Calabria, l’inchiesta Eyphemos è un colabrodo: Domenico Forgione è innocente, rinchiuso 7 mesi in carcere “per errore”

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Domenico Forgione, uno degli indagati nell’inchiesta Eyphemos, è innocente: è stato sette mesi in carcere senza alcuna colpa

Nelle scorse ore a tutti gli indagati dell’inchiesta Eyphemos è stata notificata la fissazione dell’udienza preliminare. Si tratta di 76 imputati con accuse di varia natura, e tra questi vi sono anche gli indagati della seconda parte dell’inchiesta, Eyphemos II, ovvero quella che nelle intenzioni degli inquirenti doveva colpire i patrimoni di alcuni indagati della prima fase delle indagini.

Ebbene, scorrendo la lista degli imputati, un osservatore attento non può che notare che manca qualcosa, anzi qualcuno: il nome di Domenico Forgione non c’è più. Scarcerato lo scorso 16 settembre perché era decaduta la misura preventiva in quanto “non sussistono più i gravi indizi di colpevolezza”, Forgione si trovava in carcere da quel 25 febbraio 2020 in cui gli abitanti di Sant’Eufemia d’Aspromonte ebbero un brusco risveglio: in manette, tra gli altri, erano finiti il sindaco Domenico Creazzo, con l’accusa di voto di scambio, il vicesindaco Cosimo Idà, accusato di essere capo promotore ed organizzatore di una fazione mafiosa all’interno del locale di Sant’Eufemia d’Aspromonte, il presidente del consiglio comunale Angelo Alati e, appunto, il consigliere di minoranza Domenico Forgione, stimato storico, giornalista e autore di numerosi saggi storiografici. Questi ultimi tre arresti, in particolare, avevano causato lo scioglimento del comune per infiltrazioni mafiose, stabilito lo scorso 8 agosto dal Consiglio dei Ministri sulla base delle accuse mosse ai membri del consiglio comunale.

Dal giorno degli arresti diverse cose sono cambiate, ma forse non abbastanza. Ad aprile era stato rimesso in libertà, in attesa del processo, Angelo Alati, dopo una sentenza di “inconsistenza indiziaria” del Tribunale del riesame di Reggio Calabria. A Novembre è stata la volta di Cosimo Idà, maresciallo dell’Esercito Italiano i cui avvocati, dopo aver richiesto diverse perizie, sono riusciti a provare che “u diavulu” di cui si parla nelle intercettazioni, non è Idà. Il nome associato al soprannome in questione, che ai magistrati e agli investigatori era distrattamente sfuggito, non è il suo. “Possiamo dire che il nostro cliente è stato scagionato, sebbene avremo ogni certezza tra qualche giorno con la chiusura dell’indagine”, avevano detto gli avvocati di Idà lo scorso novembre. E invece no: Idà risulta nella lista degli imputati, nonostante le perizie abbiano dimostrato che lì non ci doveva più stare.

Il 16 settembre, dicevamo, era stato liberato Domenico Forgione. Sulla sua vicenda si potrebbe scrivere un libro, e non è detto che lui stesso prima o poi non decida di farlo, ma che Domenique – come lo chiamano tutti in paese – fosse innocente, lo dicevano quasi tutti, fin dal giorno stesso degli arresti. Come dicevamo, è uno storico, un intellettuale che ama passare il suo tempo fra i libri. Il suo impegno in politica, che lo aveva portato anche a candidarsi a sindaco alle ultime elezioni comunali di Sant’Eufemia, è sempre stato volto all’interesse di una comunità che ha un disperato bisogno di riscatto, proprio per levarsi di dosso quelle etichette tanto scomode, affibbiate a chi nasce o sceglie di vivere in Aspromonte. Ma non solo. Forgione è stato da sempre impegnato nel volontariato: ogni estate il suo impegno è rivolto alla colonia estiva dell’Agape, associazione della quale è parte attiva e propositiva da anni, che si occupa di ragazzi con bisogni speciali e offre loro attività e momenti di socializzazione fondamentali per un’inclusione sociale di cui hanno estrema necessità.

Per capire di chi stiamo parlando è sufficiente dare un’occhiata al suo blog, www.messagginellabottiglia.it, per comprendere la sua sensibilità e la sua elevata caratura culturale e morale. Ma ovvio che questi elementi non sono sufficienti a far comprendere se una persona possa essere innocente o meno, sebbene siano rilevanti indizi in tal senso. Nel corso di un interrogatorio, quando Domenico era già dietro le sbarre, gli venne chiesto di giustificare azioni che non aveva mai commesso e frasi che non aveva mai detto. Gli venne contestato il fatto che il tessuto sociale nel quale vive, ovvero una comunità pre-aspromontana, è già di per sé una sorta di indizio di colpevolezza. Lui rispose citando semplicemente le prime cinque parole dell’articolo 27 della Costituzione Italiana, ovvero: “La responsabilità penale è personale”. Già, un concetto semplice e lapalissiano, ma diventato quasi un optional in una Calabria in cui il giustizialismo regna sovrano e nessuno osa contraddire ciò che, più che indagine, più che sospetto, più che accusa, viene fatto passare per certezza assoluta. “L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”, prosegue quello stesso articolo costituzionale. Ma bisognerebbe aggiungere, “tranne se è nato, vive e si impegna in Aspromonte. In quel caso è già colpevole e la sua innocenza è tutta da dimostrare. A spese sue”.

Ora, guardando quella lista di imputati e vedendo che Forgione non è tra loro, se ne può dedurre solo una cosa: la sua posizione è stata archiviata. Una notizia del genere dovrebbe avere lo stesso peso, se non maggiore, dell’arresto. Un uomo completamente innocente ha trascorso sette mesi della propria vita in carcere. Privato della libertà per sette lunghi mesi, durante i quali una famiglia straziata e un uomo che non ha commesso reati hanno pagato colpe che non avevano. Le motivazioni dell’archiviazione di Forgione non sono ancora state notificate, ma gli avvocati, con il sostegno delle perizie, avevano provato che la persona intercettata e individuata come Domenico Forgione in realtà non era lui.

Dovrebbe essere un momento di gioia, questo, o quanto meno il momento per tirare un sospiro di sollievo, ma i dubbi che attanagliano la comunità eufemiese sono troppi. Perché questo accanimento? Perché un’operazione di ‘ndrangheta ha portato in carcere anche persone che con la criminalità organizzata non hanno nulla a che spartire? Di chi dobbiamo avere paura? Ciò che è certo è che il commissariamento del comune poteva essere evitato. Solo nel corso del processo si capirà meglio quali siano – e se ve ne siano – le posizioni contestate a Idà e ad Alati, accusati di associazione mafiosa ma con ogni probabilità entrambi innocenti, dato che sono stati rimessi in libertà per inconsistenza indiziaria l’uno e per possibile scambio di persona l’altro.

Domenico Forgione è un uomo libero e innocente, ma non potrà nemmeno prendersi il lusso di gioire platealmente: intorno a lui c’è una comunità sofferente e ci sono famiglie che aspettano risposte da troppo tempo. Come si può accettare il fatto che la giustizia nella quale ci insegnano a credere se vogliamo essere ‘dalla parte dei buoni’, forse non è così infallibile come si pensa? O come si spera.

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