Il G7 a Reggio Calabria l’ennesima “perla ai porci” in una città che merita solo sagre di paese

Il G7 a Reggio Calabria è finito, qualche considerazione a margine dopo due giorni di isterica follia: la pancia delirante di una città smarrita

StrettoWeb

Non c’è niente da fare. Questa città non merita davvero nulla. Sono solo “perle ai porci“, e mai riferimento fu più azzeccato. A Reggio Calabria la gente parla, sparla, blatera e vomita fango contro tutto e tutti. Ad alcuni neanche il G7 è andato giù: le contestazioni sono raccapriccianti e danno il senso di un provincialismo medioevale. Con l’aggravante di dilagare sui social, e quindi online, fornendo all’esterno l’immagine peggiore che una città possa dare di sé.

Il problema, secondo i grandi intellettuali riggitani, è stato quello dell’imponente macchina di sicurezza. Eccessiva. La gente si è lamentata perchè ieri il Lungomare è rimasto qualche ora chiuso al traffico, e quindi i nostri scienziati non potevano arrivare con la macchina a fianco la panchina dove sono soliti poggiarsi per la loro gara di rutti serale. Ad altri ha infastidito la presenza delle forze dell’ordine ad ogni incrocio; ancor più fastidio la sfilata di Ministri su corso Garibaldi e Lungomare. “Cosa ci vengono a fare, cosa ci devono vedere?” i commenti comunque mediocri ma in ogni caso più leggeri. Meno gravi. Perché per il resto abbiamo letto decine di insulti gratuiti, offese e accuse con il solito becero sentimento di antipolitica: tutti a celebrare la democrazia, ma poi i Ministri sono “odiosi potenti“. E ricomincia tutta la manfrina dei privilegi: “loro possono e noi no“. Dà fastidio soltanto per questo.

I più assurdi sono quelli che al Museo Archeologico con i Bronzi di Riace non sono mai entrati per tutta la loro vita e non sanno neanche da che lato sia l’ingresso, però si sono scioccati perchè ieri è rimasto chiuso un pomeriggio intero per consentire la visita ai big del mondo: che grande scandalo! Vuoi vedere che mpari Francu dopo 69 anni trascorsi a bere Peroni e giocare a tressette sul tavolino di un bar di Santa Caterina, proprio ieri pomeriggio si era convinto a visitare le preziose esposizioni museali della sua città e questi balordi di privilegiati pagati “chi me tassi” (lui che però ha lavorato in nero per tutta una vita quindi di tasse non ne ha mai pagate), glielo hanno impedito? Maledetti…

Una delle considerazioni più diffuse è stata l’ironia rispetto alle imponenti misure di sicurezza: “e che devono fargli, chi è che gli spara? Ma chi hanno paura illattentati?“. Alte riflessioni di concetto che giungono dalla stessa piazza in cui da una settimana ci si confronta su cosa succede negli Stati Uniti d’America per Donald Trump: “secondo me si è sparato da solo, ha organizzato tutto lui per vincere le elezioni“; “ma chi dici Cecè, non viristi che gli ha colpito l’orecchio? E’ quel cattivone di Baiden che ha ordito un piano per eliminare il suo avversario“; “ma quale Baiden e Baiden, che quello non è in grado neanche di stare in piedi, è Putin che lo vuole eliminare perchè ha paura di lui“; “secondo me – interviene a quel punto il politologo della comitiva – c’è dietro l’Iran, vardati chi l’ayatollà  è chiù furbu i Putin“; “se vabbò, adesso tiriamo fuori la Corea del Nord o il Venezuela. In realtà sono i poteri forti che lo volevano eliminare, chiddi, comu ti pozzu diri, l’elit, chiddi chi stannu nta Casa Ianca e cumandano daveru l’america“. L’ipotesi del 20enne squilibrato e fortemente condizionato dall’odio con cui la sinistra demonizza i suoi avversari politici in tutto il mondo non viene neanche presa in considerazione nel grande dibattito dell’agorà reggina.

Di certo tutti sono d’accordo: “l’effebiai ha toppato, u capu si ndavi ad’iri a casa“. A Reggio Calabria, invece, complotti non ce ne sono e quindi le misure di sicurezza sono esagerate: qui i Ministri dei Paesi più importanti del mondo dovevano pagare il biglietto per vedere i Bronzi, mettersi in fila per il gelato da Cesare e poi entrare al Matteotti e chiedere “scusi, la toilette?“.

Che al popolino sfugga l’importanza dei contenuti del G7 del Commercio è abbastanza pacifico e ci può anche stare; ma che l’anima di una città non riesca a comprendere le eccezionali ricadute positive di un evento di questa portata è lo specchio di una comunità malata. Di una società che vive fuori dal mondo reale: da un lato, una pletora di impiegati pubblici con lo stipendio assicurato a fine mese e il menefraghismo assoluto sul resto del mondo; dall’altro orde di poveracci abituati a vivere di espedienti con l’arte di arrangiarsi, quando possibile sempre sulle spalle dello Stato tra sussidi vari ricevuti più o meno lecitamente. Una comunità di parassiti. Ecco perchè il valore del turismo e dell’indotto, della promozione del territorio, di quelle immagini che la delegazione del G7 sta facendo girare in tutto il mondo promuovendo questa città in modo positivo, non vengono minimamente comprese. Dovremmo essere tutti entusiasti di questa vetrina straordinaria, senza precedenti nella storia, per giunta in concomitanza con i voli di Ryanair e il rilancio dell’Aeroporto dello Stretto. Perché a Reggio Calabria, anche grazie a questo G7, nei prossimi mesi arriverà tanta gente che in riva allo Stretto spenderà i suoi soldi. E lo farà perchè questa città, con tutti i suoi problemi, ha risorse straordinarie ed eccellenze importanti. Certamente isolate, “aliene” rispetto alla città, ma comunque in qualche modo indigene. Di quella Reggio nobile, “bella e gentile” che prova a resistere, con difficoltà moltiplicate per mille rispetto al resto d’Italia e d’Europa. Ma che sopravvive, resiste e non vuole smettere di credere ad un futuro migliore. Nonostante tutto. E nonostante soprattutto i soliti riggitani, che meriterebbero soltanto sagre di paese: panini con la salsiccia, una cassa con la tarantella in mezzo a bancarelle di mostaccioli e vu’ cumprà.

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