Molti protagonisti della storia di Scilla appartenevano alla famiglia Minasi, furono illustri scienziati, religiosi, storici e politici

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Scilla: il più grande rappresentante di questi consanguinei fu padre Antonio Minasi che per la fama di competente filosofo naturalista, fu nominato nel 1773, direttamente dal Pontefice Clemente XIV, professore di Botanica Pratica alla Sapienza di Roma

All’interno del palazzo del Comune di Scilla, nella parete sinistra della stanza d’ingresso, si trova un’opera d’arte marmorea di pregevole fattura con cornice a muratura di color bianco. Questa scultura raffigura la parte di Scilla del rione Chianalea antecedente il 1894, poiché sono visibili tre particolari che ci indicano il periodo storico in maniera inconfutabile. Infatti ci sono bene raffigurati i faraglioni che verranno distrutti nel 1899, i campanili della vecchia chiesa Matrice abbattuti dal sisma del 1894 e le stanze superiori del Castello Ruffo che crolleranno per il terremoto del 1908. In questa meravigliosa opera d’arte sotto la stella a cinque punte che simboleggia i cinque elementi metafisici dell’acqua, dell’aria, del fuoco, della terra e dello spirito, sono impressi con caratteri dorati che ne esaltano la grandezza, gli illustri scillesi fino al XIX secolo. Questi grandi uomini scillesi sono presentati dal mostro di Scilla con sembianze virgiliane e cani ululanti che tiene il sipario aperto, sorretto da un asta per la caccia del pesce spada con rispettiva corda e arpione chiuso. Dei sette illustri nomi scolpiti su pietra, non poteva mancare un rappresentante di una delle famiglie storiche di Scilla, la famiglia Minasi.
Senza dubbio il più grande rappresentante di questi consanguinei fu padre Antonio Minasi che per la fama di competente filosofo naturalista, fu nominato nel 1773, direttamente dal Pontefice Clemente XIV, professore di Botanica Pratica alla Sapienza di Roma e incaricato dallo stesso Papa di percorrere il Regno di Napoli e della Sicilia a spese della Camera Apostolica. Lo scopo del viaggio era di raccogliere fossili, minerali e soprattutto produzioni vulcaniche, per arricchire il nascente Museo Pio Clementino, che è il complesso più grande dei Musei Vaticani. In tale occasione, egli fu accompagnato in questi posti meravigliosi dal celebre pittore olandese Guglielmo Fortuyn per disegnare le più belle vedute del Regno. I due partirono con i migliori auspici e iniziarono a costeggiare il Tirreno dalle spiagge dello Stato Pontificio fino alla Sicilia. Queste opere d’arte furono meritatamente elogiate, specialmente quelle che mostrano l’imboccatura dello Stretto di Messina e Scilla. In una delle incisioni di Scilla, quella disegnata da Sud vi è in primo piano dello stesso Antonio Minasi, con il saio domenicano che dirige delle operazioni di pesca, mentre nell’altra stampa di Scilla, indicò il percorso alle imbarcazioni per evitare i pericolosi faraglioni sotto il Castello. Il naturalista Minasi e il pittore Fortuyn conclusero lo stesso la missione annullata dalla repentina morte del Papa, il 22 settembre 1774, ma, ritornato a Roma, decise di interrompere la collaborazione con la Santa Sede poiché il nuovo Pontefice, non fu collaborativo e neanche interessato al progetto. Padre Antonio Minasi abbandonò Roma e fece ritorno a Napoli, dove difese la causa iniziata nel 1774 da 8 padroni di feluche scillesi che avevano compilato un ricorso al Re Ferdinando IV.
L’istanza fu presentata presso la Regia Camera per la soppressione delle gravose tasse imposte dal loro feudatario Conte Antonio Ruffo. Il padre domenicano denunciò i 68 reati commessi dal Principe di Scilla coinvolgendo per questa causa altri 400 cittadini scillesi, incoraggiati dalla difesa del loro illustre cittadino. Le omissioni, le lungaggini burocratiche, i tradimenti e le vendette non portarono alle giuste rivendicazioni degli scillesi, nell’immediato. Il terremoto del 1783 fu un avvenimento gravissimo che mise in ginocchio l’intera Calabria ed in particolare Scilla, dove più di 1500 persone persero la vita in pochi attimi durante il terribile maremoto che ne scaturì, morì anche il Principe Antonio Ruffo che pagò così la sua tirannia. Lo scienziato fu inviato in Calabria da Ferdinando IV di Borbone per esaminare e studiare i luoghi colpiti dal devastante terremoto, al seguito di un gruppo dei naturalisti ed archeologi più accreditati, tra cui il cugino Rocco Bova. Ritornò a Napoli e relazionò al Sovrano l’intero studio, proponendo anche la totale abolizione del feudalesimo o almeno la diminuzione dei gravami baronali. Le richieste furono in parte accolte in alcune leggi a favore dei cittadini. Gli eventi che seguirono la rivoluzione francese portarono sconvolgimenti nel Regno e dopo una breve visita alla sua città natale ed un caloroso saluto ai familiari, si ritirò a Malta presso il convento del suo stesso ordine di appartenenza, rimanendo per sempre un indimenticabile illustre scillese, paladino dei deboli, geniale poeta e poliedrico scienziato. Un’altra figura abbastanza importante nel settecento fu lo scrittore Girolamo Minasi che pubblicò due opuscoletti, nei quali dava minuziose notizie riguardante il terremoto del 1783. Egli scrisse in modo preciso e dettagliato il numero delle scosse con le date precise, sostenendo che il maremoto formatosi