Il G7 di Reggio Calabria un po’ BRICS con i media: il buco nero dell’organizzazione sui giornalisti

Un po' G7 e un po' BRICS: il buco nero dell'evento di Reggio Calabria sulla gestione dei giornalisti

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Non vogliamo certo fare i bastian contrari, anzi. Questo G7 lo abbiamo apprezzato, sostenuto, ammirato e persino difeso dai deliri di chi non ha gli strumenti per comprenderne il valore. Però non possiamo neanche far finta di nulla, lasciare una patina dorata anche laddove le cose non hanno funzionato bene. E se questo G7 è stato uno straordinario successo diplomatico con una grandissima ricaduta positiva sul territorio, non si può certo dire che la gestione della stampa sia andata per il verso giusto. Tutt’altro.

Certo, anche noi giornalisti ci abbiamo messo del nostro. Però le cose non hanno funzionato bene. E non devono funzionare così, almeno in un Paese civile, evoluto, democratico e liberale. E allora ci permettiamo di esprimere pubblicamente il sentimento diffuso, più o meno, da tutti gli operatori dei media. Qualcuno, forse esagerando, se l’è presa con lo staff del Ministero degli Esteri ed è andato via anticipatamente. In ogni caso che le cose non abbiano funzionato è pacifico, e lo mettiamo pubblicamente per iscritto con spirito costruttivo. Affinché non accada più, si impari dagli errori commessi e nelle prossime occasioni tutto possa andare per il meglio.

foto di Salvatore Dato © StrettoWeb

Partiamo dall’inizio. Che le misure di sicurezza fossero imponenti, che la procedura di accreditamento fosse particolarmente accurata, che la gestione della stampa di un evento di tale portata si presentasse come uno scoglio particolarmente impegnativo, è un presupposto che non dimentichiamo e non dimenticheremo. Però che i giornalisti potessero accedere all’Altafiumara Resort soltanto con due-tre navette giornaliere dal porto di Reggio Calabria era già qualcosa di particolarmente gravoso, in modo particolare per gli operatori locali alle prese con numerosi eventi (del G7 stesso!) sul territorio. Ma questo è il meno: ci siamo adeguati, un po’ tutti, o abbiamo escogitato qualche alternativa. No problem.

La cosa più grave è stata la logistica dentro l’Altafiumara: in una struttura così importante, oltre 100 giornalisti locali, nazionali ed internazionali sono stati assiepati in un’unica sala di fronte a un palco appositamente allestito per fare intervenire i protagonisti, sottoponendoli alle domande. Peccato che nel locale non funzionasse, o non si avvertisse, l’aria condizionata. E soprattutto che non si potesse fare altro che stare seduti e lavorare al proprio computer: come in redazione, ma molto più scomodi.

Certo, erano le regole del gioco. Non ci siamo lamentati per questo. Ma che dovessimo fare la sauna non era previsto, quantomeno saremmo venuti in costume lasciando a casa giacche e cravatte. E in ogni caso, come ogni punto stampa che si rispetti, bisognava portare qualcuno ai giornalisti. Non pretendevamo di salire al Castello dell’Altafiumara per partecipare agli incontri dei Ministri, ci mancherebbe. Ma che dopo gli incontri venissero, a turno, direttamente o tramite delegati e portavoce, a rendere conto dei lavori in corso, sarebbe stato importante. Basilare.

Non è un caso se il G7 del Commercio di Reggio Calabria abbia avuto scarsissima copertura mediatica sulla grande stampa. C’è solo qualche trafiletto, i comunicati inviati dagli addetti stampa, il video con Tajani “con camicia sbottonata” sul Lungomare di Reggio Calabria. Pochi contenuti sui lavori veri e propri. Pochi articoli sui grandi giornali. Pochi lanci di agenzia che non siano, appunto, note di colore sulla camicia del Ministro. Roba da riflettere a lungo.

foto © StrettoWeb

Noi, giornalisti locali, alla fine ci siamo arrangiati. E’ andata molto bene: abbiamo fatto un’esperienza professionale importante, ma soprattutto abbiamo raccontato ciò che ai nostri lettori interessava di più e cioè tutto il contorno. Siamo stati a contatto più con la Digos che con i Ministri, abbiamo fotografato le imponenti misure di sicurezza, immortalato i volti sorridenti dei delegati, raccolto le considerazioni dei colleghi giornalisti stranieri. Il problema più grande lo hanno avuto i giornalisti delle grandi agenzie e delle testate nazionali e internazionali: si sono chiesti che sono venuti a fare. Qualcuno è andato via dopo il primo giorno. Quando, nel pomeriggio, c’è stato anche un momento di tensione.

