Autonomia Differenziata, la guida sulla nuova Legge: cosa è e cosa cambia (davvero) per le Regioni

L'Autonomia Differenziata è Legge di Stato. Cosa è, come funziona, cosa sono i LEP, cosa cambia davvero per le Regioni. Tutto ciò che c'è da sapere

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L’Autonomia Differenziata è Legge dello Stato. Approvato il DL a Montecitorio con 172 sì, 99 voti contrari e 1 astenuto, dopo mesi e mesi di polemiche e dopo una lunghissima nottata. Da ora le Regioni potranno chiedere di decidere in assoluta libertà su una o tutte le 23 materie previste, come stabilito dal secondo comma dell’articolo 116 del Titolo V della Costituzione. Tra queste materie sono previste la tutela della salute, l’istruzione, l’ambiente, lo sport, l’energia, i trasporti, la cultura, il commercio estero. Decidere, si intende, senza passare – almeno totalmente – dal Governo centrale. Insomma, più potere alle Regioni, se e quando lo vorranno.

A tal proposito è bene chiarire da subito che questo provvedimento non obbliga alcun Governatore ad usufruire dei vantaggi dell’Autonomia. Se prima non lo poteva fare, ora può decidere in Autonomia. Ma sempre se lo ritiene necessario. Altrimenti resta tutto come è stato fino ad ora. E questo vale per chiunque, oggi o domani, Governatore di Destra o di Sinistra. La differenza rispetto a prima sta tutta in questo: da adesso le Regioni hanno più Autonomia, e su alcune materie, ma solo se lo vorranno.

Ci sono però dei casi in cui lo Stato potrà sostituirsi alle Regioni, ovvero quando gli enti interessati si rivelino inadempienti rispetto a trattati internazionali o normative comunitarie o vi è pericolo per la sicurezza pubblica o per tutelare unità giuridica e economica. In poche parole, la Regione deve risultare “in regola” su determinate normative, per poter così usufruire dei servizi in autonomia.

Cosa prevede il terzo comma dell’articolo 116

L’articolo 116 della Costituzione, al terzo comma, prevede la possibilità di attribuire forme e condizioni particolari di autonomia alle Regioni a statuto ordinario, ferme restando le particolari forme di cui godono le Regioni a statuto speciale (per Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia non cambia nulla in ogni caso).

L’ambito delle materie nelle quali possono essere riconosciute tali forme ulteriori di autonomia concernono:

  • tutte le materie che l’art. 117, terzo comma, attribuisce alla competenza legislativa concorrente;
  • un ulteriore limitato numero di materie riservate dallo stesso art. 117 (secondo comma) alla competenza legislativa esclusiva dello Stato:
  • organizzazione della giustizia di pace
  • norme generali sull’istruzione
  • tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.

L’attribuzione di tali forme rafforzate di autonomia deve essere stabilita con legge rinforzata, che, dal punto di vista sostanziale, è formulata sulla base di un’intesa fra lo Stato e la Regione interessata, acquisito il parere degli enti locali interessati, nel rispetto dei princìpi di cui all’art. 119 Cost. in tema di autonomia finanziaria, mentre, dal punto di vista procedurale, è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti.

Dall’introduzione di tali disposizioni in Costituzione, avvenuta con la riforma del titolo V prevista dalla legge cost. n. 3/2001 (sotto il governo Amato guidato dai Ds, l’attuale Pd di Elly Schlein, in una coalizione con i Verdi e il Partito di Rifondazione Comunista, l’attuale AVS di Bonelli e Fratoianni), il procedimento previsto per l’attribuzione di autonomia differenziata non ha mai trovato completa attuazione.

L’importanza dei LEP

Il punto centrale, e anche il più discusso, è quello relativo ai LEP, Livelli essenziali di prestazione. 14 delle 24 materie, infatti, è necessario che rispondano ai Lep. L’attribuzione alle Regioni ordinarie delle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, nelle materie di cui all’art. 116, comma 3, è stata espressamente subordinata alla previa determinazione dei relativi LEP, la cui opera di definizione si configura, pertanto, quale passaggio necessario affinché si possa procedere alla stipula delle intese tra lo Stato e le singole Regioni per la realizzazione della loro autonomia differenziata.

Che significa? Che una volta ottenuta l’Autonomia, il Governo dovrà vigilare affinché la Regione mantenga dei livelli minimi. Su cosa? Ad esempio sui posti letto negli ospedali ogni 100 abitanti o sugli asili nido ogni 100 bambini. Se una Regione non riuscirà a garantire questi servizi minimi, dovrà intervenire il Governo.

