La linea ferroviaria Palermo–Messina, una delle più importanti della Sicilia, continua a essere in gran parte penalizzata dalla presenza di un lungo tratto a binario unico. Nonostante colleghi due capoluoghi regionali e attraversi una delle aree più popolate e turisticamente attive dell’isola, il tracciato resta fragile, soggetto a ritardi e poco competitivo rispetto ad altri mezzi di trasporto. La situazione più critica riguarda il tratto tra Castelbuono e Patti, lungo circa 91 chilometri, ancora oggi interamente a binario unico. Questa strozzatura infrastrutturale spezza in due la costa settentrionale e compromette l’efficienza dell’intera linea, allungando i tempi di percorrenza a oltre tre ore per poco più di 220 chilometri.
Negli ultimi anni si sono conclusi alcuni interventi importanti, come il raddoppio tra Fiumetorto e Ogliastrillo, attivo dal 2017. Sono in corso i lavori tra Ogliastrillo e Castelbuono, che includono opere complesse in galleria e una nuova stazione sotterranea a Cefalù. Quando sarà completato, questo tratto completerà finalmente il raddoppio da Palermo a Castelbuono. Ma senza un intervento serio nel tratto centrale della linea, qualsiasi miglioramento rischia di restare inefficace.
Il tratto Patti–Castelbuono, un nodo irrisolto
Tra Patti (km 183) e Castelbuono (km 92) si snoda per 91 km un segmento di linea lungo, tortuoso e cruciale, che attraversa territori ricchi di attività, turismo e domanda di trasporto. I comuni serviti – tra cui Tusa, Santo Stefano di Camastra, Caronia, Sant’Agata di Militello, Capo d’Orlando, Brolo, Gioiosa Marea – rappresentano un bacino di utenza considerevole. Tuttavia, su questo tratto, i treni devono fermarsi per attendere gli incroci, le frequenze restano basse e le prestazioni sono ferme a standard ormai superati. L’assenza del doppio binario impedisce ogni reale aumento dell’offerta ferroviaria, con gravi conseguenze per i pendolari, i turisti e anche per il trasporto merci, che qui ha un potenziale finora non sfruttato.
Ad oggi, non esiste alcun progetto esecutivo per il raddoppio di questo tratto. Non ci sono previsioni, cronoprogrammi né stanziamenti certi. Si parla soltanto di uno “studio di fattibilità”: un elaborato che consiste, di fatto, in due o tre ipotesi di tracciato, con un’esame sommario delle opere d’arte da realizzare. Nulla a che vedere con il “Progetto di Fattibilità Tecnico Economica (PFTE) previsto dal Codice dei Contratti Pubblici come prima fase della progettazione di qualsiasi opera pubblica. In sintesi, siamo ancora a “caro amico”.
Eppure, questa è la porzione più lunga e infrastrutturalmente critica della linea: senza un intervento qui, tutto il resto rischia di essere un esercizio a vuoto. Il raddoppio parziale della Palermo–Messina rischia di diventare un’opera monca, non in grado di incidere davvero sulla mobilità regionale.
L’esclusione dai corridoi strategici europei
A pesare sul futuro della linea c’è anche la questione dell’inserimento nei corridoi europei TEN-T. La Palermo–Messina fa parte della rete globale (comprehensive network), ma non è inclusa nei corridoi principali della rete centrale (core network). In particolare, il corridoio Scandinavo–Mediterraneo, asse prioritario per l’Italia e l’Europa, attraversa la Sicilia ma non lungo la costa tirrenica.
Già nel 2013, l’Unione Europea ha definito il tracciato del corridoio passando per l’interno dell’isola, lungo l’asse Palermo–Catania via Enna e Caltanissetta. Una scelta confermata nel 2021, durante la revisione della rete TEN-T, nonostante le richieste avanzate da enti locali e associazioni siciliane per inserire anche l’asse tirrenico.
L’esclusione dalla rete prioritaria significa minori risorse, nessuna scadenza vincolante e nessun obbligo di adeguamento agli standard europei entro il 2030. In termini pratici, la Palermo–Messina non ha accesso diretto ai fondi europei destinati al completamento dei corridoi strategici, mentre altre linee – meno popolose e meno trafficate – vengono considerate prioritarie.
Una questione di scelte e responsabilità
Il mancato completamento della Palermo–Messina non è un problema tecnico: è una scelta politica. Per decenni, la linea è stata oggetto di progetti frammentati, finanziamenti a singhiozzo e un’assenza totale di visione d’insieme. E oggi, mentre il resto del Paese viaggia verso l’alta velocità e si connette ai grandi assi europei, una delle direttrici principali della Sicilia rimane ancora parzialmente a binario unico, con conseguenze che, con tutta evidenza, la classe politica dell’isola continua colpevolmente ad ignorare.
L’assenza di una linea diretta in grado di essere percorsa da treni passeggeri ad Alta velocità e merci ad Alta capacità condanna l’intera Sicilia occidentale alla marginalizzazione, oltre, ovviamente, all’intera costa tirrenica, come sopra accennato. Il corridoio “core network” sulla linea interna, attualmente in costruzione, è più lungo di ben 130 km rispetto alla linea tirrenica. Paradossalmente, a lavori conclusi, il collegamento più veloce tra le Palermo e Messina sarà comunque quello che passa dall’attuale linea diretta, vanificando, almeno in parte, la spesa di oltre 12 miliardi di Euro prevista per il nuovo asse ferroviario. Il quale, incredibilmente, raggiungerà Palermo senza avvicinarla allo Stretto e, quindi, al futuro Ponte, ovvero alla rete ferroviaria nazionale ed europea. Si vanificano in tal modo i vantaggi dell’opera di attraversamento stabile in termini di concorrenzialità del trasporto ferroviario, sia passeggeri che merci, per buona parte della Sicilia.
Il raddoppio della tratta Patti–Castelbuono non è quindi una questione meramente ingegneristica: è un segnale di attenzione, una prova di volontà politica, un passaggio necessario per garantire a tutta la Sicilia una mobilità moderna, equa e funzionale. Finché questo tratto resterà incompiuto, la Palermo–Messina rimarrà simbolo di un’opera mai davvero voluta.