Passate le elezioni Europee l’argomento previdenziale ritorna, seppure a fatica, sulle pagine dei giornali e nelle dichiarazioni dei politici con una prospettiva che possiamo definire in chiaro/scuro. Sicuramente dopo l’estate che speriamo ancora una volta possa dare una spinta al nostro PIL in modo che possa arrivare almeno all’1% di incremento sull’anno precedente, l’argomento pensionistico diventerà preponderante anche perché vanno in scadenza alla fine dell’anno i tre istituti che riguardano il pensionamento anticipato come Quota 103, Opzione Donna e Ape Sociale su cui l’Esecutivo dovrà necessariamente intervenire. Su questo argomento della previdenza c’è da considerare una interessante novità rappresentata dal CNEL.
Il Consiglio Nazionale dell’economia e del lavoro già dal mese di febbraio ha costituito un gruppo qualificato di lavoro composto da accademici, rappresentanti delle parti sociali e da esperti del settore impegnati nell’approfondimento di quattro tematiche come la previdenza obbligatoria, quella delle casse professionali, quella complementare ed infine sulla contribuzione obbligatoria i cui risultati saranno resi noti entro la fine di luglio. In seguito entro il mese di ottobre, in tempo per la presentazione della Legge di Bilancio, il medesimo gruppo metterà a punto un’ipotesi di nuova riforma previdenziale che potrebbe, almeno in parte, essere presa in seria considerazione da parte dell’Esecutivo e renderla operativa a partire dal 1° gennaio 2025.
Non esiste ancora, ovviamente, alcun documento ufficiale ma dalla prime indiscrezioni sembra che la proposta preveda la cancellazione delle Quote (100, 102, 103) che hanno contraddistinto questi ultimi anni per istituire una flessibilità in uscita che vada dai 64 anni a 72 operando una modifica dei coefficienti di trasformazione implementati, ovviamente, se si resterà più anni nel mondo del lavoro. Inoltre, ci sarebbe anche un peggioramento dei requisiti per accedere alla pensione di vecchiaia dove al mantenimento dei 67 anni per il pensionamento ordinario sarebbero necessari almeno 25 anni di contribuzione e non più 20.
Oltre a questa proposta, che quando sarà formulata in maniera ufficiale non è assolutamente vincolante per il Governo che potrebbe sia accettarla in parte che completamente cassarla, vi è sul tappeto la proposta portata avanti dalla Lega con Salvini e Durigon che già prima delle elezioni europee avevano riproposto i famosi “41 anni per tutti” per poter accedere al pensionamento indipendentemente dall’età anagrafica, ma in questo caso con tutto il calcolo effettuato col sistema contributivo più penalizzante di circa il 15%.
È un discorso che riguarda i costi del Bilancio dello Stato perché, se da un lato stiamo assistendo ad un exploit per quanto riguarda le persone occupate in Italia che rappresentano un record mai raggiunto è anche vero che per il deficit e il debito eccessivo stiamo ricevendo una procedura d’infrazione da parte dell’UE che costringerà l’Esecutivo a varare una Legge di Bilancio in cui le spese dovranno essere affrontate con cautela.
Altro aspetto da considerare quello che riguarda i giovani che a causa di carriere molto frammentate e discontinue e soprattutto all’inizio con retribuzioni molto basse saranno costretti a rimanere nel mondo del lavoro oltre i 70 anni di età e con pensioni che arriveranno al 50% del loro stipendio. Un intervento come potrebbe essere una pensione di garanzia nei confronti delle giovani generazioni è auspicabile nell’ambito di una riforma previdenziale non più rinviabile per superare la troppa rigidità imposta dalla Legge Fornero.