L’interesse per il Ponte sullo Stretto e la vicinanza a Giorgia Meloni: Guglielmo Picchi racconta Donald Trump e i segreti del trumpismo

Intervista a Guglielmo Picchi, uno degli italiani più vicini a Donald Trump: una testimonianza inedita che smonta la narrazione della sinistra e dei grandi media europei

StrettoWeb

Donald Trump ha vinto le elezioni presidenziali USA e a gennaio si insedierà a Capitol Hill quale nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America: tra fegati spappolati e rancori, le élite europee non riescono a spiegarsi cos’è successo oltre oceano dopo aver dato per certa la vittoria della sinistra di Kamala Harris. E invece Trump non solo ha vinto, ma ha stravinto sia nei grandi elettori che nel totale del voto popolare. Adesso ci si interroga su quali saranno gli sviluppi delle politiche americane con il neo presidente conservatore, e anche su questo abbiamo le solite profezie di sventura con scenari catastrofici che come al solito non si verificheranno. Anzi.

L’ascesa al potere di Trump era stata dipinta in modo analogo nel 2016, così come nel 2022 è accaduto in Italia con Giorgia Meloni. E invece nessun dramma si è verificato. Al contrario, le cose sono andate bene e stanno andando bene proprio laddove governa la destra. E non è un caso se anche dopo il risultato delle elezioni USA i mercati mondiali hanno avuto un boom straordinario soprattutto in quei settori che vengono storicamente raccontati come progressisti, perchè rivoluzionari e quindi di sinistra: è il caso delle criptovalute e del green. Bitcoin è cresciuto del 40% toccando il nuovo massimo storico, Tesla addirittura del 60%: alla faccia del “Presidente-mostro“, dipinto come nemico dello sviluppo e dell’innovazione!

Intervista a Guglielmo Picchi

Per capirne di più in modo particolare sulle ripercussioni del Trump II sull’Italia del Sud, e quindi su Calabria e Sicilia, abbiamo intervistato Guglielmo Picchi, uno degli italiani di alto profilo più vicini agli Stati Uniti in generale e a Donald Trump in particolare. Picchi è stato deputato a Montecitorio per 4 legislature dal 2006 al 2022, Sottosegretario di Stato al Ministero degli Esteri tra 2018 e 2019, economista, grande esperto di finanza, ha militato per oltre 20 anni in Forza Italia dal 1993 al 2016, poi è passato alla Lega pur mantenendo sempre un saldo rapporto di amicizia con Berlusconi. Adesso si occupa di politica da indipendente: nel 2017 ha fondato il Centro Studi Politici e Strategici Machiavelli, diventato in pochi anni uno dei più importanti think tank conservatori europei, e oggi svela ai microfoni di StrettoWeb quant’è importante l’Italia del Sud per gli Stati Uniti d’America, soprattutto con Trump e con la prospettiva di realizzazione del Ponte sullo Stretto.

L’Italia è centrale per la strategia Indo-Pacifica degli USA“, spiega Picchi. “Nella visione strategica dello scacchiere internazionale per gli Stati Uniti, il Mediterraneo è un’area di competenza dell’Italia. E’ in Italia che c’è la principale base americana nel Mediterraneo, a Napoli, dove c’è la Sesta Flotta con il Comando della United States Naval Forces Europe; è l’Italia il Paese in cui arrivano tutti i tubi delle materie prime dall’Algeria e alla Libia; è l’Italia il Paese in cui arrivano tutti i cavi della fibra ottica per la trasmissione dei dati e la diffusione di internet; è l’Italia, in modo particolare la Calabria, il luogo in cui sorge il principale porto del Mediterraneo per la logistica, quello di Gioia Tauro (Reggio Calabria). E’ evidente che per gli USA il Sud Italia, e quindi Calabria e Sicilia, sono cruciali nello scacchiere di stabilità e sicurezza internazionale. Il Sud del nostro Paese è la parte prioritaria per lo sviluppo infrastrutturale: le infrastrutture servono non solo per i commerci ma anche per la logistica militare e umanitaria, non a caso a Brindisi – e quindi sempre al Sud – c’è un’importantissimo deposito delle nazioni unite per gli aiuti umanitari”.

