Coronavirus, in Italia c’è un’altra epidemia: gravissimi divari dall’Europa su istruzione, lavoro e speranza di vita [DATI ISTAT]

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Coronavirus, i dati Istat mettono in luce i gravissimi divari dell’Italia rispetto all’Europa su istruzione, lavoro e speranza di vita

In Italia, ma non solo, oltre al Coronavirus esiste un’altra epidemia: è quella che si ripercuote negativamente su lavoro, istruzione, speranza di vita, tutti temi di cui non si ha piena contezza nel breve ma molto di più nel medio e lungo periodo. Il decimo Rapporto Bes dell’Istat sul benessere equo e sostenibile, a tal proposito, ha messo in evidenza gravissimi divari della nostra penisola rispetto all’Europa aumentati tantissimo nell’ultimo anno – il 2020 – quello in cui il lockdown l’ha fatta da padrone: perdita di lavoro, scarsa istruzione, abbassamento della speranza di vita, tutte conseguenze già evidenti di una situazione logorante ed estenuante, per cui non si è più disposti a sacrificarsi ulteriormente a fronte della scarsa organizzazione del nostro paese sui vaccini e del continuo blaterare su lockdown, chiusure generalizzate, coprifuoco (mentre in tanti altri paesi iniziano già a riaprire dopo un’eccellente campagna di vaccinazione).

Il Covid – si legge nel rapporto Istat – ha annullato, completamente nel Nord e parzialmente nelle altre aree del Paese, i guadagni in anni di vita attesi maturati nel decennio. È un arretramento che richiederà parecchio tempo per essere pienamente recuperato“. Per quanto concerne la speranza di vita alla nascita, questa nel 2010 era di 81,7% anni, aumentata a 83,2% nel 2019 e scesa di nuovo a 82,3% nel 2020, segno delle conseguenze che l’anno appena passato ha prodotto: “Gli indicatori hanno registrato impatti particolarmente violenti su alcuni progressi raggiunti in dieci anni sulla salute, annullati in un solo anno” ha detto il presidente Istat Gian Carlo Blangiardo.

Sul tema istruzione, preoccupanti sono i divari dell’Italia rispetto al resto d’Europa, ampliati ancora di più nell’ultimo anno: nel secondo trimestre 2020 il 62,6% delle persone di 25-64 anni ha almeno il diploma superiore, una percentuale più bassa di 16 punti percentuali della media Ue. Tra i giovani di 30-34 anni, invece, il 27,9% ha un titolo universitario o terziario rispetto al 42,1% della media Ue. Nel secondo trimestre 2020, tra l’altro, è salita al 23,9% la quota di giovani di 15-29 anni che non studiano e non lavorano. E nell’ultimo anno, a seguito delle continue incertezze legate alla scuola, sono anche aumentate le disuguaglianze: nonostante gli istituti si siano infatti attrezzati in ogni modo possibile, l’8% dei bambini e ragazzi delle scuole di ogni ordine e grado è rimasto escluso da una qualsiasi forma di didattica a distanza.

Discorso simile per quanto concerne gli occupati: nella seconda parte del 2020, a causa dell’emergenza Covid, c’è stato un forte calo degli occupati; 788mila in meno tra i 20enni e i 64enni rispetto al 2019. Tasso sceso al 62%, rispetto al 71,7% della media dell’Unione Europea. Tutti elementi che cozzano, purtroppo, con chi nel nostro paese – rispetto a tanti altre nazioni europee – non mette l’istruzione al primo posto. E l’ultimo anno lo ha solo dimostrato in maniera nuda e cruda, ma in realtà è un problema stravecchio.

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