Francesca De Stefano si racconta: il primo incontro con Santo Versace, i 19 anni d’amore e il matrimonio

Francesca De Stefano Versace, moglie di Santo Versace, si è raccontata, parlando della sua vita prima di incontrare il noto personaggio reggino e poi dopo, in questi quasi 20 anni di amore

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Francesca De Stefano, moglie di Santo Versace, è stata intervistata da Interris.it. I due stanno insieme da 19 anni, ma si sono uniti in matrimonio soltanto lo scorso anno. La donna si è raccontata, parlando della sua vita prima di incontrare il noto personaggio reggino e poi dopo, in questi quasi 20 anni di amore. “La mia vita era incentrata sull’amicizia, un sentimento che riconosco come uno dei più importanti e coltivo ogni giorno, e sul lavoro: mi è stata insegnata l’importanza di rendersi autonomi. Non c’era molto spazio per l’amore: i miei genitori, che mi hanno sempre fatto vivere serenamente, poi purtroppo si sono separati. Io, memore degli insegnamenti di mia nonna, non ho fatto nulla in fretta, mi sono presa il mio tempo. Prima di incontrare Santo, ero dedicata soprattutto allo studio e poi al lavoro”.

Qual è stato il suo percorso di studio e di lavoro?

“Ho frequentato il liceo classico e successivamente mi sono laureata all’Università di Milano, sono diventata un avvocato. Ho lavorato in due importanti studi a Milano. Mentre ero impegnata in questa meravigliosa esperienza ed ero veramente felice, quasi per caso sono venuta a sapere di un concorso nella Pubblica amministrazione e così ho deciso di provare: ho vinto e sono diventata Dirigente alla funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, poi Ispettore di finanza pubblica. Successivamente sono entrata in Senato come esperto del Presidente. Questo fino a quando ho capito che essere così presa dal mio lavoro ed essere al fianco di un uomo così impegnato come Santo, significava condividere poco tempo. Ho quindi deciso di rinunciare alla carriera che mi ero costruita pian piano a favore di una totale vicinanza a mio marito, sono grata a Dio per questo”.

Può raccontarci come è scoccata la scintilla fra lei e Santo?

“E’ stato un colpo di fulmine. Ci siamo incontrati per puro caso ad un appuntamento al quale, in realtà, non avremmo dovuto essere presenti nessuno dei due. Quando l’ho incontrato ho provato una grande emozione, talmente forte da farmi chiedere cosa stesse accadendo. In quel preciso momento, mi sono ricordata delle parole di mia nonna: ‘L’amore vero lo riconosci, lo senti nel cuore’. Ciò che mi ha colpito più di tutto di Santo, oltre al suo essere un genio, alla grande intelligenza, è come quest’uomo sia stato capace di conservare – nonostante la sua carriera – la sua semplicità e la sua umanità. Elementi determinanti per farmi innamorare di lui”.

Quindi è sbocciato l’amore.

“E’ stato un cammino fatto soprattutto di punti di vista comuni, non abbiamo mai preso strade differenti, ci siamo sempre ritrovati nella condivisione dei valori più importanti; probabilmente anche il fatto di avere le stesse origini ha funto da collante, le nostre tradizioni, i ricordi delle nostre città, il nostro sentire comune, dalla politica alla voglia di andare incontro agli altri. L’amore è il nostro fulcro”.

Cosa significa quindi essere Francesca De Stefano in Versace?

“Vuol dire aver sposato un uomo incredibile, l’amore della mia vita. Quando ero piccola, mia nonna mi diceva: ‘Non avere fretta, l’amore vero è uno, quando arriverà saprai riconoscerlo’. Significa avere accanto un uomo che quotidianamente contribuisce a realizzare i miei sogni e i miei desideri, è la mia roccia, la persona di cui mi fido in assoluto, che mi conosce anche più di me stessa, un uomo ottimista, per me il migliore del mondo”.

Da quanti anni condividete le vostre vite?

