Il progetto che unisce Reggio e Messina nel monitoraggio media: sfide e insidie dell’informazione | FOTO

A Reggio Calabria gli Stati Generali dell’Informazione e della Comunicazione di Co.Re.Com Calabria: le sfide e l'evoluzione dell'informazione. Presentato un progetto sul monitoraggio media che unisce Università di Reggio Calabria e Messina

  • Fulvio Scarpino Co.Re.Com Calabria
    Foto di Salvatore Dato / StrettoWeb
  • Conferenza Stati Generali dell'informazione e della Comunicazione Co.Re.Com Calabria
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  • Polo Culturale Mattia Preti
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  • Premiazione Conferenza Stati Generali dell'Informazione e della Comunicazione Co.Re.Com Calabria
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StrettoWeb

Il Polo Culturale “Mattia Preti” del Consiglio Regionale della Calabria ha ospitato gli “Stati Generali dell’Informazione e della Comunicazione: dal sistema radiotelevisivo alle nuove frontiere del web e dell’intelligenza artificiale“, promosso dal Co.Re.Com. Calabria. Un ‘clinic’ sull’informazione pensato per i professionisti di emittenti della carta stampata, radio-tv e web. L’opportunità di tracciare i contorni di un quadro in continua evoluzione, ricco di sfide ma anche di insidie, in particolar modo legato alla fruizione dei nuovi media da parte dei minori.

Fulvio Scarpino, presidente Co.Re.Com Calabria, introducendo la conferenza odierna ha posto subito l’attenzione sui giovani “chiusi in un mondo virtuale“, situazione che “deve porre dei problemi a genitori, mondo dell’informazione e della chiesa. Solo facendo rete tutti insieme abbiamo la possibilità di fare qualcosa di concreto con loro. Co.Re.Com Calabria chiede a queste 3 entità di supportarci in questo percorso per il futuro dei nostri giovani. Noi siamo tutti ‘datati’: o cerchiamo di intervenire nel loro mondo, dando a loro voce, o stiamo solo perdendo tempo“.

Ai microfoni di StrettoWeb Scarpino ha spiegato come oggi ci siano dei dati allarmanti: “un aumento dei tentativi di suicidio fra i giovani del 75%, una bambina su cinque è vittima di cyberbullismo, un bambino su due è vittima di bullismo“, aggiungendo come oggi i telefoni siano diventati i “badanti digitali dei figli“.

Monitoraggio media: il progetto dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria e di quella di Messina

A rinsaldare il legame fra cultura e informazione ci hanno pensato l’Università Mediterranea di Reggio Calabria e l’Università di Messina che hanno presentato il progetto di machine learning per il monitoraggio dell’emittenza televisiva, realizzato in collaborazione fra i due atenei.

Il dottor Maurizio Priolo, direttore del Co.Re.Com Calabria, ha introdotto il progetto spiegando che “l’architettura del sistema è quella di captare i segnali televisivi delle emittenti locali e immagazzinarli in una struttura che gestisce una grandissima quantità di dati. Quando abbiamo lanciato questa funzione per studiare come il sistema radiotv si occupasse della povertà educativa abbiamo individuato quante volte quell’argomento venisse richiamato, andando a individuare le informazioni qualitative. Lavorare sulle parole è già difficile, parlare di elementi grafici e visivi rappresenta un livello tecnologicamente più avanzato“. Il progetto si occupa anche della “classificazione dei contenuti, analizza i programmi per riscontrare violazioni normative“, infine del “reporting e visualizzazione, monitoraggio e controllo“.

Conferenza Stati Generali dell'informazione e della Comunicazione Co.Re.Com Calabria
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Un’idea rivoluzionaria nello Stretto

Il professor Carlo Morabito ha aggiunto: “si tratta di un progetto di tecnologico nato nel 2019. La situazione tecnologica all’epoca era diversa, non erano presenti ChatGPT e altri sistemi oggi ampiamenti sviluppati. Sono passati 5 anni ma è come se fosse passata un’intera generazione dal punto di vista tecnologico. Noi come Reggio Calabria e anche con l’Università di Messina eravamo oggettivamente avanti sia nel deep learning che nel database, piattaforme e stazioni di segnale.

