Il fastidio di pensare – La scienza a portata di mano

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Quando ancora m’era concesso di metter piede in un’aula scolastica, prima che l’attento Ministero sempre vigile sulla salute pubblica s’accorgesse che sono un potenziale appestato, vidi che un collega sermoneggiava davanti a studenti che lo ascoltavano attenti ed estasiati che per lui coloro che non vogliono fare il vaccino sono un po’ come i terrapiattisti: dei nemici ad oltranza della scienza. Questo secolo ha messo a disposizione dell’uomo la grandezza della scienza per rispondere a tutte le nostre più oscure e recondite domande, ma ancora qualcuno continua a ritrarsi di fronte a questa meraviglia. La scienza ha avverato la promessa del Dio della Genesi di dominio sul mondo: l’uomo è arrivato dopo tortuose battaglie di secoli a poter finalmente raccogliere il frutto della grandezza della ragione eppure, vergognosamente, nonostante tutto qualcuno si ostina a volerla combattere. Dall’impercettibile dell’atomo all’infinito dell’universo ogni cosa si piega alle nostre risposte, la scienza ci dice tutto: ma con alcuni è inutile, non c’è niente da fare, c’è gente che non si fida, e con i nemici della scienza non c’è argomento che tenga, sono inconvincibili, bisogna farsene una ragione.

Questi nemici dell’umano progredire non c’è argomento che li convincerà, sono ancorati ai loro convincimenti, ed è infine inutile perderci tempo. Ci abbiamo provato a farli ragionare, ma alla fine il mondo deve andare avanti e non possiamo fermarci ancora ad ascoltarli. Alla fine c’è solo da commiserarli e da sorridere delle loro affermazioni: si vada quindi avanti senza di loro, la scienza ha le sue leggi e non può ancora ascoltare le loro bizzarre obiezioni. E la classe quindi sorrideva rassicurata e commiserevole come chi ha la coscienza di far parte di un gruppo superiore, di chi, loro sì, da brave persone, seguiva le leggi della scienza, non di quei reietti ancorati a certi arcaismi (felici come una volta, nei western, dapprima spaventati, all’apparire poi della cavalleria tutti, anche gli indiani, si sentivano infine rassicurati che la società aveva dei buoni difensori. Un po’ come Sileri e Macron che in sintesi dicono: noi rappresentiamo ciò che è giusto, voi siete l’errore: eliminarvi non possiamo perché in fondo siamo in una società civile, ci sono stati i lager e sarebbe troppo scandaloso: ci limitiamo a mettervi dove non potete far danno con le vostre idee sbagliate).

Ma quali siano le leggi della scienza non si è mai fermato, l’illustre docente, in queste prediche, a dirlo. A spiegare in cosa si ostinavano a sbagliare questi nemici della scienza neanche un accenno, nonostante la lunghezza dei sermoni. Questa legge che segue la scienza per andare avanti, con una parola un po’ ruvida, si chiama “epistemologia”, ed ha occupato nel solo Novecento un dibattito piuttosto intenso. Il fatto è che le possibili spiegazioni di un fenomeno sono infinite. Su quale possa essere la causa di un epidemia, per esempio, si va dalla punizione di Dio perché ci ostiniamo ad essere cattivi, come pensavano nel Medioevo a proposito delle ondate di peste con cui di tanto in tanto si ridimensionavano le crisi demografiche (ma poi magari non si preoccupavano di infettare solo i cattivi: a un certo punto non si può andare tanto per il sottile), alla statuetta che c’è sulla mia scrivania (non ditelo a nessuno, ma è grazie a lei che non mi sono ancora infettato), a un batterio forse, e se avessi spazio ne enuncerei qualche altro migliaio. Il problema della casualità è un po’ più profondo di quanto si creda, e ridurlo a un passatempo di nerd con gli occhiali troppo spessi che hanno problemi con le ragazze è un atteggiamento troppo schizzinoso. Dire: non fatemi perdere tempo, è ovvio che la mia è la risposta giusta, io sono uno studioso, le altre sono affermazioni di imbecilli o deliri di superstiziosi, significa non capire le cose.

Molti studiosi di fisica considerano la filosofia con il disprezzo di chi si muove in un mondo in cui le macchine si muovono davvero, una scienza vuota e, anche se non lo dicono apertamente, un po’ inutile. Kant che perde mesi insonne per risolvere il dubbio di casualità di Hume forse aveva solo bisogno di una ragazza, e magari i passanti di Königsberg non avrebbero più visto in giro questo strano individuo. Il problema è che non si rendono conto che questa è una visione molto miope e che, a prescindere dalla filosofia, anche la scienza, che ne è una conseguenza, si appannerebbe, come sta accadendo. Il fatto è che ognuno si fa delle domande, ed è il modo come impostiamo le risposte che differenzia la scienza vera e propria dalla religione o dalle ragazzate. Cosa differenzia una risposta “scientifica” da una risposta astrusa è una domanda molto seria, e alla fine si è trovata una risposta, epistemologica, appunto. Una risposta scientifica è una risposta che non contiene una “verità”, ma una risposta che possa essere dichiarata falsa. La scienza, sembrerà strano ai cultori della scienza usa e getta, non può contenere verità, e anzi è nata proprio per screditare le verità. Già al suo apparire, nel mondo greco, dove i sacerdoti non avevano potere politico, è una forma di sapere che si batte contro chi la verità la detiene, e da sempre il suo nemico è la politica alleata alla conoscenza: da chi processa Galileo (che si definiva un filosofo), ai biologi antidarwinisti protetti da Stalin, agli scienziati difensori della razza protetti da Mussolini, a chi come Sileri afferma che la politica deve solo mettere in atto quello che dice la “scienza”, e deve insomma solo eseguire le direttive di chi possiede una ipotetica Veritas. Ma quando, appunto, la scienza si trasforma in Veritas smette di essere scienza e si trasforma in qualcosa d’altro, diviene religione, proprio ciò contro cui la scienza, quella vera, è nata. La scienza non conosce certezze, ma solo ipotesi. Ipotesi che non possono mai divenire certezze. E con scandalo scopriremo che magari anche radicate ipotesi come la fisica newtoniana, rimasta in auge per secoli, era “sbagliata”, e che è un’ipotesi anche la fisica quantistica, o la relatività einsteniana. I loro autori lo sapevano, e infatti hanno studiato a lungo la filosofia e non la disprezzavano affatto. E quindi noi che ci ribelliamo non siamo nemici della scienza, ma proprio perché la scienza, quella vera, la rispettiamo ancora ci ribelliamo a una scienza piena di verità trasformata in religione. Forse chi la dovrebbe studiare più a lungo è magari Galimberti che si proclama psicanalista e che va auspicando uno stato totalitario: Karl Popper, il padre dell’epistemologia moderna, ha scritto per difendere la scienza volumi contro il totalitarismo, ma ha dimostrato anche come, dal punto di vista scientifico, la psicanalisi, uno dei grandi fantasmi del Novecento, in realtà non ha nessun valore scientifico, è solo un simpatico gioco, degno poco più delle battute di Woody Allen.

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