Tra i nomi di spicco della politica – relativi alla maxi inchiesta della Procura di Reggio Calabria sullo scambio elettorale politico-mafioso alle ultime elezioni comunali del 2020 e alle elezioni regionali di 2020 e 2021 – c’è anche quello di Giuseppe Neri, Consigliere Regionale di Fratelli d’Italia. Secondo la Procura, ha ricevuto i voti della ‘ndrangheta e in particolare della cosca Araniti, in cambio di nomine negli anni successivi, dopo l’elezione.
In tutta la vicenda, come emerge dalle carte dell’ordinanza, figura centrale risulta essere Daniel Barillà, genero di Domenico Araniti, “in qualità di partecipe e di collaboratore del capo cosca e proprio suocero, Domenico Araniti; presenziava ai summit ed alle riunioni operative del sodalizio; manteneva i rapporti con i rappresentanti delle istituzioni e della politica; raccoglieva voti in occasione delle consultazioni elettorali in favore dei candidati sostenuti dal sodalizio, stringendo patti elettorali politico mafiosi; agevolava l’infiltrazione della cosca nel tessuto socio economico ed istituzionale del territorio di riferimento; portava ambasciate e veicolava informazioni tra i sodali; forniva suggerimenti agli accostati per eludere i controlli delle forze dell’ordine”.
Nel raccontare cronologicamente i fatti che hanno coinvolto Neri, partiamo da Barillà proprio perché è intorno a lui che ruota tutto. I motivi? Viene definito uno “stratega” della politica, amico del PD reggino e di Mimmetto Battaglia, figura di spicco del partito in città. PD che, tra l’altro, è stato per una vita il partito di Neri, passato poi in Fratelli d’Italia da qualche anno. “Il Barillà – si legge nell’ordinanza – risulta essere, infatti, figura politica di lungo corso (un politico navigato, un abile stratega e capace di fare determinati giochi politici, come pongono in evidenza gli stessi PP.MM.), ben inserito nel contesto politico territoriale, con una capillare rete di rapporti e legami, come emerge già dagli atti di indagine del procedimento Mammasantissima ed in particolare dalle vicende che caratterizzarono i tesseramenti al circolo del PD “Gallico-Sambatello” presente sul territorio di competenza della cosca Araniti che vide un importante incremento degli iscritti proprio con il coinvolgimento di fatto nella direzione di tale circolo dello stesso Barillà, fatto che destò particolare scalpore anche mediatico tanto che l’allora coordinatore provinciale del Pd dovette annullare i tesseramenti”.
“Si capisce che il Barillà è legato storicamente alla figura di Domenico Battaglia del PD, come emerge dalle conversazioni captate nel procedimento “Mammasantissima” ed in particolare dalla viva voce del noto politico locale: Sebastiano Romeo, detto Seby, nell’interesse del quale per le regionali del 2014 ha svolto una decisiva e incisiva campagna elettorale (vedremo come dietro la decisione del Barillà di appoggiare il Sera per le comunali del 2020 si sia mosso proprio lo stesso Battaglia che interveniva anche successivamente, unitamente allo steso Sera e al Kangas, per “gettare” le basi per le future regionali cercando di svincolare del tutto il Barillà dal Neri)”.
“Egli, il Barillà, è un politico fortemente “corteggiato” da più parti, da più schieramenti politici, perché capace di movimentare un apprezzabile numero di consensi elettorali nella Provincia di RC e non solo nei territori che controlla la famiglia di ‘ndrangheta, ossia Domenico Araniti, al quale è legato da vincoli di affinità (le vicende relative alle regionali 2020 e 2021 e comunali reggine 2020 ne sono la piena riprova)”.
