In carcere per essersi difeso dai ladri, i legali di Putortì avv. Dieni e Condipodero: “basiti dalla scelta del giudice, ha ribaltato i fatti, la legge non prevede questo”

Giulia Dieni e Maurizio Condipodero, gli avvocati difensori di Francesco Putortì, ai microfoni di StrettoWeb illustrano il quadro surreale della vicenda giudiziaria del macellaio di Oliveto in carcere da 7 giorni perchè "colpevole" di essersi difeso dai ladri sorpresi nella propria abitazione

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Il dramma di Francesco Putortì, arrestato per essersi difeso: intervista agli avvocati Giulia Dieni e Maurizio Condipodero
StrettoWeb

Gli avvocati Giulia Dieni e Maurizio Condipodero, che hanno in carico la difesa di Francesco Putortì, parlano per la prima volta e lo fanno ai microfoni di StrettoWeb in una lunga intervista in cui esprimono tutto lo sgomento per la convalida dell’arresto in carcere del loro assistito, il macellaio che sarebbe colpevole – secondo l’accusa pienamente sposata dal Gip – di essersi difeso dai ladri in casa propria.

Il caso sta facendo grande scalpore, a Reggio Calabria e non solo. La comunità di Oliveto ha avviato una raccolta fondi e domani sera scenderà in piazza, nella frazione sulle colline della città, per esprimere la propria solidarietà nei confronti di questa brava persona, totalmente incensurato, che da sette giorni è ristretto nella prigione di Arghillà dopo che lunedì scorso si è difeso dai ladri che avevano fatto irruzione in casa propria, e lo avevano persino aggredito.

No, la legge italiana non prevede assolutamente che chi si difende dai ladri finisca in galera” chiariscono subito gli avvocati, precisando che “ovviamente c’è un tema di proporzione, non è che se vedi un ladro a distanza gli spari col bazooka facendolo cenere. Quello non è consentito, ma non è questo caso. Qui siamo allibiti dalla scelta del giudice, che ha sposato in pieno la tesi del Pm. Addirittura Francesco è accusato di omicidio volontario, come se fosse uscito di casa e avesse ammazzato volutamente il primo che ha incontrato. E questa tesi, totalmente fantasiosa, viene confermata dal paventato rischio di reiterazione del reato. Viene totalmente ignorato che tutto nasce da una rapina, che ci sono due ladri che prima irrompono in una proprietà privata, poi aggrediscono il proprietario che giustamente si difende come può, con un banale coltello di cucina. Che doveva fare, lasciarsi ammazzare? E no, non poteva neanche scappare. Dove sarebbe dovuto andare? Fuori c’erano i complici, nell’unica possibile via di fuga. La legge sulla legittima difesa garantisce reazioni di questo tipo, assolutamente proporzionate al tipo di furto e aggressione ricevuta. Francesco ha avuto paura, l’ha detto subito, ha fatto rumore proprio per farsi sentire, voleva soltanto mettere in fuga i ladri che però l’hanno aggredito e a quel punto si è dimenato con il coltello con l’unico obiettivo di difendersi, in modo tra l’altro istintivo. Non li ha mai rincorsi, non li ha mai colpiti alle spalle, è successo tutto in pochi secondi in una colluttazione in un ambiente molto piccolo. Invece il giudice ha scritto che Putortì è stato l’aggressore, ha ribaltato la verità, anche in udienza ha denotato molta acredine. Confidiamo nel Tribunale della Libertà, quantomeno affinché il signor Putortì esca dal carcere e poi sarà il processo a fare chiarezza…” spiegano nell’intervista Dieni e Condipodero.

Gli avvocati hanno anche ricostruito, in modo rapido e rudimentale, “per quanto nelle nostre possibilità“, il percorso criminale della banda di ladri catanesi “che a Oliveto e nella zona aveva compiuto almeno altre tre rapine. Hanno tutti numerosi precedenti e fanno parte di organizzazioni criminali catanesi: perchè la Giustizia non ha pensato ai rischi che Putortì e la sua famiglia potrebbero correre come vendetta da parte di questa organizzazione criminale? Nessuno ha pensato ad una forma di protezione nei confronti della famiglia, si sono solo concentrati sull’ipotesi che avrebbe commesso un omicidio volontario e un tentato omicidio volontario, addirittura, e invece i ladri non sappiamo neanche se sono indagati. Si indaghi sui ladri, si cerchi di ricostruire perchè sono andati proprio lì, se sapevano che c’erano le armi – che Francesco deteneva regolarmente, avendo la totale fiducia dello Stato – e quindi a cosa gli sarebbero servite quelle armi. Anziché accanirsi sulla vittima della rapina, il signor Putortì appunto, si scavi per colpire i criminali, i delinquenti, i nemici dello Stato, tutelando le persone per bene come Francesco e la sua famiglia. Anche perchè ancora non c’è neanche l’autopsia sul ladro morto, quindi non possiamo correlare il decesso alla colluttazione. Ci sono tante ipotesi possibili, noi ci batteremo per ottenere giustizia“.

Il dramma di Francesco Putortì, arrestato per essersi difeso: intervista agli avvocati Giulia Dieni e Maurizio Condipodero
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