Reggio Calabria, al Comune arriva la Commissione d’Accesso. Panico in consiglio: “adesso che facciamo?”

La notizia arriva direttamente da Roma: al Comune di Reggio Calabria arriverà la Commissione d'accesso prefettizia dopo quanto emerso nell'inchiesta "Ducale". Tra gli indagati per scambio elettorale politico - mafioso c'è anche il Sindaco Giuseppe Falcomatà

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La notizia che arriva da Roma non lascia spazio ad interpretazioni equivoche: a seguito della maxi inchiesta Ducale, al Comune di Reggio arriverà la Commissione d’Accesso prefettizia per accertare l’eventualità di scioglimento del consiglio e dell’Amministrazione comunale. Non si tratta di una scelta, bensì di un atto dovuto da parte del Ministero dell’Interno, assolutamente scontato e consequenziale rispetto all’inchiesta della Procura della Repubblica di Reggio Calabria che martedì scorso ha portato a 14 arresti e oltre 20 indagati con la gravissima accusa di scambio elettorale politico-mafioso che riguarda, tra gli altri, persino il Sindaco Giuseppe Falcomatà e il consigliere comunale del Partito Democratico Giuseppe Sera.

Di fronte a questo scenario, non c’è scelta: l’arrivo della commissione d’accesso è una scontata formalità prevista dalle leggi dello Stato. Soltanto chi la scorsa settimana ha sottovalutato l’entità dell’inchiesta e la gravità delle accuse si può oggi sorprendere di fronte a questo scenario, che ha già scatenato il panico a Palazzo San Giorgio.

Cos’è la commissione d’accesso e cosa farà al Comune di Reggio Calabria

La commissione d’accesso di nomina prefettizia, svolge un’attività d’indagine sull’operato dell’amministrazione locale, valutando la consistenza degli elementi sui quali fondare la proposta di scioglimento comunale, rappresentati dai vizi e dalle anomalie dell’azione amministrativa dell’ente. E’ il primo passo per arrivare – eventualmente – allo scioglimento dell’ente. La commissione, al termine dei lavori, redige una relazione diretta al Prefetto che, a sua volta, invia un rapporto al Ministro dell’Interno, affinché valuti l’opportunità di giungere ad uno scioglimento.

Alla relazione prefettizia, nel caso di riscontro di elementi che integrino gli estremi dello scioglimento, segue l’emanazione, da parte del Presidente della Repubblica, del decreto che dispone lo scioglimento dell’Ente. Tale decreto viene emanato dal Capo dello Stato su proposta del Ministro dell’Interno, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. Il decreto stesso viene trasmesso contestualmente alla sua emissione alle Camere e conserva i suoi effetti “per un periodo da 12 a 18 mesi prorogabili fino ad un massimo di 24 mesi in casi eccezionali” (tra cui, appunto, quello già accaduto a Reggio Calabria tra 2012 e 2014).

Il rischio di un nuovo scioglimento a Reggio Calabria e il precedente del 2012

Tra le evidenze che la commissione d’accesso deve accertare per la sussistenza o meno dello scioglimento comunale, in Tuel (Testo Unico degli Enti Locali) prevede che ci sia anche il “Condizionamento delle consultazioni elettorali”. La norma recita esplicitamente “il reato di scambio elettorale politico – mafioso”, previsto dall’articolo 416-ter del codice penale, fin qui già richiamato in più di un’occasione nell’applicazione della normativa sullo scioglimento dei consigli comunali. E si tratta proprio della fattispecie di reato di cui sono accusati il Sindaco Giuseppe Falcomatà e il consigliere comunale della sua stessa maggioranza e del Partito Democratico Giuseppe Sera. Le ultime consultazioni elettorali reggine, inoltre, sono state palesemente condizionate dai brogli elettorali volti proprio a favore di Castorina (Pd) e Sera (Pd), entrambi del partito del Sindaco. Brogli già ampiamente documentati in due inchieste della Procura: in base alla normativa, sarebbero già bastate quelle per decretare lo scioglimento di un consiglio comunale palesemente illegittimo. Ma quando è esploso lo scandalo di Castorina (arrestato a marzo 2021, pochi mesi dopo le elezioni), perchè si era fatto votare persino dai morti con un sistema di scrutatori amici e complici, a Roma c’era un altro governo con il Pd che evidentemente riuscì a bloccare l’arrivo della commissione d’accesso. Stavolta non è così.

