Sta facendo parecchio discutere il ricorso al TAR contro l’ok della Commissione VIA-VAS, che nelle scorse settimane aveva dato il proprio benestare alla realizzazione del Ponte sullo Stretto, presentato dal sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, e da quello di Villa San Giovanni, Giusi Caminiti. Un provvedimento che, per quanto possa avere scarsa efficacia in termini di risultati ottenibili, potrà comunque ritardare ulteriormente i tempi di realizzazione di un’opera già bloccata dalla Sinistra in passato con Prodi nel 2006 e Monti nel 2012.
A rendere ancor più incomprensibile l’operato dei due Primi Cittadini è il fatto che sembrino opporsi al progresso delle stesse città che amministrano. Villa San Giovanni, proprio a causa dell’assenza del Ponte sullo Stretto, è ridotta a zona di traghettamento, stuprata dai tir, dal traffico, dallo smog.
Le viene offerta un’opera in grado di riqualificarla aggiungendone, come da progetto, un lungomare, un affaccio sullo Stretto, un parco, ma il sindaco Caminiti risponde “no, grazie”. Reggio Calabria merita un approfondimento con viaggio a ritroso nella politica e nella storia cittadina.
Falcomatà e Falcomatà: uno sogna il progresso, l’altro lo rinnega
Nel 1971, a causa dei lavori relativi al raddoppio della linea ferroviaria Reggio Calabria-Villa San Giovanni, voluti da Ferrovie dello Stato, venne a crearsi una sorta di “cortina di ferro” che divise la città dal mare dello Stretto per diversi decenni. Il cambiamento arrivò con la battaglia condotta da Italo Falcomatà che, nel 1998, intraprese un’azione giudiziaria che costrinse Ferrovie dello Sato a destinare 13 miliardi per la riqualificazione del Lungomare. Interrata la ferrovia, il Lungomare reggino è divenuto il chilometro più bello d’Italia e oggi porta proprio il nome del sindaco della “Primavera di Reggio”.
Una storia di passione politica, di amore per la propria terra, di sviluppo e progresso. Il Lungomare, per la Reggio dell’epoca, era una grande opera in grado di guidare il cambiamento della città, economico, turistico e sociale, verso il nuovo millennio. Italo Falcomatà ha accettato la sfida, ha guardato al futuro, ha abbracciato il progresso.
Il figlio Giuseppe Falcomatà, alla stessa idea di progresso, oggi vuole porre il suo veto. La costruzione del Ponte sullo Stretto viene criticata, rallentata, osteggiata. “Opera faraonica”, “cattedrale nel deserto”, “colata di cemento” e altre etichette che non fanno altro che ritardare lo sviluppo di una città che brama di spiccare il volo ma resta con le ali zavorrate a terra da una politica che guarda agli interessi di partito più che a quelli territoriali.
Da Italo a Giuseppe, what if…
Analisi che ci pone davanti a uno fra i “what if…” che maggiormente è in grado di far riflettere: cosa sarebbe successo se al momento dei lavori di riqualificazione del Lungomare ci fosse stato Giuseppe Falcomatà? Avremmo ancora oggi la ferrovia che deturpa il territorio, in stile fossato, rovinando il più bel biglietto da visita della città? E cosa succederebbe, invece, se oggi il sindaco di Reggio Calabria fosse ancora Italo Falcomatà? Il Ponte Sullo Stretto troverebbe, nel Primo Cittadino reggino, un grande sostenitore e non un ferreo oppositore?