Messina, tempi infiniti per la prenotazione delle visite: “Comprendo la paura per il Covid, ma trovo deprecabile che tutti gli altri pazienti siano diventati di serie B”

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Lucia Finocchiaro, cittadina messinese affetta da una patologia che la rende una “paziente fragile” racconta le enormi difficoltà riscontrate nel cercare di prenotare visite mediche di cui avrebbe bisogno con urgenza ed accordate solo a fine 2020 ed inizio 2021

I tempi lunghi per le prenotazioni di visite e controlli radiologici nella Sanità pubblica, sono un fenomeno noto ai più, per diretta o indiretta esperienza. Ma se già prima della pandemia Covid era difficile prenotare, ad oggi pare sia diventata una vera scommessa ottenere, in tempi accettabili, un appuntamento clinico del quale si ha bisogno.

Ed è questo il caso che ha voluto evidenziare una donna messinese che ha deciso di raccontare la propria esperienza, per buttare un sasso nello stagno del sistema sanitario. Si chiama Lucia Finocchiaro, ecco la sua ‘denuncia morale’:

Sono costretta dalle circostanze a raccontare i miei fatti privati alla Stampa, perché in questa città le parole rivolte agli Enti preposti, fino ad ora, sono sempre finite nel vuoto. Con la mia, credo di dar voce anche a chi come me vive una situazione complessa, dovuta allo stato di salute e alla condizione di disabilità, che si scontra con un apparto malfunzionante, che disattende le necessità del ‘malato’: la gestione sanitaria a Messina.

Vi racconto la mia vicenda perché è surreale, anche se l’esperienza del Covid ha gettato nel panico gli operatori sanitari e congestionato gli ospedali. Ma, tolto questo, il famoso diritto alla salute non può essere accantonato, visto che esistono altre condizioni di malattia altrettanto gravi.

Io, ad esempio, sono una paziente cosiddetta ‘fragile’ per pluripatologie gravi. Nell’era pre-Covid ero ln carico del Policlinico di Messina, poi tutto si è fermato assumendo delle forme oniriche.
Pur comprendendo la psicosi collettiva, tuttavia, trovo deprecabile che tutti gli altri pazienti siano diventati immediatamente di serie B

Per farla breve: a questo punto, io e tanti altri, per il Servizio sanitario nazionale non esistiamo più. Prenotazioni e appuntamenti saltano ‘a data da destinarsi’. Ma, cosa ancor più grave, nessuno che dirige, coordina si fa sentire. Probabilmente i direttori sanitari demandano ai vari contatti mail o telefonici, senza verificare però se tale servizio venga realmente reso all’utenza.
Così, fiduciosa, mi armo di pazienza (perché gli ammalati hanno un minus: dipendono dalle persone e dalle cure) e comincio a scrivere alle mail che vengono esposte tra i contatti dell’ospedale. Scrivo, ma nessuno legge la mia mail. Scrivo semplicemente chiedendo che qualcuno mi dia istruzioni su come fare per conoscere la nuova data del controllo clinico (un’ecografia) per il quale ero già stata prenotata prima che scoppiasse la pandemia, e per questo slittato a tempi migliori. Nessuna risposta.
Successivamente telefono ai due numeri segnalati: al primo squilla a vuoto, al secondo, un centralino mi rimanda al reparto a cui non risponde nessuno.

La mia situazione non può aspettare tempi biblici e a quel punto faccio “all’italiana “, contatto un mio amico, un Professore, e gli chiedo la ‘cortesia’, quindi lui si rivolge ad una collega di endocrinologia (reparto in cui avrei il controllo) la quale gli dice che devo farmi fare le richieste dal medico di base. Quella passate erano già scadute.
Così faccio e conquisto il mio ‘titolo’ per richiedere al Cup (il Centro Unico Prenotazioni, ndr), che risponde dopo un’ora, due prenotazioni. Premetto che nella richiesta, il mio medico di base indica la ‘priorità massima’ di 72 ore: mi viene prenotata al 23 novembre 2020. Mentre una visita endocrinologica la prescrive con priorità entro 10 giorni: me l’hanno prenotata al 21 gennaio 2021.
Giocoforza accetto la prenotazione. Però poi inizio a comprendere che quello che viene richiesto sulla carta e gli obblighi che vengono attribuiti ai medici di base non hanno alcun senso, anzi servono proprio a non trovare il famoso ‘responsabile’. Tutto questo serve solo a garantire un sistema. E a questo punto perdo la pazienza e mi chiedo: se da una parte vengo definita ‘paziente a rischio, fragile’, perché poi per il Sistema Sanitario Nazionale divento un fantasma?

E mi chiedo ancora a cosa serve l’Ordine dei Medici se non a fare ‘gruppo’ e a portare avanti interessi di parte? Senza essere parte attiva nel dare soluzione a un sistema che non funziona. Senza dissentire da modalità scellerate?
Ed allora scrivo all’Ordine, scrivo perché loro sanno che il sistema serve a loro e non agli ammalati; un sistema che garantisce i medici e non tutela gli interessi di chi soffre.
Scrivo, infine, che è riprovevole, vergognoso , osceno che l’Ordine dei Medici non intervenga su una tematica così delicata. Che non si scandalizzi di fronte alle attese bibliche di gente che soffre.

La cosa più indecente è che nonostante sul sito dell’Ordine fosse indicata l’ennesima mail di riferimento cui l’utenza può rivolgersi, dopo aver perso altro tempo per manifestare il mio rammarico, la mail è tornata indietro. Almeno usano la parola esatta ‘aborted’, ovvero interrotta, mai nata. Ed è questo che più mi pesa: questo miraggio comunicativo che ha cancellato di colpo l’empatia, la solidarietà ma soprattutto quel sano senso del dovere e di moralità che un tempo, lasciatemelo dire, non era retorico, non era virtuale ma personale. Una volta dire: ‘ti do la mia parola’ (termine ormai in disuso) non era mediato da presenze virtuali ma era un ‘io’ di fronte a un altro. ‘Io’, non esoscheletri!

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