Santo Versace si racconta: “Gianni non è morto, è immortale”

Santo Versace si racconta: “Gianni non è morto, è immortale. Me ne resi conto solo quando arrivammo in ospedale e sfiorai la sua mano insanguinata"

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 Santo Versace, cresciuto a Reggio Calabria, si racconta a Libero decidendo di tornare a parlare della morte del fratello Gianni nella tragica notte del 15 luglio 1997. Santo ricorda che quando “mi arrivò la notizia, io risposi: “Gianni non è morto, Gianni è immortale”. Me ne resi conto solo quando arrivammo in ospedale e sfiorai la sua mano insanguinata”. “Avevamo due anni di differenza che sembravano due generazioni, lui eterno bambino, io saggio posato”, spiega Santo.

“La morte di Gianni Per la mia famiglia fu una tragedia. Lo fu anche per l’azienda, per Milano, per l’economia italiana. Se ripenso a quei tempi, eravamo noi a dettare i tempi a Parigi. La settimana della moda milanese aveva due alfieri: Gianni apriva la Fashion Week, Giorgio Armani la chiudeva”, rimarca Santo. Senza dimenticare mai che la morte di Gianni Versace ha impedito la fusione tra Versace e Gucci, “un polo del lusso che avrebbe certamente cambiato la moda internazionale e il destino dell’Italia. Sarebbe stato solo un punto di partenza per acquisire altre realtà”.

Versace: “il mio lascito alla fondazione”

“Io e mia moglie – racconta Santo Versace al quotidiano Libero – non abbiamo avuto figli: il nostro lascito è alla nostra Fondazione, motivo per cui avrei voluto darle il nome di entrambi. L’8 dicembre scorso abbiamo battezzato Sarah, una nigeriana di 5 anni la cui madre era stata vittima della tratta, e Lyanna, che aveva 9 mesi ed è nata su un barcone. Con noi c’erano il ministro degli Esteri Antonio Tajani e la moglie, Brunella Orecchio. Diamo borse di studio, forniamo pasti, curiamola salute mentale di giovani abbandonati dalle famiglie. E con il Progetto Metamorfosi siamo arrivati alla Scala: l’Orchestra del mare suona strumenti ad arco realizzati dai carcerati con il legno delle barche dei migranti”.

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