Schillaci, la Reggina, i derby dello Stretto, il tifo per il Messina e le “bancarelle sottosopra”

Pensieri, ricordi e racconti di tifosi della Reggina e non solo a poche ore dalla morte di Totò Schillaci, che ha giocato anche nel Messina

StrettoWeb

Tutta Italia ricorda Totò Schillaci. Nato a Palermo, emblema della determinazione, grinta e semplicità siciliana e del Sud, ha fatto sognare un paese intero nell’estate di 34 anni fa, con i suoi gol nelle “Notti Magiche”. Oggi, quindi, lo piangono tutti, suoi tifosi ma anche rivali. E tra i rivali, per forza di cose, c’era anche la Reggina, con i suoi supporters. Schillaci ha militato nel Messina dal 1982 al 1989, incrociando gli amaranto nei caldi derby dello Stretto degli anni ’80. Nel suo ultimo, nella stagione ’88-’89, segnò due gol alla Reggina al “Celeste”, pochi mesi prima dei Mondiali di Italia 90.

Il pensiero di Giusva Branca

E di quella gara, di quei due gol, della rivalità di allora, hanno parlato in tanti, a Reggio Calabria. Come ad esempio Giusva Branca, giornalista ed ex dirigente della Reggina. “CARO TOTÒ SCHILLACI, NO, NON SARANNO LE TUE “NOTTI MAGICHE” A MANCARMI. A me non mancherà quello delle notti magiche, il centravanti della Juve e neppure quello dell’Inter. A me manca – già da un po’, in verità – il simbolo di quel Messina di Franco Scoglio che fece impazzire noi di Reggio all’alba dei miei 18 anni, ho ancora nelle orecchie il coro del “Celeste”: “Totògol, Totògol, Totogòl…Totògol, Totògol, Totògoool…”

A me mancherà quello che invidiavamo per capacità realizzative e di aggregazione intorno a se stesso, caratterizzata da un’empatia con la sua gente figlia della semplicità, qualcuno ha detto dell’ignoranza. Quella semplicità e ignoranza sulla quale la stampa nazionale montò un caso quando, con la maglia della Juve, in campo disse a un avversario del Bologna “ti faccio sparare”. E giù col pistolotto sulla differenza semantica e sociocriminale tra “ti sparo” e “ti faccio sparare”, senza nessun riguardo verso il fatto che in campo (allo stesso modo tra il torneo dei bar e la finale di coppa del Mondo) se ne dicono infinite di stronzate, senza comprendere neppure il significato di ciò che si pronuncia. No, non mi mancherà l’eroe delle “notti magiche”, quello che Giannini inseguì sulla pista d’atletica del “San Paolo” di Napoli dopo il suo quinto gol consecutivo (all’Argentina) urlandogli: “A Totò, ma che culo c’hai?????”.

Piuttosto mi mancherà quello che – consapevole della reale valenza di certe parole in certi contesti – sorrideva alle curve intere che gli cantavano “…ruba le gomme, Schillaci ruba le gomme…”, perchè in tutto ciò e anche nella faccia di ‘mpigna con la quale guardò lo spicchio di tifosi amaranto al “Celeste” dopo aver messo a segno la doppietta che sconfiggeva la Reggina e le imponeva la frenata nella corsa promozione verso la A trovo una cifra di umanità (con tutti i limiti che la costituiscono) senza pari. Si, mi mancherà la genuinità dell’umile uomo di Palermo che fece sognare Messina, mangiare i gomiti a Reggio e poi portò quasi in Paradiso tutta l’Italia… “Con Massimino, Totò Schillaci, ma quanta mxxxa nella curva dei buddaci”… questa te la ridedico io, ora, con grande, infinito affetto e riconoscenza. Da avversario piegato dai tuoi gol. W il football, W Totò Schillaci”.

Palmara: “ti ho maledetto, ma mi hai fatto anche sognare”

Italo Palmara, il Presidente del Movimento Reggio Futura, scrive così: “Ti ho maledetto per quella doppietta che a Messina hai rifilato alla mia Reggina e ancor di più quando sei passato alla Juve, ho spesso ironizzato sul tuo rapporto conflittuale con la grammatica italiana e su quel coro che i tifosi avversari ti cantavano in tutti gli stadi (“ruba le gomme”), ma ti ho anche amato per le notti magiche che ci hai fatto vivere a Italia 90 e per tutti i gol che hai segnato in nazionale. E oggi che, purtroppo, non sei riuscito a vincere la tua partita più importante, la partita della vita, piango la tua scomparsa. Ciao Totò Schillaci. Riposa in pace”.

La confessione a Comandè

L’imprenditore Domenico Comandè, invece, svela un retroscena confessatogli dallo stesso Schillaci, in un’occasione: “Dieci minuti prima gli avevo confessato di essere stato io ad avergli lanciato addosso la transenna a Messina.. si era messo a ridere e mi aveva detto “prima cercasti di ammazzarmi e adesso ti vò fari a fotu cu mmia..?!?”. Un caffè insieme e una breve passeggiata per Reggio, mi fecero scoprire un ragazzo umile, garbato, disponibile con tutti e che mi confidò di non avere comunque MAI, da buon palermitano, tifato Messina.. Ciao Totò..”.

Il racconto di un tifoso che difese il giocatore

Non è reggino, ma il suo racconto è comunque da evidenziare. Stiamo parlando del tifoso Armando Brigandi, che così scrive sui social. “Qualcuno o forse pochi non lo sanno. Nel 1990 sono andato a vedermi la gara di F1 a Imola. Un coglione con la bancarella aveva un bel cartello con scritto SCHILLACI VAI A RUBARE LE GOMME. Comunque per non portarla alla lunga ho fatto discussione gli ho girato la bancarella sottosopra ed altro. Insomma sono rimasto con un biglietto in tasca della tribuna Fiat centrale. In una stanza della polizia. Voi direte le carte macchiate? NO. MA nonostante tutto ero felice di aver difeso UN SICILIANO. Sono stato sempre testa calda… Ancora avevo i capelli neri.. RIPOSA IN PACE TOTÒ…”.