Il disegno di legge prevede che il trasferimento delle funzioni attinenti a materie o ad ambiti di materie riferibili ai LEP (art. 4), con le relative risorse umane, strumentali e finanziarie, può avvenire, soltanto successivamente alla determinazione dei medesimi LEP e dei relativi costi e fabbisogni standard (art. 3), nei limiti delle risorse rese disponibili in legge di bilancio. Qualora dalla determinazione dei LEP dovessero derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, al trasferimento delle funzioni si potrà procedere soltanto successivamente all’entrata in vigore dei provvedimenti legislativi di stanziamento delle necessarie risorse finanziarie.

Cosa cambia per Province, Comuni e Città Metropolitane: la Regione può trasferire risorse e funzioni ai Sindaci

Per le funzioni relative a materie o ambiti di materie diverse da quelle riferibili ai LEP, il trasferimento può essere effettuato nei limiti delle risorse previste a legislazione vigente. Le funzioni trasferite alla Regione possono essere attribuite, nel rispetto del principio di leale collaborazione, a Comuni, Province e Città metropolitane dalla medesima Regione, in conformità all’articolo 118 della Costituzione, contestualmente alle relative risorse umane, strumentali e finanziarie (art. 6). Per l’individuazione dei beni e delle risorse umane, strumentali e finanziarie necessarie per l’esercizio da parte della Regione delle condizioni particolari di autonomia oggetto di conferimento si dispone l’istituzione di una Commissione paritetica Stato–Regione-Autonomie locali, che ha il compito di formulare proposte in merito. I criteri di determinazione di tali beni e risorse, così come le modalità di finanziamento delle funzioni dovranno essere definiti nell’ambito dell’intesa tra Stato e Regione disciplinata dall’articolo 2 del disegno di legge.

Il finanziamento dovrà, comunque, essere basato sulla compartecipazione regionale ad uno o più tributi erariali (articolo 5). Alla Commissione sono attribuiti anche compiti di monitoraggio: in particolare, questa procede annualmente alla valutazione degli oneri finanziari derivanti, per ciascuna Regione interessata, dall’esercizio delle funzioni e dall’erogazione dei servizi connessi alle ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia. Spetta invece alla Corte dei Conti riferire annualmente alle Camere sui controlli effettuati, con riferimento in particolare alla verifica della congruità degli oneri finanziari conseguenti al trasferimento di competenze nell’ambito del regionalismo differenziato rispetto agli obiettivi di finanza pubblica e al rispetto del principio dell’equilibrio di bilancio ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione (articolo 8).

Le finalità del provvedimento

L’Autonomia Differenziata si compone di 11 articoli. In premessa, sono individuate le finalità dell’intervento legislativo (articolo 1), tra cui si richiamano: il rispetto dell’unità nazionale e il fine di rimuovere discriminazioni e disparità di accesso ai servizi essenziali sul territorio; il rispetto dei principi di unità giuridica ed economica, di coesione economica, sociale e territoriale, anche con riferimento all’insularità, nonché dei princìpi di indivisibilità e autonomia; l’attuazione del principio di decentramento amministrativo; il fine di favorire la semplificazione e l’accelerazione delle procedure, la responsabilità, la trasparenza e la distribuzione delle competenze idonea ad assicurare il pieno rispetto dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza di cui all’articolo 118 della Costituzione, nonché del principio solidaristico di cui agli articoli 2 e 5 della Costituzione.

Inoltre, si stabilisce in principio che l’attribuzione di funzioni relative alle ulteriori forme di autonomia, con riguardo a materie o ambiti di materie riferibili ai diritti civili e sociali che devono essere garantiti equamente su tutto il territorio nazionale, è consentita subordinatamente alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni di cui all’articolo 117, primo comma, lettera m), della Costituzione (LEP), ivi inclusi quelli connessi alle funzioni fondamentali degli enti locali, e nel rispetto dei principi sanciti dall’articolo 119 della Costituzione. Tali livelli indicano la soglia costituzionalmente necessaria e costituiscono il nucleo invalicabile per rendere effettivi i predetti diritti su tutto il territorio nazionale e per erogare le prestazioni sociali di natura fondamentale.

Come cambia il rapporto tra Stato e Regioni

Quando e come una Regione dovrà dialogare col Governo prima dell’approvazione di una delle materie? Le Regioni avranno più autonomia, ma rimane in atto una procedura in cui l’ente deve comunque sentire il Governo. Vediamo come.

Il disegno di legge disciplina il procedimento di approvazione delle “intese” (articolo 2), che la Costituzione, ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, richiede per l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia. In proposito, si stabilisce che l’atto di iniziativa sia preso dalla regione interessata, sentiti gli enti locali, secondo le modalità previste nell’ambito della propria autonomia statutaria. L’iniziativa di ciascuna regione può riguardare la richiesta di autonomia in una o più materie o ambiti di materie e le relative funzioni. Segue il negoziato tra il Governo e la regione per la definizione di uno schema di intesa preliminare.

