Morte Attanasio e Iacovacci, esplode la bufera su Di Maio: “l’unico responsabile è lui, cos’è successo alla Farnesina?”

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“Un capo della diplomazia non può farsi ammazzare i diplomatici mentre è altrove e del tutto ignaro delle attività svolte da un diplomatico”: è questa la considerazione del giornalista Paolo Guzzanti pubblicata in un articolo sul quotidiano Il Riformista

“Ecco perché Di Maio è responsabile dell’uccisione di Luca Attanasio e di Vittorio Iacovacci: questa tragedia non deve passare in archivio senza conseguenze”, è questo il titolo di un articolo firmato dal giornalista Paolo Guzzanti e apparso questa mattina sulle pagine del noto quotidiano di approfondimento politico Il Riformista. Un’analisi decisa sulla tragedia che ha colpito l’ambasciatore italiano e il carabiniere uccisi in Congo e una critica profonda al Ministro degli Esteri che prova a nascondere le responsabilità dell’evento gravissimo dietro le frasi sul “servitore dello Stato che ci è stato strappato con la violenza”, pronunciate all’aula di Montecitorio. Guzzanti utilizza parole molto pesanti e, inoltre, tira fuori dal cassetto dei ricordi l’episodio dell’uccisione del console americano in Libia, l’11 settembre 2012, durante la presidenza di Barack Obama, quando emerse subito la responsabilità oggettiva, “e dunque la colpa”, del ministro degli Esteri degli Stati Uniti Hillary Clinton, la quale ammise: “sono io la responsabile di tutto ciò che accade ai 60.000 diplomatici americani sparsi in 516 posti diversi del mondo”.

ambasciatore carabiniere uccisi congoIl ministro Luigi Di Maio appare quasi stupito dalla vicenda, eppure la notizia che è giunta a Ginevra, dove risiedono gli uffici delle Nazioni Unite, e a Bruxelles, dovrebbe far venire i brividi. “Si è saputo che il più giovane ambasciatore italiano, Luca Attanasio di 43 anni, andava in giro con un convoglio dell’Onu nella zona del nord est del Congo infestata da bande armate (la stessa in cui i Rangers inviati dal governo belga hanno perso in cinque anni 200 dei 700 loro effettivi decimati dall’Esercito di liberazione del Rwanda che imperversa con violenze saccheggi e stupri) senza avere l’autorizzazione della Farnesina a Roma. Questo non è possibile. I movimenti del nostro personale diplomatico nel mondo, specialmente nelle zone comunque a rischio, sono regolati da protocolli e coordinati dal ministero che concede o nega le autorizzazioni, con il compito di monitorare e proteggere tutte le situazioni a rischio”, sottolinea Guzzanti.

Attanasio è stato costretto a spostarsi senza scorta, negata all’ultimo momento dal governo di Kinshasa, e senza un’auto blindata, che aveva richiesto e gli era stata promessa nel giro di qualche giorno. “Oggi si viene a sapere che le forze governative sarebbero intervenute dopo l’attacco al convoglio dell’Onu – di cui facevano parte Attanasio e il povero carabiniere Vittorio Iacovacci – ingaggiando un conflitto a fuoco. Lo scopo dell’attacco armato sembra fosse quello di catturare ostaggi delle Nazioni unite, ma questi dettagli saranno chiariti nelle inchieste sul terreno congolese. Noi chiediamo solo di sapere come sono andate le cose dentro la Farnesina, responsabile di tutto ciò che accade alle ambasciate e ai diplomatici di ogni rango insieme agli uomini dei servizi segreti nelle ambasciate”, si legge ancora nell’articolo.

Adesso è il premier Mario Draghi a dover prendere in mano la situazione e capire intanto se esiste un protocollo in grado di stabilire come e quando il personale delle ambasciate può avventurarsi in zone ad altissimo rischio, o se ancora peggio tale protocollo manca del tutto. Valutazioni andranno fatte sullo stesso ministro degli Esteri che si è rivelato ignaro e stupefatto di fronte a un delitto avvenuto nelle circostanze dettagliatamente documentate dai nostri servizi di intelligence. Saranno le autorità congolesi e le Nazioni Unite adesso a svolgere le indagini su quanto accaduto sul territorio, ma il popolo italiano pretende assoluta chiarezza sul modo in cui viene tutelata la diplomazia italiana nelle zone di guerra, in mezzo a scontri etnici e tribali. Anche perché “un capo della diplomazia non può farsi ammazzare i diplomatici mentre è altrove e del tutto ignaro delle attività svolte da un diplomatico”.

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