successivamente al terremoto sarebbe l’effetto di una eruzione vulcanica, poiché aveva visto personalmente nella spiaggia di Scilla, alcuni cadaveri che presentavano delle ustioni in volto e nel corpo. Gaetano Minasi fu invece uno dei più importanti politici di tutti i tempi a Scilla. L’interesse verso la gestione pubblica iniziò fin da ragazzo e venne premiata il 13 Luglio del 1843 quando con merito fu nominato per la prima volta, Sindaco del Comune di Scilla con Reggio Decreto con la funzione di Commissario di guerra e di Sindaco Marittimo. In tale epoca dimostrò tutto il suo vivo interessamento alla frazione di Melia. Infatti fece ampliare e riparare i due ricoveri: uno in Contrada San Giovanni e l’altro in Contrada Boccata, che ebbero tanto giovamento a tutti i passanti della strada mulattiera Scilla-Melia. Nel 1845 fece costruire a spese del Comune di Scilla, la chiesa di Melia che in suo onore fu dedicata a San Gaetano.
Cessato il dominio dei Borboni nell’Italia Meridionale, il governo del Re Vittorio Emanuele II non tardò a riconoscere i meriti di Gaetano Minasi, che fu nominato sindaco per il triennio 1864-66 e riconfermato per il successivo triennio 1870-72 e durante la sua amministrazione rese floride le finanze comunali, adottando le maggiori economie e la maggiore oculatezza nello spendere il denaro pubblico. Per oltre un decennio fu un attento difensore dei diritti patrimoniali del Comune, rivendicando sempre le giuste pretese e lottando sempre per migliorare le condizioni del paese, memorabile fu la sua battaglia politica per avere un porto a Scilla. Durante l’epidemia colerica del 1867, Gaetano Minasi si rivelò un baluardo nel risolvere con energia e abnegazione tutti i gravosi problemi e in questa dolorosa circostanza, adottò provvedimenti tali da impedire una maggiore diffusione virale del morbo fra i cittadini. Gaetano Minasi fu un amministratore che dimostrò sempre acume e avvedutezza, riuscì sempre a tenere alto il prestigio delle diverse cariche pubbliche per oltre mezzo secolo. Il più importante storico di Scilla fu senza dubbio alcuno, il Canonico Giovanni Minasi che nel 1889 scrisse “Notizie storiche della città di Scilla”, un capolavoro di raffinata stesura senza tralasciare un doveroso rispetto delle fonti storiche, passi e citazioni bibliografiche. Lo storico si trovò ad indagare intorno ad un paese, Scilla, che per la posizione geografica si trovò sempre al centro dell’attenzione nella millenaria storia. Giovanni Minasi trovò anche lo spazio per testimoniare i sentimenti e le passioni degli suoi concittadini senza mai tralasciare l’obiettività di storico, intervistò direttamente i vecchi saggi del paese che descrissero in modo molto efficace la realtà e le varie vicissitudine umane. Un altro tema caro al Minasi era la “caccia” del pesce spada, infatti nel saggio storico il Minasi riportò le citazioni di Polibio sulla pesca del pesce spada a Scilla e fu particolarmente interessato alle leggi e ai balzelli imposti dai Principi Ruffo che si susseguirono nella storia nei confronti dei pescatori scillesi che praticavano questo speciale tipo di pesca. Egli usò sovente parole cariche di amore e di patos, celebrando la florida storia di questa pesca, esercitata con le medesime tecniche e con gli stessi mezzi usati prima dell’avvento delle imbarcazioni a motore, rappresentando il contesto e l’intreccio della vita degli uomini e del nobile pesce, che è il simbolo di Scilla. Altre figure politiche importanti di questa famiglia furono Raffaele e Rocco.
Raffaele Minasi, il 31 Agosto del 1896 in qualità di Sindaco di Scilla, convocò una sessione straordinaria del Consiglio Comunale e deliberò in modo unanime il “sollecito” al Governo del Re per la costruzione del porto di Scilla. La sollecitazione del Consiglio Comunale ebbe i suoi frutti il 16 Aprile del 1897, quando il Ministero dei Lavori Pubblici Direzione Generale delle Opere Idrauliche bandì l’avviso d’appalto pubblico ad unico incanto per i lavori occorrenti per la costruzione di un molo di ricovero nella rada orientale di Scilla. Infine e in ordine cronologico ricordiamo il politico di Scilla che ebbe più successo, l’avvocato Rocco Minasi, inizialmente esponente calabrese del Partito Socialista Italiano, dove alle elezioni politiche del 1953 venne eletto alla Camera dei Deputati, venendo riconfermato a Montecitorio anche nel 1958 e nel 1963. Nel 1964 fu fra i promotori della scissione di sinistra che diede vita al Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, PSIUP, con il quale venne rieletto alla Camera alle elezioni del 1968 e concluse il proprio mandato parlamentare nel 1972. Fu l’unico Sindaco di Scilla, carica che ricoprì tra il 1964 e il 1970, a essere contemporaneamente onorevole della Repubblica e la sua Amministrazione ha inciso enormemente in una trasformazione moderna del paese.
Enrico Pescatore 
FONTI PRIMARIE: dirette e dal libro “Scilla” di Pietro Macrì edito da La Calabria del 1924, dal libro “Scilla e le sue borgate nel mito, nel folklore, nella storia di Clara De Franco edito Tipografia De Franco del 1961, dal libro “Notizie storiche della città di Scilla” del Canonico Giovanni Minasi edito Edizione Parallelo 38 del 1971 e dal libro “Faraglioni e tempeste” di Enrico Pescatore edito Graphic e business del 2019

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