In un Piazzale Ibico gremìto e in ammaliato silenzio, Marco Baliani ha portato in scena, al Centro “Giovanni Paolo II”, la 1149ª replica del suo “Kohlhaas”, opera che da 35 anni incanta le platee di tutta Italia. Lo spettacolo, di Marco Baliani e Remo Rostagno, con la regia di Maria Maglietta è promosso dalla Fondazione Varia di Palmi, dalla Città Metropolitana di Reggio Calabria e dal Comune di Palmi: esso è il capostipite nella Penisola del genere comunemente chiamato dalla critica come “teatro di narrazione”, prevede una scenografia vuota e l’attore-narrante seduto sulla sedia, senza alzarsi, che racconta una storia -proprio come nella nostra tradizione orale- con la sola forza della parola. Un teatro racconto, che è sia ascoltato ma anche visto, dove le parole diventano immaginazione, la bellezza della narrazione orale sta nelle immagini che ognuno crea.
“Kohlhaas” non è però solo una semplice storia, è un inghippo giudiziario in cui il protagonista, Michele Kohlhaas, un mercante di cavalli realmente esistito nella Germania del 1500, rimane invischiato fino a diventare egli stesso un brigante. Una storia di reazione alle ingiustizie e di riscatto finale attraverso un grido estremo di libertà. La storia è tratta dal racconto pubblicato nel 1810 “Michele Kohlhaas” di Heinrich Von Kleist.
Marco Baliani, grande sperimentatore del teatro italiano, è riuscito a discostarsi dal testo originale e a creare un’opera che avesse “vita propria”: pensata per le scuole superiori e medie nel 1988, nel 1989 è stata rappresentata per la prima volta in versione “serale” al Teatro Verdi di Milano, Da lì i critici chiamarono il genere del “Kohlhaas” come teatro di narrazione.
“Io non volevo creare nessun genere, nessuna etichetta, la mia era una ricerca teatrale estrema, volevo vedere cosa succedeva a un corpo teatrale che non si muoveva nello spazio, il mio lavoro era spostare le orecchie al posto degli occhi”, ha affermato lo stesso Marco Baliani, che nella sua carriera ha sempre voluto trasmettere messaggi di impegno civile: “La narrazione è un atto politico contro l’onnipotenza del visibile. L’orecchio che ascolta è molto ignorato nella nostra società. Dedicammo nel lontano 1989 questo spettacolo a tutti i compagni e gli amici degli anni ’70, che nel nome di un più alto ideale di giustizia, divennero a loro volta “giustizieri”. Baliani, da sperimentatore qual è, ha manifestato grande contentezza della realtà teatrale di Palmi che si sviluppa al Centro Giovanni Paolo II: è solo la passione che permette di far teatro”, ha concluso l’artista.