E il Ponte sullo Stretto?

E’ fondamentale. Gli americani insegnano in questo: loro i ponti li hanno sempre fatti, già due secoli fa. Sono il motore principale dello sviluppo. A San Francisco, una delle zone più sismiche del mondo, molto più sismica dello Stretto di Messina, c’è il Golden Gate che è in piedi da oltre 100 anni e tutti gli italiani che vanno lì si fanno le foto ammirati, stupiti e impressionati. Gli americani non si pongono neanche il problema del Ponte: solo in Italia ci può essere un dibattito così povero e stucchevole, altrove nel mondo i ponti sono una cosa normale, banale, scontata. Ci sono ponti lunghi 60 chilometri, non solo negli USA ma anche in Europa, tra Svezia, Danimarca, ma anche in Turchia. Berlusconi aveva fatto tutto per il Ponte, poi Monti ha bloccato l’opera altrimenti oggi sarebbe già in piedi e funzionante. Adesso il nuovo governo per fortuna ha riavviato l’iter e gli americani non potranno che apprezzare e sostenere l’iniziativa“.

Picchi ha una grande esperienza internazionale: è stato negli USA oltre 35 volte, ha molti amici in America e mantiene contatti quotidiani con il partito repubblicano e non solo. E’ proprio lui ad aver organizzato, nel 2016, lo storico incontro tra Matteo Salvini e Donald Trump. E lui oggi spiega a StrettoWeb il cortocircuito dei media in Europa.

Guglielmo Picchi
foto ANSA

Diffidate molto da quello che esce sulla stampa italiana ed europea. La percezione che abbiamo di Trump in Europa non è basata su fatti e realtà, ma su ciò che presunti esperti e grandi media riportano. Questi, però, hanno pochi contatti d’élite esclusivamente a Washington e New York: vanno lì raramente, incontrano solo pochi democratici, parlano esclusivamente tra di loro e allora dicono ‘perbacco quel cattivone di Trump’, poi tornano in Europa e dicono che tutti parlano male di Trump ma quei tutti sono solo 10 democratici con cui hanno parlato loro. Non conoscono, non si rendono conto, delle vere pulsioni dell’America più autentica, più vera: ci riportano soltanto la visione di una ristrettissima élite di sinistra, che non è rappresentativa del popolo americano. E continuano a farlo anche adesso, dopo la vittoria delle elezioni. Sembrano la voce del partito democratico in Europa“.

A cosa si riferisce?

La prima cosa che mi viene in mente è quella dei dazi, ma anche alla guerra in Ucraina. Ci stanno martellando che Trump sarà un pericolo per l’Europa, che Trump è il male, perchè metterà i dazi. Ma in realtà non c’è alcun documento che parla di dazi da nessuna parte. E’ come quando dicevano che Meloni avrebbe sfasciato l’economia, tolto i diritti, aperto i campi di concentramento per gli omosessuali. Fanno catastrofismo per creare un nemico e alimentare le paure della gente più fragile. I dazi sono uno strumento di politica estera e di politica economica che qualsiasi Paese può utilizzare se si verificano determinate situazioni come la concorrenza sleale. Persino l’Unione Europea sta imponendo i dazi alla Cina per le auto elettriche. I dazi non sono mai contro qualcuno ma, semmai, sono per proteggere qualcosa e dobbiamo capire che Trump farà sempre e solo gli interessi dell’America. Trump non metterà i dazi contro l’Europa, ma se l’Europa si comporterà male con l’America dirottando le auto cinesi negli USA allora è ovvio che lui reagirà per proteggere il suo popolo. Ma non è lui il cattivo. Chi impedisce all’Europa di reagire con i dazi all’import di merci americane che non dovessero rispecchiare i nostri valori e principi? In ogni caso stiamo parlando di teoria, al momento non c’è nessuna intenzione di questo tipo nell’entourage di Trump“.

Non si può negare che Trump sia in ogni caso un personaggio sui generis.

