Alla scoperta di Roghudi

Roghudi, una delle più recenti città fantasma italiane ed è anche un sinonimo di riscoperta del territorio dopo alcuni gravi calamità

StrettoWeb

Roghudi è una delle città calabresi più conosciute nel territorio regionale per la sua storia davvero particolare, di abbandono e rinascita.

Delizioso borgo situato a 526 metri sul livello del mare, su una roccia collocata nella fiumara, deve il suo nome al vocabolo greco rhogòdes, che vuol dire “pieno di crepacci”, o – secondo altri – da rhekhodes, che significa “aspro”.

Secondo ulteriori studiosi, invece, Roghudi deriverebbe dall’aramaico ruha (respiro, vento), seguito dal suffisso che indica la località (adi). Il suo nome significherebbe pertanto luogo ventoso, cosa è sarebbe ben coerente con le caratteristiche del territorio, frequentemente spazzato dal vento.

La storia

Stando alle principali ricostruzioni storiche, le origini di questo luogo possono essere fatte risalire al 1050. Tra l’XI e il XII secolo il borgo fu ricondotto sotto il dominio dei Bova. La storia della località è tuttavia soprattutto connessa alle asprezze della natura. La sua collocazione lo ha infatti esposto alle conseguenze di violente alluvioni come quelle del 1971 e del 1973, che provocarono morti e dispersi, danneggiando moltissime abitazioni. Tali eventi obbligarono i circa 1.600 abitanti del borgo vecchio a spostarsi a valle, dove fu creato il borgo nuovo. Il paese originario divenne così un borgo fantasma.

Il trasferimento degli abitanti dalla parte vecchia a quella nuova non è tuttavia avvenuto istantaneamente. In seguito alle alluvioni degli anni ‘70, infatti, gli abitanti vennero spostati temporaneamente nei paesi limitrofi, per poi essere ricondotti nel nuovo borgo nel 1988, a 15 anni di distanza dall’alluvione del 1973.

Inoltre, nonostante gli inviti delle autorità a spostarsi presso altre località dopo la prima grave alluvione del 1971, alcuni abitanti rifiutarono di abbandonare le proprie case, continuando a vivere in tale frazione negli anni successivi, fino alla seconda alluvione del 1973, con gravi disagi, considerate le difficoltà a raggiungere la zona. Solamente dopo la calamità del 1973 gli ultimi abitanti si decisero a spostarsi in zone più sicure.

Miti e leggende

Oggi il borgo vecchio è visitato da turisti alla ricerca di una esperienza di viaggio molto particolare, che si rivolge soprattutto agli amanti della natura e del mistero.

Passeggiare per questa città fantasma consente infatti di ammirare le sue strette strade, le cassette che sembrano costruite in precario equilibrio sul precipizio, la chiesetta di San Nicola, recentemente restaurata e alcuni resti delle costruzioni civili dell’epoca. Insomma, un vero viaggio attraverso il tempo che, come tutti i luoghi quasi incantati, è avvolto da molti miti.

Tra i principali, c’è quello secondo cui di notte si sentirebbe delle voci simili a dei lamenti, che altro non sarebbero che i pianti dei bambini che sono andati incontro alla morte precipitando nei tanti crepacci che caratterizzano l’abitato. In tal senso, un altro dei miti più conosciuti di questo borgo è quello secondo il quale i bambini venivano legati alle caviglie proprio per evitare il destino più avverso.

Tra le altre storie più conosciute c’è anche quella del Ghorio di Roghudi, una frazione vicina – anch’essa abbandonata – dove è possibile osservare particolari formazioni rocciose chiamate rocca tu dracu (rocca del drago) e caddareddi. Secondo la tradizione locale, sarebbero fonti di nutrimento del drago, custode di un inestimabile tesoro.

Roghudi oggi

Fin qui, una breve storia che fa ben comprendere quanto sia affascinante il borgo vecchio, oramai fantasma. Oggi, però, Roghudi ha una nuova storia da raccontare. I suoi circa 1000 abitanti vivono infatti in una zona nuova, considerato l’abbandono sostanziale di quella vecchia. Proprio la migrazione ha reso il comune caratterizzato da una peculiarità territoriale molto particolare, valutato che è composto da due porzioni che non solo non sono confinanti, ma sono bensì divise l’una dall’altra da ben 40 km.

La prima delle due porzioni è evidentemente la parte vecchia, di cui abbiamo già parlato, il borgo vecchio, sulle pendici meridionali dell’Aspromonte. A poca distanza troviamo anche la già ricordata frazione di Ghorio, anch’essa abbandonata. La seconda è invece la parte nuova, posta nelle vicinanze di Melito di Porto Salvo, dove si trova la sede comunale e il centro abitato.

Il Parco Nazionale dell’Aspromonte

Insieme ad altri 36 comuni, anche Roghudi è parte integrante del Parco Nazionale dell’Aspromonte, costituendo così una tappa ideale per un percorso alla scoperta di questo affascinante territorio, molto frastagliato e caratterizzato da fiumare, corsi d’acqua brevi, spesso torrentizi, che scorrono su greti sassosi, divenendo più larghi a valle.

La portata delle fiumare è alimentata dai deflussi superficiali dell’acqua piovana: le piogge concentrate nel periodo invernale determinando lo scorrimento impetuoso di questi torrenti nel periodo invernale, formando anche delle suggestive cascate. Durante la primavera e l’estate, invece, la loro portata si riduce progressivamente fino ad esaurirsi del tutto, trasformando le fiumare in secca.

Oltre al borgo di Roghudi, altri borghi antichi che meritano una visita in virtù della loro storia sono quelli di Bova, Gerace, Mammola e San Giorgio Morgeto.

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