La viabilità secondaria è indispensabile per l’economia rurale e per lo sviluppo delle attività produttive. soprattutto nella parte più svantaggiata del territorio. Mi riferisco, in particolare, alle aree interne che, in territori aspri come quelli delle regioni meridionali, in particolare Calabria e Sicilia, hanno un assoluto bisogno di connettività. Allo stesso modo, non si può prescindere da una maggiore attenzione verso la manutenzione, sia per la rete principale che per quella secondaria. Oggi l’approccio non può essere quello del secolo scorso, alla luce delle moderne esigenze di un traffico sempre più impattante sulle condizioni di manto stradale ed opere d’arte. I moderni strumenti messi a disposizione dalla tecnologia per il monitoraggio dello stato manutentivo delle opere d’arte possono essere, in tal senso, decisivi.
Sicilia
Molto si sta facendo, ed occorre ancora fare per quanto concerne i nuovi collegamenti stradali. In Sicilia si lavora al completamento della statale 117 nord-sud e dell’anello autostradale, opera quanto mai indispensabile per la fascia sud-occidentale dell’isola, mentre manca all’appello almeno un altro attraversamento della catena montuosa settentrionale, attraverso la “intervalliva” spesso ipotizzata e mai realizzata tra il Tirreno e la Valle dell’Alcantara. Anche in questo caso, però, non si ha notizia di progettazioni in corso né, tanto meno, di finanziamenti.
Calabria
In Calabria si sta lavorando nei tratti più settentrionali della statale ionica, che va assolutamente riqualificata e raddoppiata in tutto il suo lungo tracciato; in tal senso, sono ancora troppe le tratte ferme allo studio di fattibilità. Sicuramente sono stati migliorati, negli ultimi anni, i collegamenti tra le due coste, che già hanno visto la riqualificazione della statale 534 tra la A2 e Sibari, mentre si sta lavorando alla “trasversale delle Serre”.
A fronte di questi interventi, rimane spessissimo insoddisfacente la vasta rete che raggiunge i centri dell’interno, e non soltanto quelli piccoli. Un sistema infrastrutturale che sembra dimenticato, nei programmi degli Enti locali e nei finanziamenti, sia in Calabria che in Sicilia.
A tal proposito, non si comprende per quale motivo il PNRR non finanzi interventi sulla rete stradale: se si tratta, come è stato detto, di una scelta mirata ad avvantaggiare i trasporti sostenibili, potremmo, eufemisticamente, considerarla frettolosa e superficiale.
Basti pensare, banalmente, che rendere i percorsi stradali più corti e veloci riduce le emissioni di CO2. E se si vuole agevolare il trasporto su ferro, bisogna favorire il trasferimento delle merci dai Tir ai carri ferroviari, realizzando collegamenti idonei a far arrivare comodamente i primi nelle strutture di carico dei secondi. Gli interporti, peraltro, sono strutture complesse, che conviene realizzare per contesti di dimensioni regionali se non sovraregionali, i cui percorsi di accesso possono avere lunghezze considerevoli.
Conseguenzialmente, le aree centrali, spesso lontanissime dalle grandi vie di comunicazioni, sono quelle che più di ogni altra lamentano la fatiscenza delle strade secondarie, la maggior parte delle quali gestite, fino a qualche anno fa, dalle Province. Una situazione pesante soprattutto per gli agricoltori, che in molte aree hanno difficoltà persino a raggiungere i loro poderi, a causa del dissesto delle strade rurali, aggravato da fenomeni meteorologici sempre più improvvisi e impattanti su un territorio geomorfologicamente fragile.
Qui occorrerebbe investire parecchio, ma soprattutto individuare, dopo l’abolizione delle Province, responsabilità e governance capaci di programmare, progettare ed eseguire gli interventi, magari accedendo a fondi comunitari che spesso vanno perduti, paradossalmente, per la scarsa capacità progettuale degli Enti Pubblici responsabili.
Dopo decenni di abbandono che hanno peggiorato la situazione socio-economica delle aree interne, a causa di una colpevole disattenzione della politica, sia locale che nazionale, non si può non accompagnare alla riqualificazione della viabilità principale un’attenzione almeno equivalente a quella secondaria.
Il rischio è di veder vanificato, almeno in parte, quanto si sta già mettendo in atto per consegnare, in un futuro non lontano, infrastrutture in grado di rilanciare, finalmente, l’economica delle regioni più svantaggiate del meridione.