Più in dettaglio, la richiesta deve essere trasmessa al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, il quale, acquisita la valutazione dei Ministri competenti per materia e del Ministro dell’economia, ed in ogni caso entro i successivi sessanta giorni, avvia il negoziato con la Regione richiedente. Con riguardo a materie o ambiti di materie riferibili ai LEP, il negoziato è svolto per ciascuna singola materia o ambito di materia e, ai fini del suo avvio, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro per gli affari regionali e le autonomie debbono tenere conto del quadro finanziario della Regione interessata. Prima di avviare il negoziato le Camere devono essere informate dal Governo dell’atto di iniziativa.

Lo schema d’intesa preliminare tra Stato e regione, corredato di una relazione tecnica, è approvato dal Consiglio dei ministri: sullo stesso deve essere acquisito il parere della Conferenza unificata da rendere entro sessanta giorni. Trascorso tale termine, lo schema preliminare viene comunque trasmesso alle Camere per l’esame da parte dei competenti organi parlamentari: questi si esprimono al riguardo “con atti di indirizzo”, secondo i rispettivi regolamenti, entro novanta giorni (anziché sessanta, come originariamente previsto) dalla data di trasmissione dello schema di intesa preliminare, udito il Presidente della Giunta regionale interessata.

Alla luce del parere e degli atti di indirizzo, il Presidente del Consiglio o il Ministro predispongono lo schema di intesa definitivo, ove necessario al termine di un ulteriore eventuale negoziato e comunque una volta decorso il termine di novanta giorni. Nel corso dell’esame al Senato è stato aggiunto che, laddove il Presidente del Consiglio dei ministri ritenga di non conformarsi, in tutto o in parte, agli atti di indirizzo, riferisce alle Camere con apposita relazione, nella quale fornisce adeguata motivazione della scelta effettuata.

Per le fasi successive, si prevede l’approvazione dell’intesa definitiva da parte della regione, assicurando la consultazione degli enti locali interessati, e la deliberazione da parte del Consiglio dei ministri dell’intesa definitiva e del disegno di legge di approvazione dell’intesa che è allegata al disegno di legge. Alla seduta del Consiglio dei Ministri per l’esame dello schema di disegno di legge e dello schema di intesa definitivo partecipa il Presidente della Giunta regionale interessata. Il disegno di legge di approvazione dell’intesa e la medesima intesa allegata sono immediatamente trasmessi alle Camere per la deliberazione, ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, il quale configura quella in questione come una legge rinforzata, prescrivendo che ciascuna Camera la approvi a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti.

Le intese devono anche indicare la loro durata (articolo 7), che non può comunque essere superiore a dieci anni. Alla scadenza del termine, l’intesa si intende rinnovata per un uguale periodo, salvo diversa volontà dello Stato o della regione, manifestata almeno un anno prima della scadenza. Ciascuna intesa individua, in un apposito allegato, le disposizioni di legge statale che cessano di avere efficacia, nel territorio regionale, con l’entrata in vigore delle leggi regionali attuative dell’intesa. Con le medesime modalità previste per la loro conclusione, le intese possono essere modificate su iniziativa dello Stato o della Regione interessata, anche sulla base di atti di indirizzo adottati dalle Camere secondo i rispettivi Regolamenti.

Ciascuna intesa potrà inoltre prevedere i casi e le modalità con cui lo Stato o la Regione possono chiedere la cessazione della sua efficacia, che è deliberata con legge a maggioranza assoluta delle Camere. Inoltre, a seguito di una modifica introdotta dal Senato, la cessazione dell’intesa può essere sempre deliberata – sempre con legge a maggioranza assoluta delle Camere – in caso di esercizio del potere sostitutivo da parte dello Stato qualora ricorrano motivate ragioni a tutela della coesione e della solidarietà sociale, conseguenti alla mancata osservanza, direttamente imputabile alla Regione, dell’obbligo di garantire i LEP.

La storia: dal 2001 a oggi, cosa è accaduto

L’idea di Autonomia nasce per la prima volta da chi oggi la contesta, il Centro Sinistra. Già nel 1999 – con D’Alema Presidente del Consiglio – si arriva infatti alla proposta di legge. Due anni dopo, nel 2001 e con Amato alla guida del paese – arriva l’approvazione del testo. Nel 2006 il tema torna centrale, con l’istituzione di un Referendum Costituzionale dove si chiede – tra i vari punti di alcune modifiche chieste dal Centro Destra – l’autonomia delle Regioni su alcune materie. Vincono i “no”, con affluenza di poco più della metà degli elettori del paese.

Negli anni successivi, però, alcune Regioni cominciano a muoversi da sole. Veneto e Lombardia, infatti, fanno da apripista, con un altro Referendum, ristretto ai soli cittadini regionali. In entrambi i casi vincono i “sì”. Siamo nel 2017. Poco dopo segue l’Emilia Romagna, che anche negli anni successivi decide di dare seguito a questa riforma. A guidare la Regione, anche in questo, è un esponente di Centro Sinistra, Stefano Bonaccini.

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