L’offerta di Seby Romeo a Barillà di candidarsi per le comunali reggine 2014, perché “gli avrebbe fatto piacere”
“Le stesse risultanze facevano altresì emergere – si legge sempre in relazione alla figura di Barillà – come Seby Romeo, ancor prima di tale vicenda e delle questioni che nello stesso periodo si posero in relazione alla individuazione del luogo dove far votare gli appartenenti al circolo Gallico Sambatello per le primarie del PD relative alle regionali 2014, avesse offerto proprio al Barillà di candidarsi per le comunali reggine 2014 perché gli avrebbe fatto “piacere” averlo in consiglio, proposta che tuttavia lo stesso Barillà aveva rifiutato. E analoga proposta, di candidarsi alle comunali, gli era stata rivolta dallo stesso Segretario Chirico che si lamentava con Seby Romeo di non aver un candidato da proporre stante il rifiuto del predetto Barillà”.
“Il Barillà si opponeva alla richiesta del Romeo di far fare al Circolo una nota a chiarimento/smentita, prospettando al segretario Chirico che in caso contrario, ove avesse fatto tale nota/smentita, avrebbe convocato l’assemblea degli scritti per la relativa questione: sembrano ordinarie dinamiche che non fanno emergere affatto aspetti di condizionamento mafioso”.
Regionali 2014, “i voti raccolti per Battaglia e gli incarichi istituzionali”
Torna spesso, nelle risultanze, la figura di Mimmo Battaglia: “Risulta altresì, dalle recenti investigazioni, come per le regionali 2014 il Barillà e il suo gruppo elettorale abbiano fatto raccolta di voti per Battaglia consentendogli, a quanto pare, l’elezione e ci sono anche elementi per ritenere che Barillà abbia avuto incarichi istituzionali dallo stesso Battaglia (Conferenza Permanente Interregionale). Vedremo anche come dietro la proposta di nomina come liquidatore di una società a partecipazione pubblica, che la pubblica accusa ritiene frutto di promessa nelle dinamiche di scambio contestate nel presente procedimento, fatta successivamente alle elezioni comunali 2020, si sia mosso anche Battaglia, il gruppo del Pd reggino, con il chiaro intento da parte dello stesso PD di svincolare Barillà da Neri e di assicurarsi la sua forza elettorale per le future competizioni, che è una forza elettorale che va ben oltre i confini territoriali che la famiglia Araniti controlla e assoggetta al suo potere mafioso”.
Cosa viene imputato a Neri
Arriviamo così a Neri. Per che cosa è indagato il Consigliere di Fratelli d’Italia? Neri, “candidato alle elezioni per il rinnovo del Consiglio Regionale della Calabria del 2020 e del 2021, accettava la promessa di procurare voti in suo favore da parte di soggetti appartenenti all’associazione mafiosa denominata ndrangheta e, più precisamente, alla sua articolazione territoriale denominata cosca Araniti, operante prevalentemente all’interno del territorio urbano di Reggio Calabria e, in particolare, a Sambatello e nelle aree limitrofe, e comunque da parte di soggetti che ne rappresentavano la volontà poiché autorizzati dal capocosca Araniti Domenico “il Duca”, anche utilizzando le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 416-bis c.p”.
Come? “Minacciando coloro che facevano campagna elettorale in favore di altri candidati [come, ad esempio, in occasione delle minacce rivolte da Daniel Barillà, Ignazio Borruto e a Stefano Bivone (Presidente provinciale della Coldiretti di Reggio Calabria), nonché di altra persona titolare di una scuola guida reggina, per indurli a non votare il candidato concorrente Domenico Creazzo ed orientare il loro consenso elettorale verso il candidato Giuseppe Neri]; ed ai fini predetti lo stesso Neri si accordava con Daniel Barillà, esponente della cosca Araniti, dedito all’infiltrazione del settore politico-istituzionale, che operava su mandato e con la supervisione del capocosca Domenico Araniti “il Duca”, e con il supporto dei sodali Paolo Pietro Catalano e Ignazio; nonché di Sergio Rugolino (soggetto a disposizione della cosca, ingaggiato allo scopo dal Barillà), mediante i quali veniva attuata la promessa di raccogliere voti”.
