Covid, Correale: “Omicron è la conferma che il virus si sta adattando all’uomo. Popolazioni del Sud maggiormente protette, in Calabria molti asintomatici. Adesso servono nuovi vaccini proteici”

StrettoWeb

Covid, intervista al dott. Pierpaolo Correale, primario del reparto di Oncologia del GOM di Reggio Calabria e luminare di livello internazionale: “è in atto il fenomeno dell’omoplasia, il virus si sta naturalmente adattando all’uomo. E la diffusione della variante Omicron è una buona notizia, perché è meno letale. I vaccini ci aiutano a limitare i danni, in futuro saranno come l’anti influenzale”

Se i primi dati verranno confermati, la variante Omicron è ancora meno pericolosa della Delta, che è già a sua volta meno grave della Alfa. La natura sta trovando da sola la soluzione: è sempre stato così nei virus della storia della Terra. Si chiama omoplasia, il virus si sta naturalmente adattando all’uomo“. Pierpaolo Correale, primario del reparto di Oncologia del GOM di Reggio Calabria, è un luminare di livello internazionale: oncologo e specialista in oncoimmunologia, prima di arrivare in Calabria quattro anni fa, ha lavorato a lungo negli USA e a Siena con risultati eccezionali. E’ famoso nel mondo per aver ideato quattro brevetti su farmaci e vaccini anti tumorali e a Reggio Calabria, nel presidio dell’Ospedale Morelli, ha già innovato in pochissimo tempo il reparto di oncologia rendendolo moderno e funzionale. Correale vanta la pubblicazione di oltre 100 articoli scientifici in peer rewieved, alcuni dei quali ad “high impact factor”, la maggior parte come “first author”. Due di questi sono sul SARS-CoV-2, e ai microfoni di StrettoWeb commenta l’attuale situazione epidemiologica in modo particolare rispetto alla nuova variante Omicron che nelle scorse settimane ha provocato preoccupazioni a livello internazionale. Preoccupazioni che, però, alla luce dei primi dati sono assolutamente infondate, come conferma lo stesso Correale: “l’obiettivo di ogni virus è quello di sopravvivere e replicarsi. La strada migliore per ogni virus, compreso SARS-CoV-2, è quella che gli permette di replicarsi maggiormente, e quindi di infettare di più, e al tempo stesso di uccidere di meno. In sostanza, significa che deve diventare più contagioso e meno letale. E’ un fenomeno molto conosciuto e prende il nome di omoplasia: pensiamo alla peste, al vaiolo, al morbillo. Se tutti questi virus/batteri avessero eradicato la popolazione umana, e parliamo di tempi in cui non c’era la medicina e non c’era la scienza, l’essere umano si sarebbe estinto e noi oggi non ci saremmo più. Invece il virus si adatta, è lui che arriva a convivere con noi. Perché se ci stermina, morirà anch’esso, quindi ha la disperata esigenza vitale di mantenere in vita anche l’organismo che lo “ospita”. Anche il virus del raffreddore inizialmente era mortale, come il cimurro per i cani. Oggi non abbiamo modo di prevenire il raffreddore, ma non rappresenta un problema perché il nostro corpo è pronto a difendersi ed evitare che faccia danni. E quindi adesso più andremo avanti, e più avremo varianti maggiormente contagiose ma al tempo stesso meno letali. Il virus diventerà sempre più diffuso, ma la malattia che provocherà sempre meno grave. Lo stiamo già vedendo con la variante Delta, che è più contagiosa ma dal punto di vista clinico è più lieve della Alfa, quella con cui avevamo avuto a che fare lo scorso anno. E i primi dati ci dicono che Omicron è ancora più leggera di Delta, ma anche più contagiosa. La situazione ideale“.

