Puntuale come una cambiale scaduta, ecco rispuntare fuori l’idea geniale dell’Aeroporto del Mela, ovvero di Messina e dintorni. A proporlo, dopo gli indiani del 2017 ed il consorzio di qualche anno prima, comparsi e scomparsi nel giro di qualche mese, l’ennesimo gruppo imprenditoriale, pronto a sborsare la bellezza di 800 milioni di euro. All’ammiccante grido “inaccettabile che una provincia come Messina non abbia un aeroporto” si promette addirittura di intercettare il traffico merci “che al momento viaggia prevalentemente su nave”.
Altro che traffico passeggeri, quindi, qui si pensa in grande: “Vogliamo una quadrimodalità per intercettare il traffico cargo sfruttando anche ferrovia, autostrada e traffico navale.” E pensare gli stessi promotori, durante la recente presentazione del progetto davanti la Commissione Ponte del Consiglio comunale di Messina ci hanno ricordato che il precedente studio sull’aeroporto del Mela è stato bocciato dell’ENAC “perchè sarebbe solo una copia di aeroporti attivi tra Sicilia e Calabria”. Non si capisce, quindi, per quale strano motivo questa “nuova” proposta debba essere, invece accettata.
La sensazione di chi scrive rispetto a quanto si è letto in questi giorni, è quasi di incredulità. Se continuano a fioccare proposte su un’infrastruttura già più volte proposta e regolarmente bocciata, qualche motivo ci deve pur essere. Gli interessi che possono svilupparsi in tal senso sono tanti, ma è difficile che esseri senzienti pensino veramente di arrivare alla fase esecutiva. La progettazione, di suo, rappresenta un’interessante attrattiva, così come la voglia di far parlare di sé; o, chissà, qualcuno potrebbe vedere in quest’improbabile idea un formidabile “assist” a chi si oppone alla realizzazione del Ponte sullo Stretto.
Un aeroporto a Messina già c’è: quello dello Stretto
Infatti, come ho spiegato più volte, Messina un aeroporto già ce l’ha, ed è il Minniti di Reggio Calabria, detto anche, non a caso, “Aeroporto dello Stretto”. Si trova a soli 10 km di distanza in linea d’aria dalla città, ovvero in una posizione geografica migliore di centinaia di aeroporti, nel mondo, rispetto alla loro città di riferimento. Purtroppo, c’è di mezzo lo Stretto, ma sui collegamenti, come sappiamo, si sta lavorando: segnatamente proprio all’opera di attraversamento stabile il cui progetto definitivo è in fase di approvazione, con inizio dei lavori prevista già per il prossimo anno.
Opera che renderà il Minniti raggiungibile da Messina in meno di mezz’ora, grazie alla cosiddetta “metropolitana dello stretto”, dotando la città e la sua provincia di un’infrastruttura che, contrariamente alle tante Cassandre che ne hanno ridimensionato le potenzialità in passato, funziona benissimo. E’ bastato, infatti, che una sola compagnia low cost credesse nello scalo reggino per farlo diventare, in poche settimane, un punto di riferimento non soltanto per tutta la Calabria meridionale, ma anche per la stessa città di Messina, già adesso senza Ponte. Incredibile che si insista, ancora, nell’idea di creare un doppione a soli 40 chilometri di distanza. La stessa distanza che separa Palermo dal suo aeroporto e che, per questo tipo di scali, equivale a due passi.
Qualche numero per capirne di più
La tecnica dei trasporti ci dice infatti che l’aeroporto ideale deve avere un bacino di utenza molto vasto, essendo un’infrastruttura ad altissimi costi di gestione, oltre che di costruzione. E che realizzare più di un aeroporto per provincia, come si è fatto finora in Italia, è una pessima idea. I numeri, che non hanno colore politico né interessi nascosti, parlano chiaro: in Italia esistono 126 aeroporti di varie dimensioni. Quelli certificati ENAC sono 45, ma di questi soltanto 38 svolgono servizio commerciale effettivo. La maggior parte di questi ultimi stenta a raggiungere il pareggio di bilancio, obiettivo che richiede, solitamente, pesanti finanziamenti pubblici. Per informazioni, chiedere a Trapani e Comiso, fortemente penalizzati, per utenza, dai vicini aeroporti di Palermo e Catania; in una Sicilia che conta ben 4 aeroporti a disposizione dei suoi 5 milioni di abitanti.
Ciò avviene, semplicemente, perchè un aeroporto di media grandezza, diciamo di interesse nazionale, deve avere come bacino d’utenza una popolazione di almeno 2 milioni di persone. Se l’aeroporto è di livello nazionale o intercontinentale, come previsto dagli ambiziosi promotori del Mela, esso necessiterebbe di un bacino d’utenza pari addirittura ad almeno 10 milioni di persone. E ciò semplicemente per garantire un flusso costante di passeggeri e compensare le ingenti spese. Fra queste rammentiamo robetta come la manutenzione delle piste, dei terminal e delle infrastrutture, i servizi di sicurezza, la gestione del traffico aereo, la gestione del personale, l’energia e altri servizi essenziali.
