A Roma, la Capitale d’Italia, ci sono talmente tanti ponti che nessuno sa esattamente quanti siano. La loro tradizione è antichissima: mentre dilagano inspiegabili polemiche sulla realizzazione del Ponte sullo Stretto, appare curioso ripercorrere la storia dell’Impero e dei ponti capitolini. Come sarebbe Roma se gli imperatori dell’antichità avessero dato retta ai No Ponte? Proviamo ad immaginarlo. Intanto possiamo dire che nella storia di Roma sono certamente stati edificati oltre mille ponti. Vittorio Galliazzo nel 1995 ha pubblicato una lista con oltre 900 ponti romani, di cui 330 costruiti in pietra, 34 in legname, 54 di acquedotti.
Il Ponte più antico di Roma probabilmente è il Fabricio, almeno tra quelli ancora in uso: collega l’isola Tiberina alla sponda sinistra del Tevere, e più precisamente il rione di Trastevere all’antico ghetto ebraico. Oggi è tra le principali mete turistiche della Capitale, attraversato quotidianamente da decine di migliaia di pedoni. Secondo le documentazioni dello storico Tito Livio, la costruzione del ponte risale al 62 avanti Cristo, ma soltanto come sostituzione di un ponte di legno già esistente addirittura nel 192 avanti Cristo. Cioè oltre 2.200 anni fa.
Le iscrizioni incise sulle arcate ci tramandano anche il nome del suo costruttore: Lucius Fabricius, all’epoca curator viarum, addetto cioè alla cura e all’amministrazione delle strade nella Roma antica:
L’importanza dei Ponti nella storia di Roma fu tale che il termine “pontefice” affidato al sacerdote massimo della religione romana nasce proprio nel 300 avanti Cristo come simbolo, etimologico, dal “costruttore di ponti“: colui che unisce, pacifica, collega, inteso al contrario di coloro che invece alzavano muri, ergevano barriere, dividevano la popolazione. Anche nell’antica Roma, quindi, c’erano i “No Ponte”: coloro che non volevano l’unione dei popoli, la rapidità dei collegamenti, alimentando bufale e fake news catastrofiste e anti scientifiche rispetto a tutti i drammi che si sarebbero verificati qualora il sacro Tevere fosse stato “violato“.
Eppure, gli imperatori romani non hanno dato retta a questi balordi cavernicoli: i Ponti si fanno, si fecero e poi vennero utilizzati e apprezzati da tutti. Anche da coloro che prima li contestavano. Come sarebbe Roma se gli imperatori avessero dato retta ai No Ponte? Non esisterebbe la città. Per spostarsi da Prati a Flaminio bisognerebbe risalire l’Appennino fino a Bologna, superando il monte Fumaiolo dove si trova la sorgente del Tevere. E per andare dal Vaticano a Montecitorio l’unica soluzione sarebbe quella di scendere a Fiumicino, prendere un traghetto, sbarcare al lido di Ostia per bypassare la foce del Tevere e quindi poi risalire verso l’altra sponda di Roma.
Tutti i cittadini non sarebbero liberi di spostarsi tra le due sponde del fiume: non ci sarebbe libertà di movimento, non ci sarebbero famiglie, amicizie, conoscenze e interscambi sociali e culturali. Non ci sarebbe neanche lavoro: le aziende di Roma ovest non potrebbero lavorare a Roma est, e viceversa, lasciando il territorio in povertà, arretratezza e sottosviluppo. Non ci sarebbe mai stata una grande città come Roma ma due città piccole degradate, con i cittadini più virtuosi a lanciare sospiri da una sponda del fiume guardando verso l’altra e immaginando quanto sarebbero stati grandi, ricchi e sviluppati se solo avessero costruito un ponte che li avesse uniti.
Insomma, se gli imperatori della storia avessero dato retta ai No Ponte, Roma sarebbe esattamente ciò che sono oggi Messina e Reggio Calabria.
Certamente il Ponte sullo Stretto è più difficile da costruire rispetto ai ponti sul Tevere. Ma infatti sono passati duemila anni e oggi abbiamo tecnologie ingegneristiche che ci consentono di andare sulla Luna. Figuriamoci fare un ponte tra Calabria e Sicilia. Il problema non è tecnico, ma politico: lo spirito e l’approccio degli antichi romani sembra perduto, almeno tra i cavernicoli oppositori della grande opera dello Stretto. Non è un caso, infatti, che proprio gli antichi romani costruirono il primo Ponte sullo Stretto della storia. Secondo lo storico Strabone, il console Lucio Cecilio Metello, vincitore di Asdrubale nella battaglia di Palermo durante le guerre Puniche, ebbe il problema di attraversare lo Stretto per trasferire dalla Sicilia al continente i 104 elefanti che aveva catturato ai cartaginesi, venuti in Sicilia dall’Africa in soccorso di Annibale.
Così, questo console geniale e illuminato, decise di far costruire una passerella galleggiante impiegando centinaia di botti legate a due a due, sovrastate da tavole di legno su cui fu messa della terra. La struttura, munita di grandi e robusti parapetti ai lati per non far cadere gli elefanti in acqua durante le operazioni di attraversamento, ospitò anche carri e soldati e rimase in piedi fino alla prima mareggiata consentendo attraversamenti pedonali alle popolazioni dell’epoca.
Se l’Italia avesse mantenuto il grande spirito dell’Impero, certamente di Ponti sullo Stretto ce ne sarebbero diversi già da 40 o 50 anni. E adesso che finalmente c’è un governo che vuole recuperare il tempo perduto, abbiamo i soliti cavernicoli che tentano di opporsi allo sviluppo del Sud. Non ascoltateli. Anche perchè la maggioranza dei cittadini è favorevole, come certifica ogni tornata elettorale. E in democrazia, il popolo è sovrano.