Uno dei punti chiave è che i denari messi a disposizione erano destinati esclusivamente a laureati delle due università con 5 borse: 3 all’università di Messina che preparava anche la piattaforma, molto innovativa, due all’Università di Reggio Calabria. Si trattava da un lato di raccogliere i dati, parliamo di video, filmati di 24 ore di un canale tv. Dati ‘spaventosi’ dal punto di vista del peso e della dimensione, che vanno conservati e trattati. Il Co.Re.Com ha pensato anche di rivedere l’hardware per trattare questi dati.

All’inizio è stata un’iniziativa folle: in Italia nessuno aveva questi strumenti. Lo sviluppo del progetto è andato oltre le caratteristiche iniziali della proposta perché nel frattempo cresceva una consapevolezza e una competenza diversa rispetto agli strumenti tecnologici.

Il tutto è in continua evoluzione. Questo sistema dovrà essere revisionato tecnologicamente e contenutisticamente. I ragazzi hanno lavorato molto bene, sono contento che possano completare questo percorso presentandone i risultati. Parliamo di un sistema open che andrà aggiornato nel tempo“.

Conferenza Stati Generali dell'informazione e della Comunicazione Co.Re.Com Calabria
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La spiegazione del progetto

Federico Candela, ingegnere e dottorando dell’Università di Reggio Calabria, Lorenzo Carnevale, ricercatore dell’Università di Messina in informatica, Giovanni Lonia, dottorando in dottorato nazionale IA dell’Università di Messina sono tre delle giovani menti che hanno contribuito alla realizzazione dell’ambizioso progetto. Ai microfoni di StrettoWeb ne hanno spiegato il funzionamento e gli obiettivi principali.

Un excursus sull’informazione: la RAI e le sfide delle nuove tecnologie

Massimo Fedele, Direttore di RAI 3 Calabria, ha fatto un interessante excursus sulla storia della RAI: “parto da una frase di Victor Hugo: ‘il futuro è una porta, il passato è la chiave per entrarci’. La Rai quest’anno festeggia 70 anni di tv e 100 di radio ed è indiscutibile che abbia portato nella sua storia intrattenimento e svago nelle case degli italiani, contribuendo a quel senso di valore formativo di Paese, unendo da Bolzano a Trapani tanti statarelli che avevano bisogno di essere uniti.

Quando è nato il web l’informazione era quasi in tempo reale. Poi si è passati al web 2.0 in cui, al giorno d’oggi, c’è difficoltà a distinguere realtà virtuale e realtà reale. Adesso si parla di web 3.0, una realtà immersiva e sensitiva. Un percorso irrefrenabile ma da gestire: la vera sfida per emittente pubblica, scuola, famiglia e università“.

Proiettato un video riguardante le maestranze RAI e tutto il dietro le quinte con gli operatori tecnici che contribuiscono alla realizzazione di un programma tv, il direttore Fedele ha ripreso la parola aggiungendo: “la sfida epocale è gestire l’intelligenza artificiale a nostro favore. Passione, solidarietà ed empatia, soprattutto collaborazione fra le maestranze della Rai, possono essere migliorate con l’uso dell’IA, del web e dei nuovi sistemi. La Rai sta investendo molto in questo campo. Ci adegueremo ad affrontare questo percorso al pari dell’emittente televisivo europeo“.

Iperconnessione e minori: “essere nativi digitali non vuol dire conoscere il corretto utilizzo delle tecnologie”

Rossella Marzullo, Prorettrice delegata all’orientamento dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, ha aperto la seconda fase della conferenza, quella con un focus importante sui minori, le insidie del web, i risvolti sociali e l’importanza dell’informazione in questo macro contesto delicato ma fondamentale.

È questione centrale nelle riflessioni scientifiche, politiche e sociali, il rapporto dell’uomo con le tecnologie e dei giovani. I giovani hanno una dimestichezza straordinaria riguardo le tecnologie, sono i cosiddetti ‘nativi digitali’. Essere nati in questo contesto di familiarizzazione non corrisponde a una competenza reale rispetto al corretto utilizzo delle tecnologie. – spiega la dottoressa MarzulloQuesto è il vero problema e riguarda la comunicazione. L’impatto sul modo di comunicare è così forte che non ci si può non porre un problema sulla comunicazione.

