Covid, in Italia qualcosa sta cambiando? Abrignani (Cts): “basta panico, si torni a vivere. Conteggio ricoveri va cambiato”

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Le parole dell’immunologo dell’Università di Milano e componente del Comitato Tecnico Scientifico Sergio Abrignani: anche per lui i ricoveri vanno conteggiati in altro modo, coi vaccini il Covid uccide come l’influenza e bisogna dire basta ad ansia e panico da conta positivi e tamponi

Una voce fuori dal coro. All’interno del Cts, tra l’altro. Sergio Abigrani, immunologo dell’Università di Milano e componente del Comitato Tecnico Scientifico, ha rilasciato una lunga e interessante intervista a Libero in cui si è mostrato avanguardista e aperturista nell’approccio, totalmente contrario a quello dei suoi colleghi all’interno del comitato. Segno che forse (finalmente) qualcosa sta cambiando nell’affrontare la pandemia in Italia, magari spinti dal Regno Unito e dalle prossime mosse (già annunciate) in Spagna. Ma soprattutto perché ora ci sono i vaccini e perché non è possibile continuare con le chiusure, l’isteria e i bollettini all’infinito, come hanno confermato anche Bassetti e il sottosegretario Costa.

E il pensiero di Abrignani è sulla stessa lunghezza d’onda dei due sopracitati: “se tutta Italia fosse vaccinata – ha detto – tutte le Regioni sarebbero in zona bianca e avremmo solo 500 posti occupati in terapia intensiva anziché gli attuali 1.500. Se oggi tutti fossimo vaccinati, ci sarebbero 90-100 decessi in meno al giorno. Muoiono anche i vaccinati? Sì, ma la stragrande maggioranza di loro ha più di ottant’ anni e chi è più giovane soffriva già di serie patologie pregresse. I morti di Covid con vaccino sono in media uno su mille, più o meno come con l’influenza. Poi ovviamente dipende dall’età e dalla situazione sanitaria generale”. E sulla Omicron: “Prima della pandemia l’influenza infettava quattro-sei milioni di italiani negli anni fortunati e dieci-dodici milioni in quelli neri, con una letalità dello 0,1%, simile al Covid oggi sugli immunizzati. C’è una quasi totale sovrapponibilità tra le vittime di influenza e quelle di Covid vaccinate: anziani già malati che muoiono per complicanze che seguono l’infezione”.

E quindi Abrignani cita il panico e l’ansia diffusi nella società italiana nonostante numeri ben lontani da quelli dell’anno scorso: “C’è un panico diffuso dovuto ai 140 mila morti in due anni. Le bare di Bergamo e Brescia non sono state dimenticate, eppure ormai appartengono a una storia diversa: non c’erano i vaccini, non si sapeva come curare il virus, il 2-3% dei contagiati moriva e si poteva andare all’altro mondo anche a cinquant’ anni, come può avvenire oggi ai non vaccinati. C’è un’ansia che ci auto-generiamo. Fa bene chi prova a vivere normalmente, va al ristorante, al lavoro, in palestra. In Gran Bretagna si comportano diversamente, hanno deciso di convivere con la loro fragilità, che poi è la fragilità dell’essere umano, e di accettare il fatto che, se si infettano duecentomila persone, ne muoiono 200 ma il sistema sanitario non collassa e la vita del Paese procede”.

Ed è sbagliata anche, a detta dell’immunologo, la conta dei positivi: “Sbagliamo la comunicazione, non ha senso dare il numero dei positivi, la stragrande maggioranza dei quali asintomatici o con lievi patologie. Bisognerebbe aggiornare solo il numero dei ricoveri. In nessun’altra malattia infettiva si comunica ossessivamente il numero di casi asintomatici, ma solo il numero di malati. I cento vaccinati che muoiono ogni giorno? Sono un dramma enorme, però quasi tutti i vaccinati che muoiono hanno superato l’aspettativa di vita media di un italiano. Probabilmente dovremo accettare di vivere con l’idea che si possa morire di Covid, così come accettiamo da decenni che 5-15 mila italiani anziani muoiano ogni inverno a causa dell’influenza”.

Abrignani poi chiude sul criterio del calcolo dei ricoveri, che le Regioni vorrebbero rivisto: “Hanno ragione, se uno va in ospedale per togliere l’appendicite e al tampone di prassi per chi arriva si scopre positivo, non può risultare un ricoverato per Covid. Questi positivi in realtà, come la maggior parte, non sono malati, e pertanto non è giusto che il loro numero influenzi le decisioni sul colore delle Regioni, che poi condizionano la vita di tutti. Da rivedere anche il calcolo dei morti? In Italia siamo più rigorosi che altrove nel battezzare un decesso come dovuto al Covid. Se da noi allo scoppio della pandemia la letalità era al 4-5% e in Germania allo 0,5% la ragione prevalente era che i criteri di calcolo erano diversi: noi probabilmente classifichiamo come morti da Covid anche i positivi stroncati da altre patologie. Lockdown? Totalmente contrario. Sarebbe in contraddizione con lo spirito della vaccinazione di massa”.

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