Facendo due conti in croce, e considerando gli aeroporti vicini di Catania e Reggio Calabria (lascio fuori Palermo nel cui bacino, comunque, ricade una piccola parte della provincia di Messina), è evidente che l’aeroporto del Mela non potrebbe mai contare su un bacino d’utenza nemmeno lontanamente paragonabile a queste dimensioni, atteso che la provincia di Messina conta soltanto 600.000 abitanti, da condividere con gli scali di cui sopra.
Il territorio, questo sconosciuto…
A tal proposito, non deve confortarci l’intenzione di realizzare l’opera con fondi privati, perché questo è solo un aspetto del problema: se nella fase operativa l’opera non sarà autosufficiente, essa diventerà l’ennesima cattedrale nel deserto, peraltro a discapito di un territorio che, in questi casi, verrà ampiamente sacrificato.
Sul Mela, per tornare al nostro caso, occorrerebbe cancellare tutto quello che si trova all’interno di centinaia di ettari, abitazioni comprese; un’eventualità che si può anche accettare, se l’opera è veramente indispensabile allo sviluppo del territorio. Ma è questo il caso?
Difficile, poi, pensare che gli enti di tutela del Territorio dal rischio idrogeologico (ma anche gli stessi Comuni interessati) autorizzino il tombamento del torrente che dà il nome all’aeroporto, indispensabile per dare continuità alla pista. Un corso d’acqua più volte esondato in passato, in un’area già alluvionata ed in un’epoca di continue “bombe d’acqua”.
Per chi programma un intervento coì invasivo, la prima cosa che occorrerebbe fare è accertarsi dei vincoli gravanti sul territorio, ma qualcosa ci dice che coloro che hanno mandato (come si legge nelle recenti dichiarazioni) “le carte” ad Enac e Ministero dei Trasporti, non se ne siano curati.
Il mito del traffico merci
Sulla possibilità di fare di questo aeroporto un’alternativa al traffico merci, viene soltanto da sorridere. Anche in questo, per comprendere l’assurdità di questa affermazione, ci aiutano i numeri. Per primo, visto che chi scrive rispetta l’ambiente sul serio, e non per partito preso, un dato sulla sostenibilità di questa idea: per una tonnellata di merce, un volo aereo emette circa 10-20 volte più CO2 rispetto a una nave sulle stesse distanze.
Per quanto riguarda il vil denaro, rammento che il costo medio per il trasporto di una tonnellata di merce per un km via aereo, statistiche alla mano, può variare tra 0,30 e 1 USD a seconda della rotta e delle specifiche della merce. Via mare, la stessa tonnellata può essere trasportata spendendo tra 0,005 e 0,03 USD per km per tonnellata. I costi del trasporto aereo possono essere quindi da 30 a 60 volte superiori rispetto al trasporto marittimo a parità di peso e distanza percorsa.
Questo spiega perché il trasporto marittimo è preferito per carichi pesanti e non urgenti, ovvero per la stragrande maggioranza di quello che si trasporta in giro per il mondo. Mentre il trasporto aereo è utilizzato principalmente per merci urgenti, di alto valore o particolarmente deperibili. L’aereo va benissimo, ad esempio, per la posta o per i prodotti ortofrutticoli, ma non certo per caricarci sopra i containers provenienti dalla Cina. Cosa che, infatti, nessuno che si occupi di logistica si sogna lontanamente di fare, anche perché sugli aerei cargo le merci utilizzano contenitori denominati ULD (Unit Load Devices) appositamente progettati per essere caricati e scaricati dagli aerei, che nulla c’entrano con i containers che invece viaggiano indifferentemente su TIR, treni e navi.
Una proposta destinata all’accantonamento, come le altre
Insomma, ce n’è abbastanza per prevedere che l’ultima ambiziosa proposta per l’aeroporto del Mela, di cui abbiamo sentito parlare nei giorni scorsi, faccia la fine delle precedenti, italiani o indiani che fossero i loro promotori. E che non ci si faccia prendere troppo da slogan del tipo “Messina ha diritto al suo aeroporto!”, volti soltanto a stimolare l’irrefrenabile impulso campanilistico che alberga in ogni abitante del Bel Paese.
Abbiamo già spiegato cosa succede a realizzare un aeroporto per provincia. In un mondo ideale, che non è quello dei facili annunci e della gestione “creativa” del territorio e della logistica, gli aeroporti vanno realizzati con parsimonia, all’interno di ambiti vasti e dotati di un’adeguata rete di trasporti su terra, per strada e ferrovia, che li renda facilmente raggiungibili. Si, perché il mondo dei trasporti è fatto di coesistenza, non di “questo o quello”. Almeno, il mondo dei trasporti ideale… Quello che piace al sottoscritto.