Il progetto fra le due Università riguarda anche la selezione di vocaboli e parole. Anzitutto perché, rimanendo in tema di parole, dal 2010 Tullio De Mauro, registra una perdita progressiva di certi vocaboli. Impoverimento del linguaggio è impoverimento del pensiero. La ricerca delle parole è anche lo strumento per selezionare le parole diventa strumento per monitorare questa perdita progressiva e cercare un modo corretto per intervenire. I giovani sono muti sotto tanti profili. In un mondo iperconnesso, iperveloce, iperaffettivo, questo è uno dei grandi temi su cui discutere. In questa iperconnessione si nascondono solitudini profonde, incapacità di gestire la connessione fisica.

Si pensa che se un ragazzo sta nella sua stanza con un dispositivo non possa succedergli niente di male. I dispositivi elettronici sono i ‘badanti’ dei nostri figli, questo è anche un atteggiamento ingenuo che riguarda la mancanza di controllo.

Mi sento di dire che la direzione, la rotta che si sta tracciando, è però quella corretta, soprattutto in riferimento al rapporto che le istituzioni hanno con le nuove generazioni e con il ruolo di formazione. È un passo avanti: oggi le istituzioni formative sono più attente a questi aspetti, partendo dal presupposto che oggi, abitare il web, è un modo di abitare un’altra realtà, un nuovo habitat in cui nascono relazioni, magari deboli e costruite su una virtualità fragile, ma questa consapevolezza è già un punto di partenza nuovo.

L’humanitas è fondamentale, c’è bisogno di riumanizzare un luogo che rischia di essere un deserto di emozioni. Prolificano sul web cyberbullismo, hate speech, disprezzo per il diverso. Perché le regole che ci siamo dati nel mondo fisico non funzionano in quello digitale che va regolamentato“.

Monsignor Attilio Nostro: il linguaggio dei giovani, l’ascolto e i fallimenti

Monsignor Attilio Nostro, vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, ha fatto uno degli interventi più interessanti concentradosi sull’ascolto dei giovani e sul loro linguaggio: “mi rendo conto che ci stiamo cimentando in un’impresa che non può essere indirizzata solo in maniera confessionale. Entriamo in un mondo con determinate regole in cui c’è necessità di restituire un linguaggio. Il Papa, nelle lettere che dedicherà nel mondo del giornalismo a gennaio prossimo, parlerà del linguaggio del cuore. Il Papa vede che oggi c’è un linguaggio e un modo di fare di guerra e violenza. Pensando al tema dei minori, le modalità di questo linguaggio, soprattutto nei social, è senza regole e va ‘disarmato’ affinchè non diventi strumento di offesa ma di comunicazione”.

Successivamente, monsignor Attilio Nostro ha aggiunto: “noi oggi abbiamo perso i giovani, anche nella chiesa, perché non li ascolta nessuno. Non abbiamo gli strumenti per saperli ascoltare, la competenza. Questo fa la differenza fra la vita e la morte, non si scherza più. Oggi sono iperstimolati con messaggi che vanno dovunque, tranne che nel loro cuore.

Selena Gomez ha parlato di quando non riusciva ad accettare se stessa; Billie Eilish si è persa un pezzo dell’adolescenza per la pornografia. Queste persone hanno a cuore quei giovani che non comunicano ma che stanno nella loro stessa condizioni, facendosene carico in maniera empatica. Abbiamo perso il senso dei nostri fallimenti, non si può più fallire. Abbiamo messo nel cuore dei ragazzi il concetto che se fallisci sei un fallito: se fallisci HAI fallito, non SEI un fallito. Una realtà che sta diventando ontologica. Dobbiamo educare i nostri ragazzi a essere filosofi, metafisici“.

I problemi del linguaggio, Soluri: “dalla tv troppo trash, c’è decadenza della parola”

Giuseppe Soluri, presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Calabria, ha rivolto un’interessante analisi sul linguaggio dei giovani, spesso mutuato da cattivi esempi legati al mondo della tv: “il problema è un po’ più ampio e riguarda la parola, il linguaggio. Il problema sono le idee che si esprimono, le parole che si dicono e come si dicono. Dobbiamo prendere atto del degrado complessivo presente. Vedo sulle principali reti nazionali, sia pubbliche che private, programmi completamente trash. Non esiste più un linguaggio che abbia qualcosa da dire. Esiste la battuta becera, infarcita dalla parolaccia, ormai sdoganata. Si dice di tutto anche con l’aggressività, quasi fisica e verbale.

