Il reggino Marco Minniti: “le Università del Sud Italia possono attrarre e formare i giovani africani”

Le parole dell'ex parlamentare reggino Marco Minniti, attuale Presidente di MedOr, in merito ai rapporti tra Italia e Africa

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Il reggino Marco Minniti, ex parlamentare e membro di governi di centro-sinistra, è attualmente Presidente di MedOr (Fondazione nata con l’obiettivo di promuovere attività culturali, di ricerca e formazione scientifica, al fine di rafforzare i legami, gli scambi e i rapporti internazionali tra l’Italia e i Paesi dell’area del Mediterraneo allargato fino al Sahel, Corno d’Africa e Mar Rosso (“Med”) e del Medio ed Estremo Oriente (“Or”). Intervistato da Corriere.it, ha sottolineato che “l’Italia, geograficamente collocata al centro del Mediterraneo, è il naturale punto d’incontro tra Occidente e Sud del mondo. Ciò ci assegna un enorme valore strategico, in quanto oggi la posizione geopolitica di un Paese è importante quanto la sua forza finanziaria ed economica”. 

Minniti ha ribadito l’importanza del ruolo del Sud, una “piattaforma omogenea e strategica. Ciò cambia il valore profondo della parola meridionale, prima associato a fragilità, debolezza, assistenza, un peso nella dimensione nazionale. Oggi questa piattaforma, nella missione politico strategica del Paese, chiama in causa innanzitutto le classi dirigenti, non solo istituzionali, ma anche le Università, e il mondo produttivo e sociale. Un Sud che, pur continuando a guardare all’Europa, si rivolge anche all’Africa, con l’ambizione di diventare l’avanguardia economica italiana”.

E a proposito di Università, Minniti spiega che “non a caso MedOr si impegna nel campo della formazione universitaria. Gli atenei meridionali sono cresciuti notevolmente, possono rappresentare un punto di attrazione per formare i giovani africani per farli poi ritornare nei propri paesi all’altezza della sfida di diventare classe dirigente. Ma al tempo stesso occorre far rientrare al Sud i cervelli che qui si sono formati e poi sono andati altrove. Un doppio movimento, come evocato nel bel film di Wim Wenders”.

Il Piano Mattei e l’importanza dell’Africa

Per questo, il Piano Mattei “è una scelta e una sfida strategica per l’Italia. In quanto la partita sempre più si gioca tra Occidente e Sud del mondo. A cominciare dagli squilibri demografici. L’Africa cresce tumultuosamente, l’Europa è in recessione quanto a nuove nascite. Tali squilibri debbono essere governati, e non bloccati in quanto è illusorio costruire un muro nel Mediterraneo. I muri si abbattono: non a caso, dopo la caduta di quello di Berlino, i Paesi ex comunisti sono entrati a pieno titolo in Europa e nella Nato. Inoltre, i problemi demografici impattano direttamente sull’economia, dove il fattore umano è tornato prepotentemente alla ribalta”.

Perché il Piano Mattei evoca soprattutto l’Africa? “Di fronte a questi fenomeni, l’Africa può essere il problema e al tempo stesso la soluzione del problema. Basti pensare che il 60% delle terre di tutto il mondo potenzialmente coltivabili sono in quel Continente. Io ritengo che l’orizzonte debba essere un grande Patto con l’Unione Africana e le Nazioni Unite per costruire canali legali e combattere i trafficanti di essere umani”, aggiunge l’ex parlamentare.

“Non a caso, quando abbiamo interrotto la nostra dipendenza dalla Russia per il gas, in seguito alla guerra, ci siamo rivolti all’Africa, l’Italia prima di altre nazioni europee. Ma il Continente ha anche molte materie prime critiche, io dico sempre che c’è un fil rouge che unisce Cupertino con l’Africa, che potenzialmente è un territorio molto ricco. Ci dobbiamo impegnare per consentire alle sue popolazioni di usufruire di questa ricchezza”.

Ma l’Africa ha ancora un problema irrisolto di sicurezza? “È vero. Noi pensiamo sempre alle guerre in Ucraina e in Medio Oriente, dimenticandoci di conflitti con decine di migliaia di morti, come in Sudan. Che ha provocato 4 milioni di profughi. Così come in Sahel, dove c’è un conflitto civile in Mali con i ribelli tuareg, molto vicini ad Al-Qaeda, che affrontano i miliziani russi della ex Wagner, oggi rinominata Africa Korps, evocando tristemente Rommel. E i ribelli, forse, sono stati aiutati dall’intelligence ucraina. E poi ci sono tutte le varianti autoctone di Al-Qaeda e dello Stato islamico, che fanno dell’Africa centro settentrionale uno dei principali incubatori del terrorismo internazionale”, conclude Minniti.

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