“Nessuno mi restituirà un anno di vita”, Maysoon Majidi libera: la motivazione del Tribunale

Maysoon Majidi lascia il carcere di Reggio Calabria, la motivazione del tribunale: la ragazza esprime la sua rabbia per l'ingiusta detenzione

StrettoWeb

Maysoon Majidi è stata scarcerata nella giornata di ieri. Dopo aver lasciato il carcere di Reggio Calabria, la ragazza ha dormito in un letto comodo, in un appartamento messo a disposizione dall’avvocato Liberati nel quale resterà fino all’udienza conclusiva del processo prevista per il 27 novembre.

L’attivista per i diritti umani era stata arrestata lo scorso 31 dicembre a Crotone con l’accusa di favoreggiamento all’immigrazione clandestina perché ritenuta essere la scafista di una imbarcazione giunta sulla spiaggia di località Gabella con a bordo 77 migranti. Dopo dieci mesi di carcere, la donna è stata rimessa in libertà su disposizione del Tribunale di Crotone che, alla luce degli elementi fatti emergere dalla difesa nel corso dell’udienza fiume di ieri, ha accolto la richiesta dell’avvocato Giancarlo Liberati di revocare la misura cautelare in carcere.

Io ho perso un anno di vita che nessun risarcimento potrà mai restituirmi. Sono rimasta in carcere 300 giorni per non aver fatto nulla. Non è giusto“, ha dichiarato Maysoon Majidi.

La motivazione della scarcerazione

L’ordinanza del Tribunale, presieduto dal giudice Edoardo D’Ambrosio, ribalta tutta l’indagine svolta dal reparto navale della Guardia di finanza di Crotone con il coordinamento del sostituto procuratore Maria Rosaria Multari. “I testimoni escussi nell’odierna udienza – si legge nell’ordinanza di revoca della misura cautelare – hanno in gran parte ridimensionato il quadro accusatorio facendo emergere come la Majidi piuttosto che aver svolto un ruolo chiave nell’agevolare la condotta del capitano in ordine al reato di immigrazione clandestina, era invece una mera migrante a bordo dell’imbarcazione“.

Secondo i giudici “pur emergendo che l’imputata ha avuto dei contatti nell’imbarcazione con il capitano (tale da profilare una interlocuzione sfociante financo in un inizio di amicizia) e sia poi fuggita a bordo del tender proprio con quest’ultimo, le dichiarazioni rese tanto dal capitano che dagli ulteriori migranti non consentono di ravvisare, allo stato, quei gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ciò anche ove si consideri che l’analisi dei dati estrapolati dai telefoni sia del capitano che della Majidi non ha offerto riscontro al compendio probatorio in chiave accusatoria ed anzi risulta compatibile con l’ipotesi alternativa fornita dalla difesa“.

Per questo motivo “in ragione del mutato quadro cautelare, delineante quantomeno di una situazione di incertezza circa il ruolo realmente svolto dall’imputata nell’imbarcazione (in termini di aiutante del capitano ovvero mero migrante) la misura cautelare in atto per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, essendo venuto meno il requisito dei gravi indizi di colpevolezza, debba essere revocata“.

Condividi