Il capo ultrà milanista Luca Lucci, già arrestato nell’inchiesta milanese sulle curve di San Siro, ha ricevuto un’altra ordinanza di custodia cautelare in carcere nell’ambito di un’altra indagine della Dda su un’associazione, vicina alla cosca della ‘ndrangheta dei Barbaro, che avrebbe “importato e distribuito”, tra la Lombardia e la Calabria, “oltre 2 tonnellate di stupefacenti“. Lucci, capo storico della curva Sud rossonera, è finito in carcere nel maxi blitz di Polizia e Gdf dello scorso 30 settembre, coordinato dai pm della Dda Storari e Ombra, con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata ad un serie di reati, assieme ad altri ultras milanisti suoi presunti sodali. Blitz che aveva riguardato anche i vertici e altri ultrà della curva interista e che vedeva al centro i business illeciti del tifo organizzato delle due curve e una seria di aggressioni ed estorsioni.
Lucci, che nel 2018 si era fatto fotografare anche con Matteo Salvini, è pure indagato per il tentato omicidio del 2019 di un ultrà rossonero, Enzo Anghinelli, per il quale di recente è finito in carcere il presunto vice di Lucci, Daniele Cataldo. Stamani i militari del Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Gdf di Pavia e del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata, nella nuova inchiesta della Dda, hanno eseguito nelle province di Pavia, Milano, Reggio Calabria, Lecco e Piacenza un’ordinanza di custodia cautelare a carico di 20 persone, di cui 15 in carcere (tra cui Lucci) e 5 ai domiciliari, accusati “di appartenere a un’associazione dedita al traffico di stupefacenti, articolata in cellule“, i cui “appartenenti, pur con compiti differenti, avevano l’obiettivo di procurare ingenti quantitativi di stupefacenti da rivedere all’interno della città di Milano“, soprattutto cocaina. Le indagini, secondo gli investigatori, hanno rivelato come “il terminale delle varie organizzazioni è in colui che ha sostituito i Flachi della Comasina godendo della consolidata vicinanza con i Barbaro di Platì, attivi nella zona di Cologno Monzese, ed i gruppi criminali albanesi e sudamericani che, da basi strategiche in Sudamerica controllano le spedizioni della cocaina verso le più importanti piazze intercontinentali“.
Maxi traffico droga, ‘un giro da 11 milioni di euro cash’
Dalla “contabilità rinvenuta” è emerso che la presunta associazione, con contatti con la ‘ndrangheta e che avrebbe messo in piedi un maxi traffico di droga e di cui farebbe parte anche il capo ultrà milanista Luca Lucci, con la vendita degli stupefacenti avrebbe “generato una ingentissima massa di denaro contante” per circa undici milioni di euro, usando “sistemi di occultamento finalizzati a sottrarre i profitti illeciti alla tracciabilità ed ai sequestri“. Lo spiega la Gdf di Pavia, che chiarisce come il presunto gruppo avrebbe fatto “ricorso, sistematicamente, ad organizzazioni strutturate” gestite “da collettori” cinesi “detentori, ormai in via esclusiva, dei canali bancari sommersi“, il cosiddetto “underground banking“, per trasferire “il denaro all’estero secondo il sistema del fei eh ‘ien, circuito finanziario finalizzato al trasferimento di soldi con completa garanzia di anonimato“.
Dalle indagini, come spiegano gli investigatori, “è stata individuata una sola compagine associativa trasversale“, i cui “componenti assumono quasi tutti la posizione di organizzatori” e composta da “elementi di spicco del narcotraffico lombardo (e non solo) per forniture all’ingrosso di sostanze stupefacenti“. Sarebbero stati importati “ingentissimi quantitativi di cocaina, grazie anche al rapporto privilegiato di un organizzatore del gruppo” con i “nuclei di criminalità organizzata stanziali in Calabria“. Il capo ultrà Lucci, già coinvolto in passato in indagini per fatti di droga e come era già emerso dagli atti dell’inchiesta sulle curve, avrebbe avuto, infatti, stretti legami con i Barbaro-Papalia. Allo stesso tempo l’organizzazione avrebbe “anche distribuito grossi quantitativi di hashish provenienti dal Marocco e dalla Spagna, grazie all’opera di un narcotrafficante di altissimo livello, tratto in arresto nel corso di recenti operazioni condotte nella città di Milano, che conta su solidi rapporti instaurati nel tempo con i più grossi produttori e fornitori magrebini“. Parte della droga, poi, sarebbe stata venduta “da noti elementi della malavita milanese legati in affari ai vertici del gruppo criminale imperante nel quartiere Barona di Milano“. Sarebbero stati importati e distribuiti “1000 chili di cocaina, 1000 chili di hashish, 173 chili di eroina“. Sono stati sequestrati “circa 250 chili di droga destinati all’organizzazione e la somma di 800 mila euro contanti, durante la fase di trasferimento all’estero“.