“A settembre saranno 19 anni. Lo scorso anno, l’8 luglio, abbiamo coronato il nostro sogno di essere uniti da Dio. Ho atteso per tanto tempo il matrimonio, ma desideravo che Santo arrivasse all’altare con il mio stesso convincimento e la stessa voglia di essere uniti nel Signore. E’ stato davvero il momento più bello della mia vita e, ancora oggi, se ci penso mi emoziono”.

Cosa è cambiato nella vostra vita dopo aver ricevuto questo sacramento?

“E’ cambiato tutto perché ci percepiamo come una coppia unita dal Signore. Questa percezione ci dà la convinzione e la certezza di essere uno nell’altro, è un sentire che rende la coppia coesa, unita, così come vuole Dio”.

Essere la signora Versace ti pesa?

“Io sono molto orgogliosa di essere la moglie di Santo. Poi bisogna vedere cosa si intende per ‘essere la signora Versace’. Se parliamo dello status devo dire che noi conduciamo una vita molto semplice, nonostante i tantissimi agi di cui sono chiaramente grata al Signore. C’è un aspetto che però mi fa riflettere molto: noi siamo sempre protesi verso il prossimo, ma difficilmente si combina con il mondo in cui viviamo. Per tenere fede al nostro modo di essere, soprattutto nell’ambiente di Santo, dobbiamo sceglierlo ogni giorno. La fede è un cammino che va rinnovato costantemente, quotidianamente mi ripropongo di essere fedele a quello in cui io credo, nei panni della signora Versace e quindi nel mondo che ci circonda, che è bellissimo, con tutti i privilegi e le agevolazioni che mi riconosco, ma senza dimenticare che nulla è dovuto, sono dei doni che è necessario sfruttare per gli altri. Se io e Santo riusciamo ogni giorno a riconoscere che questa fortuna ci è stata donata e che siamo chiamati a ricambiarla, allora tutto acquista un senso”.

Dal vostro amore nasce la Fondazione che porta il nome di suo marito…

“Sì, si chiama Fondazione Santo Versace. Se avessi avuto un figlio avrei desiderato che somigliasse in tutto a mio marito. Ecco perché ho insistito affinché la Fondazione portasse il suo nome… e alla fine mi ha accontentato”.

La Fondazione sta portando buoni frutti?

“Sì ed è il nostro impegno principale. Ci dà molte soddisfazioni che, a mio parere, sono le più vere. Nel momento in cui ci possiamo contribuire alla felicità di un bimbo, al sorriso di un giovane disagiato, alla speranza di un detenuto, al lavoro di un rifugiato, ci sentiamo noi in dovere di dire grazie. Aiutare gli altri è un dono, tutto ciò che riceviamo in cambio è molto di più di ciò che è stato donato. L’incontro non si dimentica, la speranza che si legge negli occhi degli altri è un balsamo per poter affrontare le difficoltà di ogni giorno”.

C’è tanta gente che brama il successo e la carriera a tutti i costi e impostando la vita solo sul modo di apparire. Cosa diresti a queste persone?

“E’ un problema serio, viviamo in un mondo che sembra concentrarsi sempre di più sull’apparire e non sull’essere. Io vorrei invitare tutti a riflettere su un aspetto molto importante: abbiamo a nostra disposizione solo una vita terrena. In questa, non ne abbiamo una di ricambio, dovremmo tentare di capire chi siamo realmente, pensare a come ci comportiamo, a come siamo. L’immagine che si restituisce agli altri è qualcosa di futile, destinato a cambiare nel tempo e che non lascia nulla nell’anima e nel cuore. Noi siamo quello che costruiamo, le opere che realizziamo. Ecco perché necessario concentrarsi sull’essere piuttosto che sull’apparire”.

La ricchezza è sempre una fortuna?

“La ricchezza interiore è sempre una fortuna; quella esteriore dipende da come la usi, se non si fa attenzione può essere un volano che compromette l’essere. Non è più una fortuna, ma si trasforma in sventura”.

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