Reggio Calabria, adesso i commercianti protestano contro le restrizioni. Ma ormai è troppo tardi: così il Green Pass ha ucciso economia e società

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Reggio Calabria, viaggio nella città (di nuovo) in lockdown: dopodomani la protesta dei commercianti, ma è troppo timida e ultra tardiva. Bisognava opporsi al Green Pass lo scorso anno, ormai il danno è compiuto

Strade vuote, locali chiusi, negozi desolati. Una nota attività della ristorazione di piazza Duomo è deserta mentre a pochi metri di distanza, in farmacia, i cittadini che solitamente andavano a mangiare una piadina, fare un aperitivo o bere un cocktail, adesso sono in fila per un tampone. A poche centinaia di metri di distanza, a piazza Italia, le volanti delle forze dell’ordine presidiano la zona con i bar che neanche più espongono sedie e tavolini, ammassati uno sull’altro a bordo strada in attesa di tempi migliori. A Reggio Calabria, come in tutte le altre città d’Italia, continua il lockdown “di fatto”, cioè non dichiarato ufficialmente ma comunque indirettamente provocato dalle restrizioni imposte dal Governo. Un lockdown iniziato a cavallo delle festività natalizie quando l’esecutivo guidato da Mario Draghi ha introdotto le più stringenti norme legate all’obbligo del “Super Green Pass” e le mascherine, affiancato ad una continua e martellante propaganda terroristica sul dilagare di un virus raccontato come fosse il vaiolo o la peste nera, proprio mentre invece al contrario con l’arrivo di Omicron il SARS-CoV-2 è diventato sempre meno grave. Adesso, dal 1° febbraio, la situazione è ulteriormente peggiorata per l’introduzione di altre restrizioni: l’obbligo del Green Pass persino per negozi e uffici, con la contestuale riduzione della durata del “passaporto verde” da 9 a 6 mesi per chi ha la seconda dose del vaccino. Una scelta particolarmente controversa, adottata mentre la situazione epidemiologica sta visibilmente migliorando e mentre tutti gli altri Paesi d’Europa e del mondo allentano le restrizioni abbandonando l’uso del Green Pass laddove era stato introdotto, rinunciando finalmente anche a distanziamento e mascherine.

Nell’Italia che invece ha scelto la via della massima cautela, la situazione sanitaria non ne ha avuto alcun beneficio: continuiamo ad essere il Paese con il più alto tasso di mortalità rispetto a tutti gli altri nonostante il numero elevatissimo di vaccinati. E inoltre questa situazione continua a determinare un vero e proprio dramma economico, sociale e psicologico: aumentano quotidianamente gli episodi di insofferenza e disperazione, basti pensare che nell’ultima settimana tre persone si sono date fuoco tentando il suicidio in modo eclatante a Rende, Udine e Messina, mentre tutte le Regioni registrano un boom di fallimenti e partite IVA chiuse. Nelle strade di tutte le città si moltiplicano le saracinesche abbassate, i “Vendesi” e “Affittasi” nelle vetrine di negozi fino a poco tempo fa fiorenti luoghi di aggregazione. Un disastro quotidiano che nessuno ha illustrato a qualche miope ministro abituato a vivere chiuso nelle stanze del potere, al punto da blaterare pubblicamente di “boom economico” sventolando la bandiera del “6% di aumento del PIL”, senza però considerare che si tratta solo di un piccolo rimbalzo dopo il crollo del 9% dell’anno precedente, per giunta gonfiato dall’inflazione e dalla bolla speculativa legata ai bonus edilizi.

Foto di Salvatore Dato / StrettoWeb

Ancora peggiori saranno i numeri del primo trimestre 2022, con questo lockdown di fatto che ha svuotato le città e umiliato le attività economiche e commerciali. A Reggio Calabria i commercianti hanno organizzato una protesta per giovedì 10 febbraio, quando alle ore 19:00 spegneranno le luci delle loro attività per dieci minuti con l’obiettivo di “lanciare un forte, chiaro, pacifico e simbolico messaggio alle Istituzioni dalle quali ci sentiamo abbandonati, lasciati soli in balia di una crisi economica devastante. Non possiamo continuare ad assistere passivi a una politica che ha scaricato la gran parte del peso economico di una crisi senza precedenti, conseguenza diretta di un’emergenza sanitaria ancora lungi dall’essere superata, sulle spalle delle imprese, delle partite iva e dei lavoratori autonomi. Uniti facciamo sentire la nostra voce”. Ma protestare adesso, ormai, è troppo tardi. Gli stessi commercianti reggini, infatti, la scorsa estate hanno accettato il sistema del Green Pass senza battere ciglio, anzi, quasi compiacenti. Convinti che fosse la soluzione giusta. E quando in molti prevedevano che quei cartelli “Qui si entra solo muniti di certificato verde”, si sarebbero presto sostituiti da “Chiuso per fallimento”, loro ridacchiavano sotto i baffi come se parlassero con fanatici complottisti anti-sistema. E invece quelle funeste ma corrette previsioni si sono realizzate.

