Nell’ambito delle iniziative per gli 850 anni del valdismo, domenica 27 ottobre, presso la Chiesa valdese di Reggio Calabria, il pastore emerito Giuseppe Platone ha celebrato la Giornata della Riforma 2024. Tra le numerose persone intervenute, erano presenti: il responsabile dell’Ufficio diocesano per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, le rappresentanze della Chiesa Battista Internazionale di Reggio Calabria, del Segretariato Attività Ecumeniche, del Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale, del Circolo reggino “Laudato si’” e una delegazione del Coro Ecumenico.
Dopo il culto commemorativo, alle 18:30, lo stesso Platone ha tenuto una conferenza pubblica dal titolo “Valdo e Francesco: stessa emozione, diversa evoluzione”.
La conferenza ha affrontato un parallelo tra Valdo di Lione e Francesco di Assisi. “L’intrigante accostamento, com’è noto, affascina”, dice Platone “gli studi storiografici hanno ampiamente dimostrato come il binomio Valdo e Francesco riguardano due storie diverse anche se lontane tra loro di solo trent’anni”. “Valdo, non sappiamo esattamente quando sia nato quindi il dato biografico lo si fa partire dalla sua conversione 1174-1207 (periodo di 33 anni), poi Francesco 1182-1226 (44 anni). Tra l’esperienza spirituale dei due c’è la distanza breve di una generazione e una lunga distanza geografica: Lione nel Sud della Francia e Assisi nel cuore dell’Umbria”.
Tuttavia, continua Platone, “entrambi i personaggi hanno vissuto esperienze cristiane radicali direttamente ispirate dalla lettura dell’Evangelo. L’ispirazione originaria è certamente simile ma differisce nella sua evoluzione. La prima (Valdo) sarà destinata ad essere respinta dall’Istituzione, la seconda (Francesco) sarà prudentemente accolta e successivamente integrata nell’istituzione ecclesiale. Esperienze entrambe destinate ad espandersi, mutare e durare nei secoli”.
“Di Valdo, di cui disponiamo soprattutto di informazioni di parte avversa” precisa Platone, “sappiamo che il suo proposito evangelico era legato certamente ad una scelta di povertà conseguente all’attività di predicazione dell’Evangelo”. “Il laico Valdo che si arroga il diritto di diventare apostolo, di farsi povero per liberarsi dai pesi della ricchezza che necessita, per essere tale, di essere curata, amministrata, promossa, scambiata e quindi sentirsi libero di camminare in varie contrade annunciando il vangelo. Usurpando così, agli occhi del potere costituito, il compito della Chiesa e del suo clero gerarchicamente organizzato”.
“Anche Francesco, partendo (proprio come Valdo) da una condizione economica assai agiata scelse la povertà e la predicazione. Ma egli intese, fin da subito, rimanere all’interno della chiesa ufficiale che in quel finire del XII secolo lottava contro ogni forma di dissenso ecclesiastico definita ‘eresia’”. “Si tenga conto che nei trent’anni che dividono l’esperienza di Valdo da quella di Francesco la chiesa cominciò ad essere più morbida nei confronti dei movimenti pauperistici assai numerosi nella crisi religiosa del finire dell’XII secolo e inizio del XIII. Valdo nella fase iniziale certamente non pensava di rifondare, riformare la chiesa né tanto meno immaginava di suscitare uno scisma, l’idea di costruire un alternativa alla chiesa ufficiale non era nel suo programma ma le cose cambieranno a seguito dell’espulsione e l’attribuzione a Valdo e ai suo seguaci dello stigma di ‘eretico’”.
In conclusione, dice Platone, “come i valdesi anche i francescani adotteranno un carattere itinerante nella loro missione che prevedeva anche, almeno per i frati minori, l’esercizio della mendicità”. Ma “i cammini si divaricarono sempre più (i francescani successivamente entreranno con i domenicani nelle fila dell’Inquisizione). I valdesi a seguito della condanna saranno costretti a vivere, in segretezza, ai margini della cristianità ufficiale”.