Sabato scorso, presso la Sala dei Lampadari di Palazzo San Giorgio a Reggio Calabria, si è svolta la presentazione del libro “Mio fratello coperto dal mare”; la storia del parà reggino Giuseppe Iannì prematuramente morto, assieme ad altri 45 paracadutisti, durante un tragico incidente. Quella passata alla storia come “tragedia della Meloria” (poiché avvenne nelle secche della Meloria: un tratto di mare situato circa 7 km al largo di Livorno) è di fatto il più grave incidente occorso alle forze armate italiane dalla fine della seconda guerra mondiale; esattamente nel 9 di novembre del 1971.
Nell’ambito dell’esercitazione militare NATO denominata “Cold Stream”, svoltasi in Sardegna, era infatti previsto il decollo di nove aerei militari Lockheed C-130 Hercules e un Hawker Siddeley Andover (tutti della Royal Air Force) dall’aeroporto di Pisa-San Giusto per effettuare un lancio di paracadutisti italiani sulle zone di operazione. L’Hercules, matricola XV216, appartenente al No. 24 Squadron di Lyneham, si inabissò al largo della costa livornese all’alba di quel giorno con a bordo 6 militari britannici dell’equipaggio e 46 paracadutisti italiani della 6ª compagnia “Grifi” del 1º Reggimento Paracadutisti: tutti morti nell’incidente.
Sono state le sorelle Giusi, autrice del libro, e Caterina a raccontare e testimoniare la figura del giovane in presenza del giornalista -nonché parente dei familiari- Lucio Musolino. Per lo Stato Italiano si trattò di un normalissimo incidente ma, ad oggi e dopo 53 anni, rimangono aperti molti interrogativi; paradossalmente avvolti dentro quel tricolore riposto sopra le salme.
Il libro non risponde solo alla necessità di rinnovare la memoria facendo conoscere la figura del giovane reggino; rappresenta, piuttosto, un’ostinata ricerca della verità e di giustizia che, dopo 53 anni, rispetto a questa vicenda sembra siano aspetti inabissati assieme a quei giovani militari.
Proprio il giornalista Lucio Musolino ricorda che con “Il Fatto Quotidiano” la questione, anni fa, era stata riaperta e posta all’attenzione dell’opinione pubblica e del Governo; successivamente anche la Rai riprese questo servizio ma senza sortire alcuna reazione da parte delle Istituzioni. Prima della presentazione, sviluppatasi sotto forma di dialogo tra l’autrice ed il delegato metropolitano alla Cultura Filippo Quartuccio, è intervenuto il Sindaco Falcomatà per i saluti istituzionali. Nell’ambito del suo intervento il primo cittadino, riconfermando la totale vicinanza alla famiglia Iannì, ha rinnovato l’impegno a riaprire un confronto con il Governo avviato già in passato con l’ex ministro Guerini.
Le parole di Falcomatà
“Siamo molto contenti come amministrazione comunale di ospitare – ha dichiarato Falcomatà- la presentazione di questo libro. Ci colgo un significato particolare nel voler rimarcare il fatto che si tratta di una storia vera; perché chi conosce la storia di Giuseppe Iannì ed il travaglio successivo alla sua morte che hanno affrontato le sorelle probabilmente fa fatica a pensare che si tratti di una storia vera. Si tratta di uno dei tanti misteri italiani –prosegue Falcomatà– che è mistero fino ad un certo punto; perché ci sono storie che volutamente rimangono misteriose nella misura in cui si fa finta di continuare a non vedere quella che è la limpida verità dei fatti.”
Riconfermato il pieno sostegno alla famiglia Iannì con una richiesta di interlocuzione con il Governo
“Come Istituzioni –rilancia il primo cittadino– dobbiamo impegnarci a far recuperare un minimo di dignità a quello che è stato il sacrificio di Giuseppe Iannì. Anche con l’orgoglio di reggini e di quelle Istituzioni che vogliono valorizzare e non perdere la memoria, il ricordo e l’esempio che i nostri illustri concittadini hanno dato attraverso il loro lavoro, attraverso le loro fatiche, attraverso il loro estremo sacrificio. Pertanto -conclude Falcomatà- se Giuseppe Iannì sta dentro il ricordo dei caduti di quella tragedia, se sta dentro tutte quelle che sono le commemorazioni di quella tragedia non si capisce perché ancora non sia stato completato un riconoscimento formale dell’alto sacrificio che Giuseppe ha avuto per il suo Paese. Ecco perché confermiamo il nostro pieno sostegno con una richiesta di interlocuzione con il Governo. Questo libro è un atto d’amore: verso la memoria di Pino, verso la città, ma paradossalmente lo è anche nei confronti di quelle Istituzioni che, poiché ne riconosciamo l’alto valore, rispettiamo anche se ora non stanno riconoscendo il sacrificio di Pino. Questa, dunque, non è una battaglia solo della famiglia ma lo è della città intera”.