Eccolo lì. Aspettava al varco. Anzi, ci sembrava strano che non fosse intervenuto così insistentemente in questi ultimi tempi, quelli in cui se ne parla e il dibattito è quantomai acceso. Il riferimento è al Ponte sullo Stretto, alle solite polemiche e alle solite fake di Repubblica prontamente smentite. Protagonista? Giuseppe Conte. Il leader del Movimento Cinque Stelle ne ha approfittato per “sguazzare”, entrando a gamba tesa dentro l’argomento senza minimo approfondimento o verifica, ma aggregandosi al pensiero unico suo, dei suoi seguaci, dei soliti media e dei contrari allo sviluppo.
Sui social, l’ex Premier ha snocciolato una serie di numeri all’interno di un pensiero ampio legato alla notizia di Repubblica, quella in cui l’Ingv afferma di non aver mai dato il via libera sismico. “STANNO INCHIODANDO IL PAESE. Nuova gravissima puntata sul Ponte sullo Stretto dopo i diversi rilievi sulle carenze sul piano tecnico, ingegneristico e ambientale, con progetti vecchi di oltre 10 anni e la figuraccia di documenti pieni di caratteri e tabelle illeggibili. Adesso l’Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia) fa sapere di non aver mai dato il via libera sismico sull’opera e che servono studi sulle faglie attive”, scrive Conte.
La smentita
“Il Governo faccia subito chiarezza in tutte le sedi e in Parlamento. Su quest’opera stiamo bloccando quasi 15 miliardi. Intanto i pendolari di tutta Italia, a partire da Calabria e Sicilia, sono costretti a viaggiare tra mille disagi e difficoltà: sanno a che ora escono di casa ma non sanno a che ora arrivano al lavoro o a scuola, né tantomeno sanno a che ora tornano a casa. Non se ne fanno nulla dei plastici del Ministro Salvini a favore di telecamera se passano ore davanti ai display delle stazioni per capire meglio l’entità di ritardi e interruzioni”. Peccato che il Governo non abbia alcunché da chiarire. Cioè, lo ha già fatto più volte, attraverso la società Stretto di Messina, che per la milionesima volta si arma di pazienza e risponde al quotidiano punto per punto, approfonditamente, con numeri, dati e fatti concreti.
“Disagi che non sono legati a un “chiodo” come ci raccontano i Ministri, ma a un Governo che ha fatto inchiodare il Paese. Si son ritrovati – senza neppure volerlo – 209 miliardi che il mio Governo ha portato da Bruxelles e non sanno spenderli per le infrastrutture che servono. La spesa dei fondi è al palo e, come sottolinea il Sole 24 Ore, il 32% dei cantieri del Pnrr sono indietro, la metà non sono nemmeno partiti. Sanno solo dire “no”, come hanno fatto in Parlamento sull’urgenza di una Commissione che vigili sul Pnrr e monitori i ritardi, che potrebbe essere utile ad accelerare la spesa dei fondi. Non possiamo bloccare 15 miliardi sulla propaganda e sui pasticci del Governo: miglioriamo davvero e subito la vita dei calabresi, dei siciliani e di tutti i nostri cittadini”, aggiunge poi Conte.
Cosa ha fatto lui da Premier?
Conte, Conte, Conte, caro Conte. In un mondo democratico conta il consenso popolare, quello stesso consenso popolare che ha portato il partito pentastellato ai minimi storici e che ha permesso all’attuale Governo di guidare il paese attraverso il voto, democratico appunto. Cosa il tuo partito, negli anni in cui eri alla guida, ha fatto affinché venisse pareggiato il divario tra Nord e Sud in termini di infrastrutture? Quando parla dei pendolari calabresi e siciliani in difficoltà, lui che è a capo dei benaltristi, lui che è a capo dei “prima strade e ferrovie”, perché in quegli anni non ha lavorato affinché si migliorassero le strade e le ferrovie del Sud Italia, dall’alto – tra l’altro – di un consenso ampio al Sud in quegli anni?
E perché solo ora il Governo sta lavorando per stanziare fondi per le strade (SS 106 ad esempio), per le ferrovie (Alta Velocità, con i primi lotti fino all’alta Calabria) e per il Ponte appunto? Esattamente, i fondi PNRR che si vanta di aver portato, pensava di poterli utilizzare per le mancette ai fannulloni o per le inutili facciate gratuite che hanno solo distrutto l’economia e l’edilizia italiana, aumentando un’inflazione già galoppante dopo le chiusure del Covid (da lui eseguite) e le manovre forzate di nuovo denaro sonante?
La realtà è che lui si conferma il capo dei “no tutto”, di quella frangia di contrari allo sviluppo che urlano al complotto, alle mafie e a robe del genere. Una narrazione che ha permesso al Movimento Cinque Stelle di scalare le vette della politica italiana, sciogliendosi però poi come neve al sole con il tempo di un amen. Perché in politica contano i fatti, il consenso popolare (sempre molto alto dopo due anni per i partiti leader e sempre ai minimi storici per i pentastellati), la compattezza, la coerenza e la volontà di cambiamento e sviluppo. A sguazzare nelle fake, poi, ci si imbroda, e la gente lo ha capito. Lo dimostrano le urne.