconi e Galliani. E’ il calcio più bello che oggi non c’è più, superato dalla nuova era di proprietà multinazionali. Ma è anche un calcio ormai insostenibile senza garanzie economiche importanti. Ecco perchè per la nuova Reggina il percorso è ancora tutto in salita.

Non c’è nulla di definito, non c’è nulla di cui esultare. Anche l’entusiasmo di chi – come al solito – sa e non sa, dice e non dice, è totalmente infondato. Basti pensare a com’è finita la scorsa estate rispetto a chi ogni due giorni assicurava che la Reggina sarebbe stata riammessa in serie B perchè aveva “le sue fonti“. Non è tempo di trionfalismi, bensì di riflessioni. E il pallino è di nuovo nelle mani di Falcomatà. Che ha assunto un impegno concreto: se matura qualcosa di serio, dovrà essere lui a trovare la soluzione con la Fenice e con Ballarino. E’ stata la sua Amministrazione a volerli a Reggio, e dovranno essere sempre loro a dover dare il “benservito“.

Come leggere in tal senso la visita al Sant’Agata di due giorni fa? Falcomatà ha portato a Ballarino una targa di sostegno, “LFA Reggio Calabria, non ti fermare il sogno durerà“, e con Brunetti & company sono stati solo baci e abbracci. Falcomatà ha ribadito la “vicinanza dimostrata a società e squadra da parte delle Amministrazioni” in una visita celebrativa che sembrava un ringraziamento per aver raggiunto risultati straordinari. E invece Brunetti aveva scelto Ballarino in base ad un business plan che prevedeva la promozione in serie C il primo anno, l’allestimento di una struttura societaria di alto livello professionale per ottenere la promozione in serie B il prossimo anno, una media di 10 mila spettatori a partita al Granillo, la scuola calcio e il settore giovanile al Centro Sportivo Sant’Agata, la squadra femminile e molto altro ancora. Neanche uno di questi punti è stato soddisfatto, eppure Falcomatà e Brunetti a fine stagione sono lì a celebrare la Fenice. O forse a preparare il “benservito“.

Contemporaneamente però, il Sindaco rivendica la volontà di acquisire il marchio dalla Curatela Fallimentare. Che ieri ha pubblicato il bando: base d’asta 100 mila euro. Bandecchi parteciperà. La Fenice non si sa. Altri forse pure, bisogna vedere se matura l’interesse. Il marchio ha senso soltanto se dietro c’è la sostanza, altrimenti prenderlo per appenderlo al muro è un mero gioco di demagogia. L’ennesima presa in giro per i tifosi.

Il Sindaco ha già riconosciuto che La Fenice non è stata all’altezza della situazione, e comprensibilmente sta cercando soluzioni migliori dimostrando particolare sensibilità al tema della Reggina che gli è sempre stato molto a cuore.

Come dimenticare le vicissitudini dell’estate 2015, quando Falcomatà prima aveva fatto scappare da Reggio Nick Scali con quelle quattro parole suonate peggio di pugni in faccia, “non vogliamo nuovi Manenti“, e poi dopo poche settimane sanciva la scomparsa di quella gloriosa società tradendo la fiducia di Foti con l’ormai famosa telefonata di Tavecchio?

Il Sindaco ha poi accompagnato il nuovo corso di Mimmo Praticò con particolare vicinanza, utilizzando il Granillo per anni come un luogo di eventi alla mercé di assessori e consiglieri mentre la squadra anno dopo anno era costretta ad esordire in campo neutro per le inefficienze comunali. Poi l’arrivo di Luca Gallo, il ritorno di una certa serietà aziendale, la promozione in serie B e il riconoscimento all’imprenditore romano della cittadinanza onoraria proprio da parte dell’Amministrazione Falcomatà, nel tripudio della tifoseria.