reggio calabria locali 8 febbraio 2022

E’ vero che le cause della crisi sono molteplici e varie, ma è anche vero che il Green Pass poi diventato “Super” ed esteso a tutte le attività ha dato la mazzata finale, compromettendo definitivamente il lavoro a moltissime attività aperte al pubblico. Perché a subire il ricatto del Green Pass non sono certo quei cittadini che hanno scelto di non piegarsi controvoglia alla vaccinazione, in quanto già pronti ad usufruire dei servizi alternativi come le serate in casa con il cibo da asporto o gli acquisti online anziché nei negozi in cui si chiede l’esibizione del “lasciapassare”. Così alla fine è stato un ennesimo colpo alle attività commerciali già provate da un anno di lockdown e un altro di zone rosse e coprifuoco. Il “Green Pass” è stata la terza batosta, e non è affatto vero che non rappresenta un problema per i cittadini “al 90% vaccinati”. E’, anche qui, una falsa narrazione.

Innanzitutto ci sono moltissimi cittadini che hanno scelto liberamente di vaccinarsi per tutelare la loro salute, ma che trovano assurdo dover mostrare un certificato sanitario per poter svolgere determinate attività, a cui quindi rinunciano per principio. Tutti abbiamo la patente, ma pur essendo perfettamente in regola, nessuno fa salti di gioia quando una paletta delle forze dell’ordine ci intima l’ALT per i controlli di routine. Non c’è nulla di male, è tutto ok e gli agenti fanno il loro sacrosanto lavoro a tutela della pubblica sicurezza. Ma comunque la viviamo come una scocciatura a cui preferiremmo sottrarci. E stiamo parlando di una scocciatura che statisticamente ci può capitare una volta l’anno, forse anche più di rado, e che ha un indiscutibile valore di protezione pubblica. A differenza del Green Pass che ha già dimostrato di non avere alcuna utilità sanitaria e, invece, devi esibirlo ogni giorno, ormai per qualsiasi cosa, devi tenerlo sempre a portata di mano sul telefonino, e guai se si scarica la batteria o se lo dimentichi a casa, in auto o in ufficio. Non bisogna soltanto esibirlo all’ingresso, ma c’è anche l’ulteriore rischio che arrivino gli agenti a controllarlo nuovamente insieme ai documenti di identità mentre mangi una pizza o provi un abito nel camerino. A quale mente malata può fare piacere una roba del genere? Ecco perché anche in quel fantomatico 90% di vaccinati c’è una buona parte di cittadini che comprensibilmente aborre questo strumento al punto da preferire di rinunciare a svolgere determinate attività.

Ma oltre a questo aspetto comunque da non sottovalutare, ci sono i dati che smentiscono palesemente come il 90% degli italiani sia in possesso del Green Pass. Perché è vero che la stragrande maggioranza dei cittadini ha ricevuto almeno la prima dose del vaccino (oltre 49 milioni, pari al 91,2% degli over 12), ma è anche vero che il Green Pass viene concesso soltanto dopo la seconda dose (quello provvisorio rilasciato per la prima, scade dopo 20 giorni e non viene rinnovato se manca il richiamo). E la percentuale degli italiani che hanno ricevuto la seconda dose in Italia è ferma all’88,4%: ci sono un milione e 500 mila italiani che dopo aver fatto la prima dose, non hanno fatto la seconda. Ma fosse ancora questa la percentuale dei possessori di Green Pass, l’88% abbondante, sarebbe fantastico. E invece no: in Calabria i tassi di vaccinazione sono ancora un po’ più bassi rispetto alla media nazionale. Ad aver ricevuto almeno la prima dose sono l’89,1% dei calabresi con più di 12 anni, una percentuale che scende all’85,4% se consideriamo soltanto le seconde dosi, e quindi coloro che hanno il Green Pass. Significa, quindi, che il 15% dei calabresi non ha il Green Pass. E non è una percentuale di poco conto: quante attività imprenditoriali, quanti bar, quante pizzerie, quanti ristoranti, quanti negozi di abbigliamento andrebbero sul lastrico fino ad un inevitabile fallimento se perdessero il 15% di fatturato annuo? Basterebbe questo per determinare la crisi, eppure i dati dimostrano che la percentuale di cittadini esclusi dal mercato a causa del Green Pass è ancora più alta.