C’è anche da registrare un degrado nella famiglia e nella scuola a causa di un cambiamento epocale. I genitori hanno abdicato al proprio ruolo per diventare amici, compagni e complici. Le gerarchie della responsabilità sono saltate. I ragazzi presumono che il padre e la madre siano al loro livello e che in tante occasioni non abbiamo il diritto di intervenire sulla loro educazione, redarguire e indirizzare. I ragazzi presumono di avere gli strumenti per decidere la loro vita in maniera autonoma, senza che nessuno possa intervenire. Un fenomeno venuto dal web.

I ragazzini, di 5-6 anni, oggi hanno il telefono in mano. Il ragazzino che si ritrova la possibilità di incontrare il mondo con le sue bestialità e le sue grandezze, presume che la sua educazione possa venire da lì. Il mondo virtuale evita relazioni personali e autentiche in cui scambiare idee, esperienze e crescere“.

Il punto di vista della politica

Ernesto Alecci, segretario questo Ufficio di Presidenza e Vice Presidente Commissione affari istituzionali per il Consiglio Regionale della Calabria ha parlato della sua esperienza personale raccontando: “ho sentito parlare della famiglia negli interventi precedenti. Quando penso all’informazione penso a mio padre che rientrava in casa con una serie di quotidiani. Li leggeva e commentava qualche notizia. A tavola difficilmente passava la giornata con discussioni accese su ciò che accadeva nel nostro Paese. Anche noi figli eravamo coinvolti. Oggi abbiamo una tv e un salotto ma le famiglie non si riuniscono più. I figli non seguono la tv con le famiglie, sono tutti al telefono. Neanche la sera. Il ciclo è inverso. Siamo investiti da una miriade di informazioni e i più giovani, magari in maniera inconsapevole, immagazzinano informazioni che influenzano i loro comportamenti.

Temo che ciò stia iniziando ad accadere anche riguardo la politica. Il tempo di approfondire lo hanno in pochi, ci fermiamo ai titoli. In un periodo storico in cui il ruolo della famiglia sta venendo meno, l’unica soluzione è quella di appellarsi a scuole e istituzioni che devono contribuire a far sviluppare il senso critico nei ragazzi. Non è uno scarica barile: se nelle famiglie qualcosa può mancare, nella scuola non deve mancare“.

Casadonte: “partire dalla Calabria è un plus”

Gianvito Casadonte, direttore del Magna Graecia Film Festival, ha sottolineato come vada insegnato ai giovani a sognare e a farlo anche dalla Calabria, terra in grado di dare una marcia in più: “partire da un piccolo centro è un plus. Dico ai ragazzi che partire da un piccolo posto della Calabria, la formazione di una città di provincia, sono una vera ricchezza. Capire questo ti dà una marcia in più. A me la Calabria ha dato una marcia in più.

Riuscire a costruire qualcosa in Calabria vale più di qualsiasi altro posto. Per me ‘vincere l’Oscar’ è far venire Kevin Costner gratuitamente al Magna Graecia Film Festival, o lo stesso Richard Gere. Riuscire a convincerli, metterli nelle condizioni di venire e ospitarli, è stata la svolta. Il resto del mondo adesso sa dove il Festival si realizza. Tim Roth non sapeva dove stesse la Calabria sulla cartina geografica, l’ha cercata sul mappamondo. Da noi non si pagano i biglietti. Perché? Perché quando ho iniziato 21 anni fa, pensavo che se un padre o una madre dovessero portare i propri figli a venire a vedere il Festival, 10 euro a testa per una sera sono 40 euro, diventano 400 per 10 serate. Una cifra che pesa sul bilancio familiare.

Richard Gere mi chiese ‘quando costa il biglietto?’. Gli risposi che era gratis. Mi disse: ‘you are crazy’. L’obiettivo non è recuperare denaro ma raccontare una Calabria diversa, in grado di fare cose incredibili. L’obiettivo è formare le nuove generazioni. Adesso è arrivato il mio mento di ‘dare’. Siamo entrati nelle scuole per spiegare ai ragazzi come si fa un film, di capire, di raccontare i loro problemi dalla bulimia al bullismo. Stiamo cercando di costruire un percorso per le nuove generazione, dobbiamo continuare a sognare. Cerchiamo di dare ai ragazzi un sogno, fargli capire che grazie alla formazione, alla famiglia, si può trovare un percorso nella vita“.

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