L’obiettivo di Neri, secondo quanto emerge dalle carte, non era prettamente partitico, e cioè di portare più voti possibili al proprio partito – Fratelli d’Italia – ma di minacciare alcuni personaggi per indurli a non votare il candidato concorrente della stessa lista, Domenico Creazzo, poi eletto Consigliere Regionale con la Giunta Santelli ma arrestato poco dopo per l‘inchiesta Eyphemos. I due erano i principali candidati di Fratelli d’Italia in Consiglio Regionale e Neri ha fatto di tutto affinché alcune persone a lui vicine non votassero Creazzo.
“Ciò – si legge – in cambio dell’erogazione e della promessa di varie utilità, tra le quali:
- il conferimento (con Delibera n. 12 del 12.11.2020 della “Conferenza permanente interregionale per il coordinamento delle politiche nell ‘Area dello stretto-Ufficio di Presidenza”, a firma di Giuseppe Neri) dell’incarico di professionista esterno per la redazione di un progetto di Piano per lo sviluppo infrastrutturale e della mobilità nell’Area dello Stretto in favore di Daniel Barillà;
- la promessa fatta a Catalano di garantire opportunità lavorative per l’avv. Alessandro Serraino;
- la promessa di ottenere un posto di lavoro presso l’ATAM di Reggio Calabria, a favore di Santo Delfino (che aveva partecipato al concorso pubblico per 30 nuovi assunti, indetto del 2020 dall’ATAM — Azienda Trasporti per l’Area Metropolitana di Reggio Calabria — per l’assunzione di “operatori d’esercizio” CCNL Autoferrotranvieri, le cui prove si erano concluse il 20.02.2020), sodale di Sergio Rugolino; nonché in cambio della più ampia disponibilità a soddisfare gli interessi e le esigenze dell’associazione mafiosa e della sua articolazione territoriale denominata cosca Araniti. Fatto aggravato, poiché il candidato Giuseppe Neri, in esito alle condotte sopra citate, risultava eletto nelle consultazioni per il rinnovo del Consiglio Regionale della Calabria del 2020 e del 2021″.
“Neri era consapevole che dietro Barillà ci fosse Araniti”
Secondo l’accusa, Neri sapeva chi fosse Araniti e cosa facesse. “Neri era perfettamente consapevole del fatto che dietro le grandi manovre politiche di Barillà vi era il suocero Araniti “il Duca”, poiché lo aveva appreso direttamente da Barillà. Difatti, lo stesso Neri nel commentare le giustificazioni dategli da Barillà per il sostanziale rifiuto di raccogliere voti a favore del candidato Luigi Dattola, raccontava a Mario Iannò, suo fedelissimo, di aver appreso, direttamente da Barillà, che tale scelta era stata decisa dal suocero”.
In tutta questa storia, come detto su, poco importa della politica, dello schieramento e del partito. “Le strategie della cosca Araniti durante le varie tornate elettorali oggetto di indagini hanno un minimo comune denominatore: la fluidità che si adatta al contesto politico maggiormente favorevole”, si legge nell’ordinanza.
“Non deve sorprendere quindi che, pur essendo lo stesso Barillà associato tradizionalmente al centrosinistra reggino, nel corso della campagna elettorale per le elezioni regionali del 2020, e poi in modo meno evidente nel 2021, diventi uno dei protagonisti del procacciamento di voti a favore di Neri, candidato per il partito Fratelli d’Italia. D’altronde, come visto nella trattazione delle vicende relative al circolo del PD di Gallico-Sambatello, la conoscenza con quest’ultimo era risalente e lo stesso Neri era stato a capo del medesimo circolo (quale commissario) fino al 2018, per poi passare al centrodestra. Astutamente, nel medesimo contesto elettorale e per non rovinare i suoi tradizionali rapporti con il centrosinistra, lo stesso Barillà non negava il suo appoggio, seppur in modo molto limitato rispetto a quello di Neri, al candidato del PD”, Mimmetto Battaglia.