Foto di Salvatore Dato / StrettoWeb

Infatti dal 1° Febbraio la durata del Green Pass è stata ridotta ad appena sei mesi dalla seconda dose. Ad avere il “Super Green Pass” sono oggi quindi ormai soltanto quei pochi vaccinati in autunno, o coloro che hanno fatto la terza dose. E in Calabria hanno ricevuto la terza dose appena il 60,5% dei cittadini con più di 12 anni. Significa che il 40% non ha la terza dose, e quindi che quella percentuale di sprovvisti di Green Pass è quindi enormemente più alta del 15%. Ma non è ancora finita qui: analizzando i dati delle vaccinazioni (vedi nel dettaglio in coda all’articolo), osserviamo chiaramente come le fasce d’età più vaccinate sono quelle più anziane. Queste percentuali fin qui fornite sono assolute, riferite cioè a tutta la popolazione soggetta all’obbligo del Green Pass e quindi di tutti gli over 12 anni. Ma la situazione è molto diversa se escludiamo le fasce di popolazione più anziane, quelle che paradossalmente hanno di più il Green Pass ma non sono certo i principali protagonisti della movida o dell’andamento economico di una comunità. Escludendo quindi gli over 60, e focalizzandoci nella popolazione più attiva, vediamo come in Calabria tra 12 e 60 anni la percentuale di vaccinati con due dosi scende all’82,8% e quella di vaccinati con tre dosi al 52,4%. Abbassando ulteriormente l’età, e andando su un target giovanile compreso tra 12 e 50 anni, le percentuali si abbassano ulteriormente all’81,3% per la seconda dose e al 47,5% per la terza dose.

Foto di Salvatore Dato / StrettoWeb

Oggi, quindi, tra Green Pass e Super Green Pass, in Calabria abbiamo una buona fetta di popolazione, inferiore ma non di molto alla metà dei residenti, che è esclusa dalla vita sociale e dall’accesso alle attività commerciali. A questa perdita, sulle varie attività pesa il totale azzeramento del turismo sempre determinato dall’obbligo del “lasciapassare”: non sono più soltanto gli stranieri a scegliere altre destinazioni rispetto all’Italia, ma sono persino gli italiani che preferiscono andare all’estero, dove il Green Pass non esiste, anche a trascorrere un weekend in libertà come nel proprio Paese non possono fare da ormai molti mesi. Basta salire su un volo internazionale per Londra, Barcellona, Copenaghen o Budapest, e pagando meno di quanto costa un traghettamento dello Stretto di Messina, i nostri concittadini sprovvisti di “Super Pass” vanno a far girare l’economia di quei Paesi che hanno deciso di mettersi alle spalle l’emergenza sanitaria. E così le nostre città sono sempre più vuote, tristi, desolate.

Foto di Salvatore Dato / StrettoWeb

C’è, ovviamente, chi rimane. Ma un po’ per abitudine dopo due anni di lockdown, zone rosse e coprifuochi, un po’ per spirito di gruppo, preferisce stare in casa. In ogni famiglia, in ogni comitiva, in ogni gruppo di amici o di colleghi, c’è qualcuno senza “Super Green Pass”. Qualcuno che ovviamente non viene emarginato dai propri cari: vengono emarginati ancora una volta i locali che chiedono il “lasciapassare”, mentre la gente si organizza ordinando le pizze a domicilio perché l’importante è stare tutti insieme e divertirsi in gruppo. E’ la quotidianità di ognuno di noi, soltanto chi guarda il mondo intorno a sé con le fette di prosciutto sugli occhi può avallare una narrazione completamente virtuale e falsa secondo cui il Green Pass non sarebbe un problema per la normalità della vita sociale.