Dentro stavamo facendo la sauna, ma fuori c’era ancora più caldo e il sole pieno. L’organizzazione decide – dopo le proteste dei giornalisti che erano rimasti una giornata intera senza poter intervistare nessuno – di portare il Ministro Tajani per un primo punto con la stampa (non previsto in origine) alla fine del primo giorno di lavori. Grazie per la disponibilità. Ma la scelta – controversa – è quella di farlo all’aperto: vuoi mettere il panorama dello Stretto? Ma quanto sono romantici nello staff della Farnesina… Proviamo a spiegare che sarebbe meglio dentro, per questioni climatiche. Tra l’altro il palco è già montato. Ma lo sfondo dello Stretto è irresistibile: si deve fare fuori. Nonostante dentro fosse tutto già allestito da tempo e appositamente. Ci adeguiamo. Gli operatori montano tutti i sistemi di ripresa, anche questi imponenti (c’è Sky, c’è la Rai, c’è Mediaset, TgCom e tutti i big), ma quando arriva Tajani – iper giustamente – si lamenta della scelta dei suoi. “Ma perchè fuori, si muore di caldo, facciamo dentro, no?“. Noi ci gustiamo tutto da dietro, come se avessimo i pop-corn in mano: “ora esplodono, ora esplodono. E tu Ministro, ai tuoi devi dirglielo non certo a noi“. E infatti è questione di attimi e gli operatori che avevano allestito tutto insorgono: “Eh no, ci avete fatto montare tutto fuori, ora è un casino smontare e rimontare, ormai si fa qui e anche lei Ministro suda come noi“. Delirio. Si adegua lui, poveretto. Poveri tutti noi.

foto di Peppe Caridi © StrettoWeb
foto di Peppe Caridi © StrettoWeb

Tajani è gentilissimo: si concede a tutte le domande, libere, risponde a tutti, senza fretta e con attenzione. Chiede se ci sono altre domande: non bisogna prenotarsi, non bisogna concordarle. E’ un esempio di civiltà. E Tajani è sempre stato così, e si conferma un Signore. Complimenti, possiamo chiudere i servizi, agenzie comprese. Finisce la prima giornata. Per domani sicuramente sistemeranno l’aria condizionata. Speriamo vada meglio. Tutto sommato siamo contenti.

Mercoledì mattina arriviamo e in tanti non ci sono più: dopo l’esperienza del giorno di prima hanno deciso di non partecipare. Pensiamo che abbiano sbagliato. Certo che qualcuno ci ha messo del suo. Un Ministro era arrivato, il tedesco, “però parlava solo inglese, uffa“. E qui l’organizzazione non aveva nessuna colpa: il problema è dei giornalisti che vogliono intervistare i ministri del G7 col dialetto di Sambatello. Però non siamo tutti uguali, e noi in inglese o anche nelle loro lingue madri tramite l’interprete, li avremmo voluti intervistare tutti i Ministri e i Delegati. Invece oltre il tedesco non è arrivato più nessuno.

