Quanto accaduto all’interno dell’Ordine degli Architetti di Messina ha alimentato ancor di più il dibattito intorno al Ponte sullo Stretto. Non tanto per le dichiarazioni del Presidente Falzea, che non ci sono sembrate così tanto assurde (“le proteste lasciamole ad altri”, ha chiesto, invitando la città a essere più protagonista e meno vittima), quanto per la coraggiosa – e per certi versi clamorosa – decisione di una delle componenti, l’Architetto Venera Leto, che ha deciso di cancellarsi dall’Ordine dopo quasi vent’anni con tanto di lettera, diventata virale.
A noi non sono sembrate così assurde, eppure sono state proprio quelle parole di Falzea a provocare la scelta di Leto. “Chi se non gli architetti dovrebbero protestare contro un’opera così fuori contesto rispetto al nostro territorio, un’opera così devastante rispetto al paesaggio e così distratta rispetto ai già fragili equilibri ambientali e sociali?”, ha scritto Venera Leto nella sua missiva. Quest’ultima è stata intervistata da Repubblica – la giornalista nell’articolo scrive che l’opera “terremota” l’Ordine – quotidiano storicamente a Sinistra e quindi contro il Ponte sullo Stretto, tant’è che diverse volte la Società presieduta da Ciucci è stata costretta a smentire e precisare in merito ad articoli pubblicati dal noto giornale.
Tra benaltrismo, lavoro, ambiente
In questo caso, invece, l’Architetto dimissionario va semplicemente ancora più nel dettaglio della sua decisione. Rivela che anche altri sono della sua stessa idea, ma gli manca il coraggio di parlare. “Spero non rimanga un episodio isolato, anzi che siano le prime di una lunga serie. Le voci contrarie sono molte“, spiega. “La cosa che spaventa di più è l’apertura di cantieri che rompono equilibri sociali ambientali consolidati” in un territorio che l’ipotesi di costruzione del Ponte “non l’ha mai dibattuta, solo subita”. E in cui le priorità dovrebbero essere altre: “infrastrutture di base, contrasto al dissesto idrogeologico e alla città: abbiamo emergenze reali da affrontare – tuona – senza necessità di crearne altre”.
“Non è possibile che nel 2024 le persone siano costrette a scegliere fra ambiente e lavoro, sviluppo – e poi quale? – e tutela del territorio. Dovrebbero essere cose che si tengono insieme. Ho voluto rendere pubbliche le ragioni delle mie dimissioni perché il malcontento c’è, le voci contrarie pure e spero che anche i miei colleghi prendano posizione. Mi auguro che siano solo l’inizio di un processo”.
Insomma, Venera Leto – che purtroppo cade come tanti nel semplice “gioco” del benaltrismo, quando parla di altre priorità – dice proprio ciò che il suo ormai ex Presidente non vuole che accada. Dice che la città di Messina ha sempre subito l’ipotesi di costruzione del Ponte. Bene, Falzea ha chiesto proprio di essere protagonisti e non vittime, per quella che deve essere una partecipazione comunitaria, interessata e attiva al dibattito. E a Messina lo si vede molto di più che a Reggio Calabria, ad esempio, dove invece tutto questo è inesistente. A Messina c’è una Commissione, presieduta dal Presidente Pippo Trischitta, che da mesi invita ospiti, esperti, favorevoli, contrari. E dibatte, si confronta, discute, porta dati concreti, chiede, pretende. Oltre a un Sindaco che, al di là delle ultime giravolte, altresì pretende un Ponte non cattedrale nel deserto. Perché questo è l’obiettivo. Ed è stato già precisato milioni di volte da chi di dovere. Purtroppo questa non sarà l’ultima.
Sul discorso lavoro e ambiente, poi, Leto va un po’ in contraddizione: dice che non si può nel 2024 scegliere tra sviluppo e tutela del territorio. Ma perché, dove sta scritto che il Ponte lo deturpi, l’ambiente? Solo perché qualche politico lo usa nei suoi slogan contrari? Non ci si è mica inventati che l’opera riduca le emissioni di Co2 rispetto a quelle emesse dalle navi attuali. Quello non è ambiente? Non è territorio? Non è che forse, anche in questo caso, c’è ideologia? La risposta è sì. D’altronde, lo dice lo stesso Architetto nell’intervista: “amo sempre dire che il personale è politico”. E allora…