Insomma, verrebbe da dire che non ne ha azzeccata una Falcomatà negli ultimi dieci anni sulla Reggina ma saremmo ingenerosi. Il ragazzo è stato sfortunato. Adesso si sta impegnando per rimediare. Certo, Brunetti in consiglio comunale l’estate scorsa diceva che “ovviamente, la politica non può, in alcun modo, intromettersi in una compravendita fra privati o in trattative per la cessione di quote societarie“. Adesso invece Falcomatà vuole addirittura acquisire il marchio e pretende dalla Curatela Fallimentare “un trattamento privilegiato“. Che ovviamente non ci può essere per l’Ente. La Curatela può fare esclusivamente gli interessi dei creditori, quindi vendere i beni della società fallita al maggior prezzo possibile. Ci sarà quindi un’asta, e il marchio se lo prenderà chi offrirà di più. Il Comune può partecipare all’asta? Bella domanda. Falcomatà oggi ha detto: “Dovevamo capire se un ente pubblico può acquisire un marchio privato; i nostri uffici hanno detto che sarebbe fattibile. Lo ha fatto Ferrara con il marchio della Spal, ad esempio”. Ma è falso. Il Comune di Ferrara non ha mai partecipato ad alcun bando e non ha acquisito nulla. I tifosi della Spal in rotta con il presidente Tacopina hanno chiesto al Comune di intervenire, è stato istituito un tavolo tecnico, si stanno valutando varie opzioni ma nulla è ancora stato fatto. E la situazione è molto diversa rispetto a quella di una società fallita: la Spal non è fallita, non ci sono Tribunali di mezzo. E Tacopina ovviamente non ha alcuna intenzione di mollare il marchio, di cui ad oggi ha tutta la titolarità. “Il marchio è attaccato alla Spal e non ci ho perso molto sonno. Ma se qualcuno è disposto a pagare 28 milioni per il logo, mi chiami pure“, ha detto Tacopina nella sua ultima intervista poche settimane fa.

Gli uffici che hanno fatto questo esempio a Falcomatà sono gli stessi che avevano consigliato a Brunetti di dire che a Catania il parcheggio sulle strisce blu costa 5 euro l’ora?

Non c’è un solo precedente di un’Amministrazione Comunale che partecipa ad un’asta fallimentare per rilevare il marchio di una squadra di calcio. In Italia e in Europa. Non c’è alcun precedente di un’Amministrazione Comunale che detiene la proprietà del marchio di una squadra di calcio. Anzi. Sarebbe un ulteriore motivo per allontanare eventuali investitori, che non potrebbero mai avere la titolarità del principale simbolo del club ma dovrebbero averlo in concessione dall’Ente, come un impianto pubblico. Complicando quindi tutta la gestione della società. “Se il marchio viene acquisito da un Ente pubblico, è in sicurezza per sempre con l’acquisizione al patrimonio del Comune di Reggio Calabria” ha detto Falcomatà, aggiungendo poi che “Affidarlo all’ente pubblico infatti significa dargli una garanzia per sempre“. Ma che il marchio sia al sicuro al Comune è uno scenario che fa sorridere. Così come preoccupa l’ipotesi di utilizzare soldi pubblici, quindi di tutti i cittadini, per rilevare un marchio di una società privata sportiva tramite asta fallimentare: la Corte dei Conti è già pronta ai dovuti rilievi.

Il punto non è il marchio. Che sarà “al sicuro” soltanto quando ci sarà una proprietà forte, stabile e seria. Il punto vero è la proprietà della Reggina. Deve essere solida, competente, ambiziosa, economicamente molto facoltosa. Deve poter garantire, con i fatti e non a chiacchiere, milioni di euro a garanzia di un progetto pluriennale che possa riportare la squadra amaranto nel calcio che conta. Falcomatà, da Sindaco, dovrebbe occuparsi di questo e sicuramente lo starà facendo al meglio. La città non aspetta altro, a maggior ragione dopo le ultime dichiarazioni. A proposito di Lillo Foti, lo stesso Presidente lo ha detto nell’intervista rilasciata a StrettoWeb il 18 settembre scorso ricordando il lavoro di Mallamo nel 1986 e auspicando che quest’Amministrazione si fosse comportata analogamente adesso. Con Brunetti non è successo un anno fa. Falcomatà ha l’occasione per rimediare, seppur con un anno di ritardo. Altrimenti rimane sempre lo scenario di “meglio dieci anni di serie D fatti con dignità“. Solo che stavolta Brunetti non può fare da parafulmine. Sulla scena adesso c’è il Sindaco in persona.

Condividi