Reggio Calabria, successo per la mostra di Simone Cerio all’Osservatorio sulla ndrangheta

Osservatorio sulla ndrangheta: foto, significato e stanze della mostra di Simone Cerio dopo il successo per l'inaugurazione

  • Mostra Simone Cerio Osservatorio ndrangheta
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StrettoWeb

Grande successo, venerdì 11 ottobre, per l’inaugurazione della mostra permanente a cura di Simone Cerio presso l’Osservatorio sulla ndrangheta, una villa confiscata che ora funge da centro culturale e aggregativo a Croce Valanidi, zona sud di Reggio Calabria. Un’idea nata per una comunicazione rappresentativa del passato ma anche portavoce del futuro. Il pittogramma suggerisce la posizione centrale e referenziale dell’associazione nella comunità di Reggio Calabria rispetto al fenomeno della ndrangheta. Questa mostra rappresenta un’opportunità unica per esplorare il passato e immaginare un futuro diverso, costruendo nuove forme di riflessione collettiva.

La riflessione del protagonista

“La ndrangheta non è un problema militare. Se lo fosse, un esercito predisposto l’avrebbe già sconfitta. È considerata l’organizzazione mafiosa per eccellenza. Una cultura fondata sul controllo totale delle relazioni personali attraverso quattro vincoli sistematici: la forza di intimidazione nel legame associativo, la condizione di assoggettamento, l’omertà che da esso deriva e la sostituibilità delle istituzioni. L’esercizio quotidiano operato attraverso violenza, ricatto e segretezza, comporta la totale trasformazione dei diritti in favori, di cittadini in sudditi, di libertà in obblighi”, comincia la riflessione di Simone Cerio.

“Nando Dalla Chiesa, nel suo libro “La convergenza”, parla di una consumata abilità che ha la cultura mafiosa di rappresentare sempre una democrazia contro un totalitarismo: tale processo di negazione della coscienza sociale avviene attraverso istituzioni dedite ad avere un sistema di legalità debole e delegittimato, una stampa plasmabile e assoggettabile o incrementando leggende e superstizioni: “Quando si ha attorno questo, si arriva anche ad una convergenza linguistica, ovvero tutti parlano allo stesso modo”.

La finalità del progetto

“La finalità del progetto “Ndr” è di ribaltare questo linguaggio, provando ad incentivare l’assunzione di responsabilità del singolo verso la collettività. Le opere e le installazioni, presentate all’interno degli spazi dell’OSN, sono state ideate a partire dallo studio dell’espressività di questa cultura mafiosa: figurativa, dialettica, urbanistica, emotiva. Esse rappresentano il terreno in assoluto più fertile per l’assuefazione costante del popolo alle logiche corrotte, e al tempo stesso per la totale negazione della sua oggettività”.

“Se la ndrangheta lavora sul nostro coinvolgimento occulto, valori assoluti e primordiali, come la Scuola, la Memoria, la Casa o la Famiglia, qui si trasformano in “opere inchiesta”: viaggiando su più livelli, simulano un viaggio dantesco dall’alto verso il basso, per ri-costruire un vero e proprio discernimento collettivo, indispensabile a costituire una libertà critica, comprendendo chi siamo davvero, o se preferite, quanto tutti siamo parte dello stato delle cose”.

“Solo attraverso questo contro-processo culturale, è possibile non permettere la storpiatura di quei suddetti valori, unici capisaldi della nostra esistenza, porte per un futuro vero, reale e non compromesso da nessuno. Ma per essere liberi di essere, bisogna essere liberi di essere liberi. Se la ndrangheta è un processo culturale, allora si può vincere”.

Le stanze

1. LA STANZA DELLA SCUOLA

La prima stanza del percorso espositivo prende spunto dalle pale d’altare cristiane, opere pittoriche destinate ad ornare gli altari delle chiese, e dall’estetica degli antichi archivi. Composta da un trittico fotografico e un’installazione: il primo interpreta la storia di un adolescente, sorretto moralmente da due adulti (nelle pale laterali), in procinto di compiere una scelta che può cambiare la prospettiva degli avvenimenti incontrollabili che sta subendo; nell’installazione laterale invece troviamo uno scaffale contenente i faldoni dei processi di ndrangheta più importanti degli ultimi anni, tra questi uno su tutti (il fascicolo Olimpia), è colorato di rosso, a significare che la memoria ci è stata tramandata al prezzo di numerose morti. Entrambe le opere sono inserite dall’autore nella sala lettura dell’OSN, dedicata solitamente ai laboratori e al servizio di doposcuola per i bambini del quartiere. Attorno ad essa è focalizzata la vita delle comunità.

2. LA STANZA DEL COMPROMESSO

Su questo piano sono snodati tre aspetti legati alla dicotomia e al compromesso presenti nella cultura ndranghetista. L’apparenza delle mura domestiche, dove si genera l’imprinting: fotografie e collage reinterpretano il cosiddetto “non finito calabrese”, ovvero quella pratica, tipica delle abitazioni dei boss, di lasciare insoluta la propria abitazione esterna, in netto contrasto con la volontà di avere interni ben curati e di pregio, che spesso nascondono vie di fuga, grazie alla presenza di opere di altissima ingegneria, come reti di tunnel sotterranei o pareti a scomparsa.
Il pentitismo: fenomeno per nulla frequente, per via dei profondi e complessi legami di sangue tra famiglie, raccontato dal punto di vista femminile, in un documentario che usa uno stratagemma narrativo come quello della tecnica VR (Virtual Reality), per farci immedesimare appieno nella presa di coscienza di una donna che decide di abbandonare definitivamente i suoi legami familiari malavitosi.
La maternità: il bagno, stanza della casa lasciata dall’OSN intatta anche dopo la confisca e riassegnazione del bene, e ultimo spazio da visitare su questo piano, induce invece una chiamata alla responsabilità nel generare un figlio all’interno di una famiglia mafiosa, il cui destino è quasi sempre quello del carcere o della tomba.

3. LA STANZA DEL LINGUAGGIO

Collocata al primo piano, ma penultima tappa da visitare nel percorso espositivo, la stanza del linguaggio si compone di due spazi distinti: quello di un salotto ricostruito, la cui parete principale è ornata di un’opera fotografica di grande formato, raffigurante un incontro di famiglia, lasciando spazio ad una libera interpretazione dei legami di ndrangheta; mentre nella seconda stanza laterale una botola porta il visitatore al bunker sotterraneo della casa, il cui pavimento e soffitto diventano un “sotto—sopra” concettuale: qui troviamo un’installazione di parole storpiate e ricostruite, significanti di cui è possibile riappropriarsi, anche quando si pensa di non avere più speranza.

4. LA STANZA DELLA SCELTA

L’ultima stanza (l’unica esterna) del percorso espositivo è dedicata alla storia di Letterio Nettuno, giovane vittima di mafia, torturato e ucciso per un regolamento di conti tra boss. Quattordici tavole fumettistiche, a mò di Via Crucis, riprendono i passaggi più importanti degli ultimi istanti di vita del quindicenne. L’autore, Francesco Piobbichi, dedica l’ultima tappa ad una storia crudele, e allo stesso tempo profonda, della guerra di mafia degli anni ’90 intercorsa in Calabria: l’opera vuole diventare memoria viva e attiva nei confronti della comunità che vive il territorio, per non dimenticare mai che il male non guarda in faccia a nessuno, e allo stesso tempo ridonare un soffio di umanità a chi ci ha lasciato per colpa di una cieca avidità.

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