E’ sempre la solita storia: qualche centinaio di manifestanti, spacciati per milioni, facendo credere all’Italia intera che nessuno voglia il Ponte sullo Stretto. Falso. Falsissimo. Lo stesso vale per i docenti dell’Università di Messina, in proporzione: 350, su 1.000, hanno detto “no”, ma non rappresentano tutto l’Ateneo. Ci tiene a precisarlo il prof. Michele Limosani, già direttore del dipartimento e docente di Politica economica, che evidenzia quanto già notato negli ultimi giorni: ora anche i “Sì Ponte” sono stanchi di stare in silenzio e, al pari dei contrari, vogliono parlare, scendere in piazza, raccogliere firme. Una lettera, in tal senso, è stata diffusa nei giorni scorsi da una serie di professionisti del territorio.
Intanto Limosani sottolinea: “Il prof. Fabio Rossi, in una intervista, nei giorni scorsi ha affermato che circa 350 docenti della Università di Messina hanno ufficialmente aderito alla schiera di tutti coloro che sono contrari al Ponte. Anche non considerando il personale tecnico amministrativo, 350 su più di 1000 docenti significa che nemmeno il 30% degli accademici ha aderito a questa rete. Ma il punto non è questo. Rispetto tutti i cittadini che esprimono NO. Rispetto anche quelli del SI. Rispetto meno le categorie che, nella polis, immaginano di proporsi ex cathedra. Il NO al Ponte è pienamente legittimo se non comprensibile. Pienamente legittimo è anche il SI. Nel mondo della ricerca non tutto quello che non piace non è utile. Anzi. Ponte SI o Ponte NO…”.
“L’Università di Messina, come qualunque Ateneo, a mio avviso non può che – partendo da una posizione neutrale – offrire un contributo, alto, altissimo, in ambito scientifico, economico, storico-geografico-politico, giuslavoristico, contrattualistico, di tecnica legislativa, di esperienza dottrinaria rispetto a un’opera la cui portata è epocale. La materia viva di ogni Ateneo è la ricerca. Pensiamo di volerci sottrarre? Il rischio è quello di smarrire il senso e la identità di una istituzione che andrebbe preservata a prescindere dalle posizioni ideologiche dei suoi docenti”.