Il ricordo di un giornalista messinese

Un altro racconto interessante è quello del giornalista messinese Jody Colletti. “Se molti di noi, parlo di me, tanti amici o comunque coetanei, da piccoli siamo rimasti folgorati sulla via del pallone, una grande fetta del merito è tua. Perché probabilmente un bambino di oggi faticherebbe a capire che il premio della settimana, se avevi fatto il tuo dovere a scuola, era rappresentato da un piccolo, e rettangolare, pezzo di carta che il tuo papà comprava in un’agenzia di viaggi nei pressi della Fiera: un biglietto di ingresso al “campo”, perché il Celeste non era uno stadio, era il campo. Il calcio ai tempi si vedeva, e quindi si viveva, essenzialmente così. Quell’odore di erba bagnata che iniziavi a percepire all’ingresso e che poi ti inebriava salendo i gradoni, l’emozione enorme che provavi vedendo la tua squadra gonfiare la rete, quell’emozione che provavi a replicare, facendola ancora più tua, in improbabili partite 15 vs 15 su cortili di cemento”.

“Quando alle 22.05 circa di quel 9 giugno del 1990, spiccavi il volo tra i due centrali austriaci, facendo impazzire di gioia un Paese intero per la prima di cinque volte (la sesta con la gioia c’entrava poco), buona parte d’Italia si stupiva per la prodezza aerea di quel “piccoletto”, che sarebbe diventato capocannoniere dei Mondiali più amari. Noi no, perché sapevamo che una marea di gol col Messina, credo un po’ meno della metà sui 77 totali, li avevi fatti di testa a dispetto di quei 173 cm – per 70 kg – che ti rendevano guizzante, balisticamente eccelso, rapace in area piccola. Piccolo e compatto, come uno StarTac affamato di gol, quella fame che Franco Scoglio riscontrò solo in te, nel più importante calciatore siciliano di tutti i tempi, magari adesso ne discuteranno con Pietro Anastasi, che ha vinto di più ma è “rimasto” molto meno”.

“Quello era il nostro Mondiale: per gli italiani, nostro al 99% (lascio fuori la Napoli argentina, campo neutro della semifinale buia e non certo per il blackout che colpì lo Stretto); per i messinesi, nostro al 101%. Per i messinesi juventini, nostro al 101%…e un po’ (cit. Noaro). Da principe dei bastardi di Scoglio ad eroe nazionale e della Nazionale, passando per Zeman – che, quando i numeri contavano tutti, ti affidò definitivamente la 9 in luogo della 7 – e Zoff, due zeta per una consacrazione sublimata poi da un altro taciturno, Azeglio Vicini. Per la loquacità era bastato il Professore”.

“Alla fine di quell’estate del ’90, a Messina si tenne l’annuale edizione delle Stelle d’Oro Mondialflash, un premio (ideato se non erro dal grande Ezio Luzzi) di cui oggi sul web si trova poco o nulla, ed è un vero peccato. Un premio che portò in un’altra Messina tante celebrità, compreso il co-conduttore Sandro Ciotti. Un’altra perché anche Messina ai tempi era una stella, e i messinesi la sua luce. Una città gioiellino (Mario) che due anni prima era stata persino capace di accogliere, perfettamente e con rigore svizzero, il Papa. Tante celebrità, ma non ne ricordo altre. Per il gran finale riflettori puntati sul tunnel, che dagli spogliatoi portava sul prato, in sottofondo forse ancora una volta “Adesso tu” perché tu, ai bordi di periferia, ci eri effettivamente nato”.

“Quel pezzo, con il quale Ramazzotti aveva vinto il Sanremo di quattro anni prima, divenne la tua personale colonna sonora. Perché la tua splendida storia andava oltre le Notti Magiche, cantate in “Un’estate italiana” da Bennato & Nannini. Una storia romanzata, come quasi tutto ciò che riguardava la Sicilia di allora. Una storia di presunto riscatto, la dignità degli elementi e la libertà della poesia all’interno di un Mondiale rotolato verso Sud (Azzurri mai sopra Roma: semifinale al San Paolo, finale 3° posto a Bari, le precedenti cinque all’Olimpico), una storia dal finale tremendo ma chiusa – quella sera al Celeste – dall’abbraccio del mare giallorosso che aveva visto nascere e crescere quegli occhi sgranati. Ho qualche foto di quell’abbraccio, perché a dispetto dell’oscurità avevo chiesto di portare comunque a sviluppare il rullino. Prima o poi le troverò, come troverò quella che ritrae me e mio fratello (all’epoca “quattrenne”) brandire la bandiera tricolore con su scritto “Totò Gol”, che campeggiava sui balconi di 7/8 della città”.

“Non ho foto invece di un pomeriggio nel salone di Pasquale Squadrito, indimenticabile salotto di Via XXVII luglio. Una telefonata veloce ai miei zii, che abitavano di fronte. “Fate venire il bambino, di corsa, perché non staranno tanto”. Conseguente telefonata, rapidi in macchina per coprire quei 2 km. Ce la facciamo. Massimino parla gesticolando, Scoglio in poltrona con Salvatore a fargli barba e taglio, tu mi dai un buffetto arruffandomi i capelli. Neanche la lucidità di farmi dare un pezzo di carta per un autografo, bastava la felicità di un bambino degli Anni 80″.

Condividi