Chissà se qualcuno adesso frigna perchè il Tour de France non passa da Sibari

Il Tour de France smonta in un colpo solo anni di insulsi vittimismi meridionalisti: la partenza dall'Italia e il percorso di quest'edizione dimostrano cos'è il ciclismo (anche a chi non lo sa)

StrettoWeb

Oggi il Tour de France parte da Firenze: un omaggio alla grande tradizione del ciclismo italiano, per un’edizione della Grand Boucle che ha grandi tinte tricolori: sono in Italia le prime tre tappe e mezzo, tra l’altro tutte molto impegnative e difficili per i big della corsa, in luoghi simbolo della storia del grande ciclismo per onorare gli eroi azzurri di questo sport quali Gino Bartali, Fausto Coppi e soprattutto Marco Pantani. Si correrà sulle strade del Pirata già nel finale della prima tappa, e poi si parte da Cesenatico per la seconda – con arrivo a Bologna – dove i big si esibiranno sulle dure salite finali dopo aver commemorato il grande campione romagnolo transitando dal Museo e dal Cimitero.

Poi nel finale ci saranno altre 4 tappe al confine con l’Italia: tre arrivi sulle Alpi a pochi metri dai valichi piemontesi, e la cronometro finale da Monte Carlo a Nizza a pochissimi chilometri dal confine con la Liguria.

Il Tour de France, quindi, parte dall’Italia, si conclude a Nizza, non sfiora neanche Parigi per la prima volta nella storia e ignora totalmente una buona parte del Paese, celebrando però il nostro di Paese.

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Chissà se anche in Francia ci sono comunità vittimiste e paranoiche con la sindrome dei meridionali d’Italia. Chissà se c’è qualcuno che fa polemiche perchè quest’anno non può vedere il Tour dal giardino di casa, “ma va in Italia, all’estero, che senso ha“?. Così abbiamo reagito in Italia quando il Giro è partito da Danimarca, Ungheria, Paesi Bassi. E invece per il Tour la grande partenza in Italia è una festa straordinaria.

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E chissà se al Sud c’è qualcuno che frigna se anche il Tour passa al Sud: sarà il solito “complotto dei poteri forti“, quelli che “dopo averci strappato il Giro ci tolgono anche il nostro Tour“, cioè i soliti “leghisti nordisti che hanno imposto le loro insignificanti e grigie città di nebbia privando di questa gioia le nostre splendide metropoli culla della civiltà“.

Al Sud, se le cose non vanno è sempre colpa di qualche altro. E se per un anno il Giro d’Italia non passa in Calabria o in Puglia o in Sicilia, apriti cielo. Con buona pace delle Regioni del Nord che in tempi recenti non hanno visto il Giro per sei anni consecutivi (vedi la Liguria) senza battere ciglio, mentre il Giro passava più volte nelle Regioni del Sud.

Quella del Tour è un’occasione straordinaria: aprire gli occhi, ragionare, contare a dieci prima di blaterare le solite fandonie. Così la prossima volta che il Giro non toccherà tutte le città, potremo evitare la solita brutta figura del provincialismo secondo cui “che Giro d’Italia è se non passa da casa mia?“.

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