Scafati, provincia di Salerno, neanche 50 mila abitanti e solo due anni di Serie B una vita fa, nel secondo dopoguerra. Ma la squadra principale, la Scafatese, ha fame di stravincere la Serie D, nelle ultime gare ha rallentato e per questo la dirigenza si è arrabbiata. Il DS Pietro Fusco a fine gara non ha accampato scuse su arbitri, terreno di gioco o chicchessia. Ecco cosa ha detto.
“Dà noia che in due trasferte sono stati presi 7 gol. Per una squadra come la nostra, che vuole ambire a qualcosa di importante, c’è da correggere il tiro. Una squadra come la nostra non può andare dietro a episodi arbitrali, sennò diventiamo patetici. C’è da chiedere scusa alla società e ai tifosi. L’impegno dei ragazzi non è da mettere in discussione, ma la scusa è per i risultati. Mi prendo la responsabilità io, se c’è un responsabile quello sono io”. Parla chiaro, Fusco: “una squadra come la nostra”, dice, cioè la Scafatese, non può stare dietro ad arbitri o altri alibi.
Il paragone con la Reggina
Diverse centinaia di chilometri più a sud, poi, c’è Reggio Calabria, c’è la società Reggina e l’Amministrazione Comunale che ha scelto questa proprietà. Il patron, Ballarino, parla di “grande partita” riferendosi al pareggio in casa dell’ultima in classifica. Esalta uno 0-0 in casa dell’Akragas, dopo un primo tempo inguardabile. E menomale che non ci sono stati episodi arbitrali, sennò… apriti cielo.
Lo ricordiamo ancora cosa è successo contro l’Acireale, con il “nuovo dirigente” (?) Paolo Brunetti a scagliarsi contro l’arbitro nonostante il malore di quest’ultimo all’intervallo. E come non dimenticarsi poi, l’anno scorso, dell’alibi del terreno di gioco. La Reggina in Serie D che non vince e che si lamenta dell’arbitro e del terreno di gioco. Patetico. E patetica non vuole essere la Scafatese, che non si attacca ad arbitri o ad altro ma chiede scusa e si rimbocca le maniche. I campani dovrebbero prendere esempio dalla Reggina e dalla sua storia, ma non oggi, nel 2024, dove i ruoli si invertono. Ed è giusto così.