Danimarca, la nuova vita senza Green Pass e mascherina: “qui il Governo ci aiuta, ho paura per l’Italia”

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Il viaggio di AGI nella Danimarca che non ne vuole più sapere di restrizioni, Green Pass e mascherine

Sembra la normalità pre-Covid. Niente Green Pass, niente mascherine e, soprattutto, niente paura. C’è spensieratezza, aria di entusiasmo, novità e freschezza. Dove? In Danimarca. Il viaggio di AGI nel paese nordeuropeo è un sogno. La gente non ne vuole più sapere di restrizioni. E’ felice. “La trovo perfetta come decisione, parliamo ormai di una normale influenza. Vanno protette le persone che sono più a rischio ma non tutta la popolazione dev’essere rinchiusa”, le parole di un uomo. “Finalmente possiamo tornare a uscire, a ballare, a bere”, racconta una ragazza di 17 anni nel pieno della voglia di vivere. “C’era mancato poter uscire con gli amici, stare insieme”, le dà sostegno Sophie, sua coetanea e compagna di studi. “Abbiamo organizzato una festa a scuola venerdì, finirà a mezzanotte poi continueremo a festeggiare fuori. Non sappiamo come andrà in futuro ma forse la pandemia la possiamo combattere con i vaccini e non più con le restrizioni. Ovviamente chi vuole mettere la mascherina lo può fare”.

In Danimarca la media di casi attuali è intorno ai 50 mila, con più del 60% di vaccinati con booster. E la mascherina non serve più neanche nei mezzi: “Secondo me prima o poi saremo tutti contagiati dalla Omicron, tanto vale togliere le restrizioni per accelerare il processo di immunizzazione”, sostiene un quarantenne che accompagna il figlio uscito dall’asilo. Nessuno dei due ha il volto coperto. Loro come tanti, all’aperto e al chiuso. “Abbiamo cinquantamila casi al giorno ma nessuno ha la mascherina, nemmeno in autobus serve, in treno. Nei ristoranti non serve più mostrare il coronapass. E’ dello stesso avviso Claudio Dal Moro, cittadino italiano che vive e lavora a Copenaghen da 31 anni. La disamina del ristoratore è reale ed è anche un po’ triste, soprattutto quando paragonata a quella italiana: “C’è stato un calo enorme di attività per il ristorante – ha detto – ma a differenza dell’Italia qui abbiamo degli aiuti per il personale, per gli affitti. Anche durante il lockdown più duro tutti i dipendenti hanno avuto il loro stipendio”. E poi svela: “Io sono veneto, e l’ultima volta che sono stato a Venezia, a settembre, ho provato tanta tristezza per tutte le chiusure che ho visto. Temo seriamente che la nostra economia non possa più riprendersi“.

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