Il governo Draghi deve cominciare a risolvere immediatamente il problema della pandemia ed elaborare un piano vaccini per permettere a tutta la popolazione italiana di essere vaccinata entro la fine dell’anno
Adesso che il governo Draghi ha assunto pienamente le sue funzioni deve cominciare a risolvere immediatamente il problema della pandemia ed elaborare un piano vaccini per permettere a tutta la popolazione italiana di essere vaccinata entro la fine dell’anno. Contestualmente a ciò bisogna da subito preparare i progetti del recovery plan che devono essere presentati in Europa entro la fine di aprile.
Ma non basta. Ci sono anche le riforme che gli italiani aspettano da oltre venti anni. Giustizia, Fisco, P.A. e Previdenza. In particolare, nell’attuare la riforma della previdenza, alla scadenza alla fine dell’anno di “quota 100” e per evitare “il ritorno” della legge Fornero, un punto fondamentale e non più rinviabile da riformare riguarda la previdenza integrativa. La previdenza integrativa o come la chiamano taluni complementare esiste già nel nostro panorama previdenziale ma non è mai decollata definitivamente. E’ importantissima, perché riguarda soprattutto i giovani, persone cioè che hanno cominciato pochi anni fa a lavorare o stanno per entrare nel mondo del lavoro. Sappiamo tutti che da quando il governo Dini nel 1996 ha introdotto il sistema contributivo l’importo delle pensioni con gli anni si è sempre più assottigliato. Studi recenti effettuati da analisti di ogni colore politico affermano che se un giovane entra adesso nel mondo del lavoro, dopo 40 anni di contribuzione si troverà una pensione che a malapena arriverà al 50% del proprio stipendio. Quindi se il sistema pubblico (la cosiddetta prima gamba) garantirà assegni che arriveranno al 50% del proprio stipendio l’unico modo per garantire ai pensionati una serena e dignitosa vita sarà quello di integrare quel 20/25% mancante ricorrendo alla cosiddetta “seconda gamba” del sistema previdenziale, quella della previdenza integrativa. Bisognerà però riformare completamente questo istituto che in Italia stenta a decollare a differenza degli altri paesi europei. Poiché si basa sulla volontarietà c’è la necessità di incentivare i potenziali fruitori con delle agevolazioni. Ricordo che il meccanismo della previdenza integrativa si basa essenzialmente sulla destinazione del proprio TFR ad un fondo previdenziale. Questo fondo investe queste somme negli anni e le implementa per far sì che alla fine della propria carriera lavorativa queste vengano restituite al lavoratore sotto forma di pensione integrativa. Innanzi tutto è necessario che la deducibilità fiscale sia portata almeno al 50% di quanto versato. Poi è necessario che su queste società, che gestiscono i fondi dei lavoratori, ci sia un controllo da parte di un istituto statale (preferibilmente l’INPS) che garantisca l’integrità delle somme investite e la correttezza nella gestione del fondo. Altro aspetto da attuare è quello di poter accedere da parte del dipendente a questi fondi (analogamente al TFR) in caso di necessità. I costi di gestione a carico del dipendente devono essere azzerati ed Infine ci deve essere una tassazione bassissima nell’ordine del 5% alla fine di tutti i versamenti effettuati. Solamente così, attuando queste misure agevolative, si darà un fortissimo impulso a questo istituto, assolutamente necessario ad implementare l’assegno pensionistico di modo che alla fine di una vita di lavoro si possa avere una decorosa condizione di vita.
articolo scritto da Mauro Marino