E’ il modo più corretto per definirlo. I suoi migliori consiglieri, le figure autorevoli a lui più vicine, interpretano le sue intuizioni traducendole in politiche fattibili. Un suo braccio destro, una figura a lui vicinissima che sarà nella nuova Amministrazione USA, mi ha detto in tempi non sospetti che bisogna prendere Trump molto seriamente ma mai letteralmente. Significa che Trump fa le cose seriamente, ma fa anche lo show business, è fuori dalle righe, viene da The Apprentice e dal mondo della televisione. Se vogliamo, Berlusconi faceva le corna ai meeting internazionali trenta anni fa…“.

Trump come Berlusconi, ma anche demonizzato dalla sinistra come Salvini e Meloni. E poi, di recente, osteggiato dalla magistratura. Con una campagna elettorale centrata sulla lotta all’immigrazione clandestina: ma siamo davvero negli USA o in Italia? Sembra lo stesso identico copione…

E lo è, è proprio così. C’è un parallelismo forte, molto forte, tra quella che è oggi la politica americana e quella che è la politica italiana, con la differenza che stavolta l’America è arrivata dopo. E’ la prima volta della storia degli USA che assistiamo alla magistratura utilizzata per fini politici: gli americani lo hanno scoperto con Trump, in Italia è così dal 1994. Sui migranti la situazione è analoga: il confine Sud degli USA è un colabrodo, ci sono porzioni di territorio americano e intere città totalmente fuori controllo, in balia all’illegalità diffusa e alla totale clandestinità. E poi c’è la sinistra che, in Italia come negli USA, continua a demonizzare l’avversario dipingendolo come il male assoluto e fomentando tensioni e violenze“.

Il problema della NATO, però, rimane.

Certo, ed è un problema tutto europeo. Trump ha una politica molto seria per responsabilizzare gli europei e svegliare la NATO, giustamente gli americani hanno le scatole piene del fatto che loro ci proteggono con i loro soldi mentre noi europei per anni abbiamo fatto business con la Russia. La Germania si è venduta mani e piedi a Putin ma non spendeva soldi per la difesa. Trump lo ha detto in tempi non sospetti e andrà fino in fondo. Non possiamo pretendere che gli USA ci aiutino soltanto senza contribuire agli investimenti nella difesa. Dobbiamo prendere atto che il mondo è cambiato. Dalla visione politica alla necessità di investire sulla difesa, è tutto collegato“.

Cioè?

Quando ci sono persone che sono a disagio con Trump, con Le Pen, con Salvini, con Meloni, evidentemente sono reazionari che non hanno ben chiaro come sia cambiato il mondo, come siano cambiati gli elettori e le dinamiche sociali. Sono persone che fanno ancora riferimento a Margaret Thatcher e Ronald Reagan, tra le massime personalità politiche di fine secolo scorso. Ma quel mondo non c’è più: non possiamo più ragionare con canoni post guerra fredda quando al confine dell’Europa oggi hai uno come Putin che fa le guerre di posizione in Europa e manda 600 mila giovani a morire al fronte in due anni. E noi che facciamo? Gli USA di Trump chiedono agli alleati di essere seri e dare un contributo“.

foto ANSA

Quale sarà, in quest’ottica, il ruolo di Giorgia Meloni e dell’Italia?

Giorgia Meloni sarà una risorsa straordinaria per l’Europa intera. Il nostro premier sarà un interlocutore privilegiato per Trump, innanzitutto perchè è il leader europeo che maggiormente si avvicina a principi e valori di Trump, e che ha all’interno del suo governo la figura di Salvini che è sempre stato alleato di Trump. Meloni, inoltre è oggi in Europa il politico più forte perchè ha il governo più solido e stabile. Poi, come dicevo prima, l’Italia è strategica per gli USA. Il porto di Trieste così come quello di Gioia Tauro e in generale le infrastrutture per la logistica saranno il cardine della politica di Trump e si incrocerà con i nostri interessi nazionali. Non c’è alcun dubbio che l’Italia sarà grande protagonista e in totale sintonia con la nuova Amministrazione USA. E poi c’è Elon Musk che ha ottimi rapporti con Giorgia Meloni“.

Ritiene che sia stato decisivo per la vittoria di Trump?

Assolutamente no. Trump avrebbe vinto lo stesso. Musk ha contribuito ad allargare il margine, ma Trump ha vinto per meriti suoi. E poi i democratici hanno sbagliato tutto. Di Musk è più importante evidenziare un’altra cosa…“.