A questo scempio, bisogna aggiungere l’elemento psicologico. Anche in questo caso non di poco conto: dopo due anni c’è molta gente che ha ancora paura del Covid-19 come se fosse la malattia del secolo, peggio del diabete e dei tumori, più fulminante di un infarto o debilitante come un ictus. E c’è gente che ha paura di andare al bar, di andare in pizzeria, di andare al ristorante, tutte attività criminalizzate come pericolosi “luoghi del contagio“. Questa categoria di persone, da noi più volte definiti ‘mpanicati, ovviamente è in possesso del Super Mega Pass, aggiornatissimo all’ultima dose (c’è persino chi farebbe carte false per averne una quarta in più, non si sa mai…). Persone, quindi, che potrebbero andare nei posti ma non ci vanno per paura, mentre chi paura non ne ha, si vede l’accesso negato. Geniale!

Ma che la paura dilaghi, oltre la fragilità di qualcuno, non è certo colpa dei cittadini: questo scenario è dovuto a due anni di narrazione del terrore, a cui è seguita di recente la disillusione del vaccino e dello stesso Green Pass, venduti e raccontati come la “soluzione finale e assoluta” nei confronti della pandemia, al punto che ci davano “la garanzia di ritrovarci tra persone non contagiate e non contagiose” (cit. Mario Draghi), certezze poi svanite a dicembre come neve al sole.

Foto di Salvatore Dato / StrettoWeb

E’ chiaro che oggi l’unica strada per restituire un briciolo di futuro al Paese, alle attività commerciali e ai cittadini è la totale abolizione di tutte le restrizioni, sulla falsariga di ciò che stanno facendo tutti gli altri Paesi del mondo: niente più mascherine obbligatorie, né all’aperto né al chiuso. Che poi non significa divieto di utilizzarle: chi vorrà tenerla, potrà ovviamente continuare a farlo. Niente più Green Pass, almeno per le attività quotidiane. Che poi possa rimanere (purché sia quello base, che si può ottenere con un semplice tampone, senza discriminare alcuno) per le discoteche, i concerti o i grandi eventi al chiuso dove ci sono pesanti assembramenti, ci può anche stare e sarebbe comprensibile. Anche qui, non significa che chi vorrà vaccinarsi non possa liberamente farlo: è sempre stato così per l’anti-influenzale, perché dovrebbe essere diverso per il Covid?

Dopotutto oggi abbiamo le organizzazioni del commercio reggino che nel loro proclama di protesta parlano ancora testualmente di “emergenza sanitaria ancora lungi dall’essere superata”, nonostante i pazienti Covid riempiono gli ospedali per il 10-15% dei posti letto disponibili e oggi la situazione epidemiologica è ormai assolutamente normalizzata, grazie a molteplici fattori, tra cui certamente anche le vaccinazioni, ma anche le cure, le terapie sempre più numerose e rodate, oltre al naturale andamento del virus che con Omicron si è “raffreddorizzato” al punto che il tasso di letalità nell’ultimo mese è crollato allo 0,6% anche per i non vaccinati.

Foto di Salvatore Dato / StrettoWeb

Che senso ha continuare così? Che in Italia chi ci governa non abbia la reale contezza della situazione del Paese è ormai acclarato. Ma c’è poco da protestare, oggi, proprio da parte di chi doveva fare le barricate contro questa aberrazione del Green Pass e invece non si è mai opposto e ancora oggi continua a chiedere l’elemosina anziché pretendere di poter semplicemente lavorare liberamente. Senza restrizioni. Senza limitazioni delle libertà. Senza passaporti e certificati. Una vera “normalità”, e una vera ripresa economica, non potranno esserci se non verranno abolite tutte le cervellotiche regole partorite in questi due anni di deliri amministrativi.

Il virus c’è ancora, l’emergenza non più. O meglio, da sanitaria è diventata economica e sociale. E senza interventi immediati e importanti che vadano innanzitutto ad abolire ogni restrizione restituendo serenità e libertà ai cittadini, e poi a sostenere cittadini e imprese economicamente in ginocchio, l’ondata di fallimenti, povertà e disperazione sarà ben peggiore delle precedenti varianti Covid.

Nota metodologica: tutti i dati sulle vaccinazioni in Calabria sono stati forniti dal dott. Luca Fusaro, sono aggiornati alle 12:08 di martedì 8 febbraio in base ai dati ufficiali forniti dal Ministero della Salute sulle vaccinazioni a fronte della popolazione residente in Calabria con più di 12 anni che (dato Istat) al 1° gennaio 2021 era pari a 1.668.940.

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