Nei maxi schermi della stampa non è mai andato in onda alcun servizio dal G7: almeno li avremmo potuti sentire e raccontare. Neanche. Clamoroso: hanno mandato la diretta di Tajani quando lui parlava di fronte a noi! L’unico video inutile che potevano mandare. E comunque il secondo giorno l’aria condizionata non funzionava peggio della prima. All’Altafiumara Resort, con la stampa di tutto il mondo. I tecnici sono rimasti al lavoro, in realtà il sistema di condizionamento funzionava ma c’era troppa gente con troppi schermi, monitori e computer accesi, per consentire che l’ambiente si raffreddasse. E così abbiamo fatto un’altra sauna. Buon per la nostra linea. Nel primo pomeriggio, quando è arrivato Tajani eravamo stremati quasi quanto gli addetti stampa della Farnesina che dalle 9 del mattino hanno dovuto sopportare l’ansia dei giornalisti che chiedevano con quanto ritardo sarebbe arrivato. E invece è stato puntuale. Comprendiamo che con la nostra categoria ce ne vuole di pazienza…

Quando arriva Tajani, però, le cose non vanno bene come il giorno prima. Stavolta anche le domande ci hanno troncato. In tre ci eravamo registrati sul Ponte, ci avevano anche chiesto cosa volevamo chiedere (di solito non si fa, il giorno prima era stato tutto molto più civile). Non volevamo apparire, volevamo solo sapere che feedback ci sono stati dopo la presentazione del progetto definitivo del Ponte e le parole del Ministro del Giappone sulla volontà di collaborare e investire nella realizzazione della grande opera. Bastava concedere la domanda ad uno dei tre. L’argomento era lo stesso, la risposta sarebbe bastata per tutti. Regolarmente registrati con lo staff del Ministero. Non lo abbiamo potuto fare: stavolta Tajani aveva fretta. Ha risposto a monosillabi a tutti, poche domande, pochi minuti: è durata meno la conferenza stampa ufficiale di fine G7 del punto stampa improvvisato sotto il sole del giorno prima. Aveva fretta, stavolta, il Ministro, e forse anche troppo caldo, come più volte ha espresso risentito durante la conferenza assaporando per pochi minuti quello che i giornalisti chiusi lì dentro hanno provato per due giorni.

Se proprio vogliamo dirla tutta, anche il punto ristoro dei giornalisti era di serie B: ad un certo punto le ragazze all’accoglienza volevano un cornetto con la nutella e ironizzavano tra loro, “quelli sono solo su dove ci sono i ministri“, invidiando le loro colleghe più fortunate. Obiettivamente, anche questo ci può stare. Non pretendevamo lo stesso trattamento dei Ministri. Avremmo voluto semplicemente fare il nostro lavoro senza troppi disagi. Va bene tutto, condividiamo le esigenze di sicurezza, le “regole del gioco” ampiamente anticipate, il meccanismo di accreditamento e accesso alla struttura. Però almeno un locale climatizzato e la possibilità di parlare con i protagonisti dell’evento, per qualche minuto, fargli qualche domanda, sarebbe stato corretto. Sarebbe stato più civile e democratico. Più da G7 e meno da BRICS.

Non abbiamo ancora capito perchè, ma il Giappone ci ha convocato – con un canale molto informale – sul Lungomare di Reggio Calabria dove abbiamo avuto il piacere di intervistare Mariko Kaneko, il portavoce del Ministro degli Esteri giapponese Yōko Kamikawa. L’inglese non è stato un problema, e in realtà il giapponese neanche. Non sappiamo perchè questa intervista non l’abbiamo potuta fare all’Altafiumara e non l’abbiamo potuta fare a tutti gli altri portavoce di tutti gli altri Ministri dell’incontro. Non chiedevamo la luna. Avremmo lavorato meglio e di più, avremmo fornito maggiori informazioni ai cittadini che ne hanno tutto il diritto, e questo G7 sarebbe stato ancor più virtuoso, con maggior visibilità, un più alto riscontro mediatico e i conseguenti risvolti positivi. E noi non avremmo fatto quest’articolo.

Non ci stiamo lagnando. Non ve la prendete. Abbiamo apprezzato e ammirato la gentilezza e gli sforzi rivolti ad accontentare questi ficcanaso quali siamo per dna. Semplicemente, la prossima volta fate qualcosa di meglio. Fate qualcosa all’altezza del G7 e del Ministro Tajani, che è giornalista egli stesso e non ha mai considerato la stampa uno strumento del potere.

foto © StrettoWeb
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