Dica pure.

Negli USA i conservatori hanno capito che se vogliono vincere la battaglia sociale e culturale contro la sinistra globalista devono impegnarsi in un fronte comune: così è nato il fenomeno del CPAC, il Conservative Political Action Conference, in cui i più importanti osservatori americani di destra si riuniscono e si confrontano mettendo insieme tutti quelli che la pensano allo stesso modo, così come ha fatto la sinistra per decenni con l’Internazionale Socialista. Sono importanti momenti di confronto e di incontro che hanno dato vita ad un’alleanza mondiale tra conservatori transatlantici e non solo, basti pensare a Javier Milei in Argentina e tanti altri movimenti fino in Sudamerica, Sudafrica e Australia, oltre ovviamente all’Europa. Musk, che dopo la drammatica esperienza del figlio ha dichiarato guerra all’ideologia woke e alle sue pericolosissime degenerazioni, è impegnato proprio ad alimentare questa sorta di circolo virtuoso globale per salvare i principi e i valori base dell’umanità“.

Guglielmo Picchi è sempre rimasto, in questi anni, molto vicino all’entourage di Donald Trump, mantenendo rapporti e frequentazioni con alcuni tra i massimi consiglieri del neo Presidente americano. Dopo aver vissuto di persona negli USA la campagna elettorale del 2016, “che è stata travolgente, riempiva i palazzetti con 20 mila persone negli Stati più remoti, e ho visto file di quattro miglia di persone che volevano entrare a sentirlo“, ha frequentato regolarmente il Senato e il Congresso ed è familiare con tante persone che entreranno nella nuova Amministrazione, per questo ha le idee molto chiare su “come quella gente abbia interpretato il popolo americano. Il trumpismo non è mai morto, ma oggi è più forte che mai, e questo risultato elettorale è dovuto alla spinta di Trump, organizzato stavolta in modo strutturale per controllare i seggi ed evitare brogli e formare il personale alla nuova amministrazione. Non c’è dubbio che dopo l’esperienza del 2020, adesso Trump si sia organizzato in modo più serio“.

Qual è stato il tema determinante per la vittoria di Trump?

Certamente quello dei migranti. L’Amministrazione Biden ha acuito i problemi del confine Sud, che è completamente aperto ai clandestini: ne entrano 3 milioni l’anno ed è insostenibile. Poi c’è stata la politica guerrafondaia dei democratici: Trump non è contrario alle azioni militari, ma ritiene che ogni azione che compie debba essere spiegata al popolo e debba avere un percorso. Sente il dovere di spiegare perchè lo fa, con quale obiettivo, in che tempi. Invece quello che hanno fatto i democratici, prima con Obama e poi con Biden, dichiarando guerre senza fine e senza spiegarle in alcun modo, non aveva alcun senso. Ovviamente anche Trump farà gli interessi degli USA, lo dimostrano le nomine di Marco Rubio a capo della diplomazia americana e Mike Waltz consigliere alla Sicurezza nazionale: entrambi tra i falchi, ma con un approccio diverso rispetto a quello dei democratici. Non c’è dubbio che oggi il movimento di Trump sia più forte e sano che in passato: c’è una forte reazione culturale. Gli americani vogliono un nuovo ordine negli USA, non vogliono ingerenze dello Stato nell’educazione dei figli, nelle tasse, nella proprietà privata e nella composizione sociale delle loro comunità. E’ questo il trumpismo: è l’America che vuole produrre, è l’America che vuole crescere, stare bene, avere meno vincoli e imposizioni dallo Stato federale e ripristinare la meritocrazia. I democratici invece volevano imporre l’agenda globalista, la dottrina gender, l’ideologia woke, buttando a mare l’essenza e l’identità americana e anche occidentale. Trump invece vuole rilanciare il grande sogno americano, il miracolo che ha fatto grande l’America nei secoli scorsi. Con tutti i limiti del personaggio che lasciano perplessi noi europei perchè abbiamo un’altra cultura, Donald Trump ha interpretato e incarna al meglio questo indirizzo politico e culturale“.

foto ANSA
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