Lo scambio politico-mafioso
Così entra in gioco lo scambio al centro dell’indagine, con intercettazioni che coinvolgono la figura di Paolo Pietro Catalano. “Di assoluto rilievo sono le conversazioni tra Neri e lo stesso Catalano, durante le quali quest’ultimo chiedeva esplicitamente di sistemare un suo amico fraterno, da coinvolgere nella campagna elettorale a favore del politico, ossia Alessandro Serraino (nipote del defunto Francesco Serraino alias “il re della montagna”); richiesta cui seguiva la promessa illecita di Neri: (Paolo Catalano: “gli dico di darci una mano e poi si vedrà per una logica di lavoro” e Neri risponde “ma quello… vado e mi siedo io e gli parlo io…”). Sul punto c’è un’altra conversazione, tra Barillà e Catalano, in cui “Barillà ribadiva che Neri, una volta eletto, si sarebbe messo a disposizione e che anzi Catalano avrebbe dovuto fare da collettore tra quest’ultimo e i soggetti da ricompensare”.
Ulteriori elementi emergono dalla conversazione tra Neri e Luigi Dattola, “incentrata, principalmente, sulla possibilità di conquista dei seggi da parte del partito Fratelli d’Italia e sulla vittoria come capolista da parte del Neri. In tale contesto, il Dattola chiedeva al suo interlocutore conferma del fatto che fossero andati a Sambatello (“poi siete andati a… a Sambatello, poi siete andati, domenica mi diceva”) e questi rispondeva positivamente specificando che l’accordo per i voti di quel territorio fosse già chiuso proprio con Barillà (“è già chiusa con Daniel”). Acquisita detta notizia il Dattola, ben conscio della rilevanza degli Araniti, ricordava Neri in modo emblematico: “eh vedi questi sono importanti, questi non votano più a Battaglia”, con un chiaro riferimento a un gruppo, quello di Sambatello, che non poteva esaurirsi con il solo Barillà; espressione cui seguiva la pronta e sicura risposta di Neri, convinto dell’appoggio della cosca di Sambatello e del relativo potenziale elettorale: “certo… no, questi… guarda te lo dico ad occhi chiusi, mille voti” tra “Reggio e provincia, ma proprio perché li conosco”.
Lo “scontro” tra Neri e Creazzo
Sancito questo “patto”, come rivela l’accusa, si entra pienamente “dentro” lo scambio politico mafioso: in pratica, i candidati sono entrambi consapevoli di essere appoggiati da cosche mafiose. Elemento centrale è lo scontro tra Neri e Antonino Creazzo, fratello di Domenico, dove – si legge – “ognuno inviterà l’altro a rispettare i confini elettorali fissati anche dall’intervento delle rispettive cosche di supporto, gli Araniti per Neri e gli Alvaro per Creazzo, così dimostrando di essere pienamente consapevoli che la campagna elettorale dei due candidati era dominata dall’intervento delle citate consorterie mafiose”.
All’inizio della conversazione tra i due, entrambi “si accusano di aver chiesto l’aiuto di “determinate persone, di una certa maniera…” provenienti dai territori di Catona e Sambatello, con chiaro riferimento agli appartenenti alla criminalità organizzata ‘ndranghetista operante in quelle zone, per poi arrivare alle accuse specifiche fatte da Antonino Creazzo a Neri di aver oltrepassato i limiti, arrivando a minacciare con metodo mafioso il suo amico Bivone per indurlo a non sponsorizzare il candidato Domenico Creazzo e votare Neri, nonché di utilizzare metodi antidemocratici per favorire Neri a Bagnara, anche chiedendo di segnare i voti in suo favore”.
“Nino Creazzo, in sostanza, accusa Neri del fatto di essere sostanzialmente il concorrente morale delle minacce subite da Bivone da parte di due uomini “di una certa maniera”, uno proveniente da Catona, ossia Borruto, e uno da Sambatello, ossia Barillà (“si, si, uno di Catona e un altro di Sambatello”) e Neri, senza negare le accuse fattegli, replica a Creazzo evidenziando il fatto che anche quest’ultimo aveva fatto ricorso ad una persona di Sambatello per fare campagna elettorale in favore del proprio fratello, soggetto poi individuato in Carmelo Trapani”.