Il SARS-CoV-2 – prosegue Correaleè un virus della famiglia dei Coronavirus, la stessa famiglia da cui arrivano i virus del nostro comune raffreddore. Sono virus simili. Già lo scorso anno con uno studio abbiamo dimostrato che le popolazioni del Sud Italia hanno una maggiore difesa immunitaria dal SARS-CoV-2. Il meridione è più vicino all’Africa e le popolazioni meridionali, nel corso dei secoli, sono state più esposte a vari virus, e adesso hanno una maggiore difesa naturale proprio perché sono abituati a combattere quel tipo di virus e quindi il corpo umano riesce ad innescare quell’immediata risposta immunitaria naturale che li espelle. In Calabria moltissima gente ha avuto il SARS-CoV-2 senza neanche accorgersene, grazie alla difesa linfocitaria determinata da un sistema immunitario predisposto a difendersi bene dal virus“, spiega Correale. L’intuizione del suo studio, intitolato “HLA-B*44 and C*01 Prevalence Correlates with Covid19 Spreading across Italy” e pubblicato a Luglio 2020 sull’autorevole rivista “International Journal of Molecular Sciences”, è stata confermata dai dati successivi: dopo quasi due anni dallo scoppio della pandemia, con un lasso di tempo abbondantemente lungo per sgomberare il campo da ogni possibile variabile legata a mobilità e spostamenti, in Calabria sono morte 1.531 persone positive al SARS-CoV-2 su 2 milioni di abitanti. Quello della Calabria è il tasso di mortalità più basso d’Europa. Al secondo posto c’è la Sardegna, che conta 1.710 vittime su 1 milione e 650 mila abitanti. Cifre astronomicamente più basse rispetto al dramma della Lombardia, che ha perso 34.600 vite umane su una popolazione di 10 milioni, o ai 14 mila morti dell’Emilia Romagna su una popolazione regionale di 4 milioni e mezzo di residenti. La mortalità della Calabria è stata di un morto ogni 1.300 abitanti; quella della Sardegna di un morto ogni 965 abitanti; quella dell’Emilia Romagna di un morto ogni 320 abitanti; quella della Lombardia arriva un morto ogni 289 abitanti. Ma la Regione d’Italia con la mortalità più alta è la Valle d’Aosta dove ci sono stati 483 morti, cioè uno ogni 260 abitanti.

Correale spiega infatti che “nelle persone che non hanno il sistema immunitario predisposto a difendersi, in modo particolare se si tratta di pazienti fragili e già gravati da altre patologie pregresse, si verifica una vera e propria catastrofe immunologica, che provoca non solo la polmonite che è a tutti gli effetti un’infiammazione, ma determina una sorta di nubifragio di anticorpi eccessivi nei vasi sanguigni, provocando il fenomeno della coagulazione intravascolare disseminata (CID) che è il reale responsabile della mortalità da SARS-CoV-2. Ma oggi in questo ci aiutano i vaccini, che servono proprio ad addestrare il corpo umano a produrre particolari anticorpi buoni ed allenare i linfociti a fronteggiare questo virus. In questo modo le persone vaccinate, pur infettandosi, hanno una risposta immunitaria buona per il proprio organismo che, tranne in casi rari e su pazienti in condizioni particolari, riesce ad espellere il virus senza conseguenze. Noi adesso stiamo utilizzando vaccini a mRNA, cioè vaccini che hanno materiale genetico e quindi insegnano alla cellula ad autoprodursi la proteina spike, addestrando i linfociti ad uccidere le cellule infette. In questo modo rimane una doppia memoria, fondamentale per difenderci dal virus. Ovviamente il virus imparerà a difendersi anche dal vaccino, evolvendo in nuove varianti più resistenti. Ecco perché i richiami che faremo in futuro non dovranno più essere uguali, e sarebbe logico che venissero fatti con vaccini proteici a variante specifica da ripetere ogni anno in base alla variante prevalente. Esattamente come facciamo per l’influenza. I vaccini non servono a fermare la pandemia, non è un obiettivo raggiungibile. Con il processo di omoplasia, l’epidemia si spegnerà da sola in modo naturale. Noi con i vaccini evitiamo che prima di spegnersi continui a fare un alto numero di morti, riducendo i danni il più possibile. Sarebbe opportuno cambiare approccio nella gestione della sanità e nella prevenzione delle epidemie: in politica economica è nota la strategia dell’economia anticiclica che ci consente di fronteggiare al meglio le future crisi attese dal sistema. Perché non facciamo la stessa cosa nella sanità? Oggi, dopo due anni, stiamo continuando a rincorrere il virus. Ma sarebbe meglio prevenirlo e anticiparlo, facendoci trovare pronti per le epidemie che verranno a maggior ragione dopo questa drammatica esperienza“.

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