Un altro elemento che la commissione d’accesso dovrà analizzare riguarda “Funzionari e dipendenti pubblici” eventualmente compromessi. E nell’inchiesta Ducale c’è il caso della dirigente Fedora Squillaci, che gestisce il caso del figlio del boss Araniti – dipendente comunale che dovrebbe licenziare – non in base ai canali istituzionali ma chiamando direttamente al referente della cosca che gli indica la soluzione: evitare il licenziamento affinché venga spostato nella struttura comunale del Pd. Come poi sarà.

Il panico odierno a Palazzo San Giorgio: lo spettro dell’incandidabilità

In queste ore a Palazzo San Giorgio s’è scatenato il caos. Qualche consigliere è stato avvistato mentre correva tra i corridoi con le mani nei capelli. Qualche altro, che i capelli non ce li ha, ha iniziato a balbettare nella diretta streaming dell’ennesima commissione. Il panico è generalizzato e riguarda tutti: l’Amministrazione in primis, ovviamente, ma anche l’opposizione. Ad essere tranquilli sono davvero in pochi. Oltre al rischio, molto concreto, di veder compromesso il lauto stipendio (che in realtà è molto ricco soltanto per Sindaco, vice Sindaco e Assessori), con l’arrivo della commissione d’accesso incombe lo spettro dell’incandidabilità. L’art. 143 c. 11 TUEL, infatti, prevede l’incandidabilitàper gli amministratori che, con il loro comportamento, abbiano contribuito allo scioglimento dell’organo consiliare a causa di infiltrazioni criminali all’interno dell’istituzione locale“. Il precedente del 2012 è vivido nella mente di tutti: non si tratta di una mannaia che pende soltanto sulle teste di Falcomatà e Sera, già indagati nell’inchiesta Ducale, ma per tutti i consiglieri e gli assessori. Basta una lontana parentela o anche una piccola leggerezza commessa in passato in buona fede per vedersi marchiati come incandidabili. E’ già successo e succederà ancora: è il metodo della commissione d’accesso che arriva per ripulire, potremmo dire rastrellare, senza particolare attenzione ai dettagli. Ecco perchè stanno tremando un po’ tutti. Il rischio concreto è che un’intera classe dirigente venga letteralmente azzerata. E – visti i risultati politici dell’ultimo decennio – non è detto che sia un male per la città; a meno che la conseguenza non sia quella di vedere poi abbassare ulteriormente il livello.

L’ipotesi delle dimissioni di Falcomatà per evitare tutto questo

Che Falcomatà si possa dimettere per senso dello Stato e delle Istituzioni dopo l’ennesima grave inchiesta giudiziaria e le telefonate confidenziali in cui chiede aiuto al referente della ‘ndrangheta per vincere il ballottaggio, è da escludere totalmente. Che si possa dimettere per l’interesse della città, evitando l’arrivo dei commissari e il conseguente blocco di ogni tipo di attività, è altrettanto illusorio conoscendo il soggetto. L’unica reale possibilità che il Sindaco faccia davvero un passo indietro è per un interesse personale e politico, suo e dei suoi compari. Insomma, deve convenirgli. E se le dimissioni alla fine saranno l’unico modo per evitare l’incandidabilità, allora sì che potrà compierle davvero. E’ quello che inizia a circolare nei corridoi della politica cittadina in queste ore, non solo da parte delle opposizioni, ma anche nelle fila della maggioranza. “Solo Falcomatà ci può salvare, dimettendosi prima dello scioglimento” confidano i più astuti. Ovviamente aspetterà l’ultimo momento utile, anche perchè l’arrivo della commissione d’accesso cristallizza l’attività dell’Amministrazione ma non ferma gli stipendi. Non sarà un dramma: arriveremo in ogni caso a ridosso della fine della consiliatura. Ma in questo modo tutti si potranno ricandidare e la città tornerà al voto nel 2025, probabilmente già in primavera, tra meno di un anno. E Falcomatà, stavolta, non potrà più essere della partita avendo già compiuto due mandati. Evitando lo scioglimento, però, potrà comunque ricandidarsi in seguito altrove (regionali?), anche se appare molto difficile che il Pd possa presentarlo nuovamente dopo questo grave scandalo così compromettente. Se romperà con il Pd, però, potrebbe andare per conto suo, con una delle liste che lo hanno sempre accompagnato (La Svolta, Reset, etc. etc.). In caso di scioglimento, invece, non gli resterebbe che quel posto da impiegato semplice al Comune di Milano per cui aveva vinto il concorso qualche anno fa.

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